Dal 13 dicembre 2025 è in programma, alla Galleria dello Scudo a Verona, la mostra dedicata a una selezione di opere di Carla Accardi eseguite tra il 1964 e il 1965. I dipinti, ora riuniti per la prima volta a documentare un nucleo ben definito, sono caratterizzati dall’uso di pigmenti oro e argento, una scelta con cui l’artista declina in termini del tutto inediti una personale riflessione sul rapporto fra segno, luce e spazio pittorico.
La rassegna, in collaborazione con l’Archivio Accardi Sanfilippo, riunisce tele di grandi dimensioni provenienti dalla collezione dell’artista, alcune già esposte in Italia e all’estero negli anni ’60, che testimoniano di una fase creativa tra le più intense del suo percorso. Del 1964, infatti, è l’invito alla XXXII Biennale di Venezia con una sala personale. Nel testo in catalogo, Carla Lonzi sottolinea come Accardi sia passata “attraverso l’informale senza possibilità di identificarvisi, ma avvertendone la presenza come dato ovvio e preesistente”.
L’artista sceglie per la prima volta di ricorrere a questi pigmenti per spostare con decisione la sua pittura verso una nuova dimensione di luminosità, che coinvolge lo spazio oltre i confini della tela, in un dialogo che, negli stessi anni, la porta a concepire le prime radicali sperimentazioni ambientali con il sicofoil.
La serie di quadri del 1964-1965 ora riuniti a Verona rappresenta una delle tappe più enigmatiche e sofisticate di una particolare sperimentazione: l’oro e l’argento diventano veicoli di luce, materiali che dialogano con lo spazio circostante; l’immagine non è confinata all’interno del telaio ma agisce per inversione, apertura, riverbero. I dipinti di questo periodo riconfermano la tensione dell'artista verso una nuova “densità luminosa”: il segno si fa essenziale, ridotto ma, al tempo stesso, potente nella sua capacità di modulare la percezione in rapporto all’osservatore e alle condizioni di visione.
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