Presentazione catalogo sabato 25 ottobre ore 11
A cura di
Palazzo Oldofredi Tadini Botti Torre Pallavicina (BG) |
![]() |
Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène. Palazzo Oldofredi Tadini Botti, Torre Pallavicina. Foto Michele Alberto Sereni |
È prorogata fino a domenica 16 novembre la mostra inaugurata a settembre a Palazzo Oldofredi Tadini Botti di Torre Pallavicina (BG), dal titolo Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène, a cura di Alberto Fiz. Sabato 25 ottobre alle ore 11 nella sede della mostra sarà inoltre presentato il catalogo con un saggio critico del curatore Alberto Fiz, un testo di Francesco Sutton e le immagini di tutte le opere esposte realizzate da Michele Alberto Sereni.
Il progetto coinvolge tredici artisti: Stuart Arends, Gabriele Basilico, Eelco Brand, Luigi Carboni, Vincenzo Castella, Arthur Duff, Anna Galtarossa, Herbert Hamak, Jacob Hashimoto, Emil Lukas, Julia Mangold, Hiroyuki Masuyama, Franco Passalacqua ed è strutturato come un omaggio alla memoria di Hélène de Franchis, gallerista di Studio La Città, Verona, scomparsa lo scorso luglio. L’allestimento si configura un percorso tra le sale dello storico palazzo, le rinnovate cantine, gli spazi esterni e ha come riferimento il titolo della mostra organizzata da Hélène nel 2001, accomunando artisti che insieme non avevano mai esposto (a cui si aggiungono i due lavori inediti di Anna Galtarossa e di Arthur Duff), dando vita a una dialettica imprevedibile dove le affinità elettive non impediscono il confronto tra stili e linguaggi differenti.
Nel primo grande ambiente di Palazzo Oldofredi l’ambigua astrazione di Stuart Arends, con la trama che appare sempre sul punto di disfarsi, sviluppa un dialogo inedito con le imponenti costruzioni monocromatiche in metallo di Julia Mangold, dove lo spettatore è invitato a fare esperienza di luoghi improvvisamente alterati dai suoi interventi. In un angolo della sala, lo spettatore può scoprire due piccole opere su supporto in legno, una con elementi rossi e l’altra grigia. Sono state realizzate a quattro mani da Arends e da Hélène (proprio lei compare nel titolo) che ha lasciato in superficie le proprie impronte in un gioco ironico di condivisione e di responsabilità dove a cadere nella rete è la pittura stessa. Ma illusioni e allusioni tracciano l’intero percorso della mostra: se Gabriele Basilico ci pone di fronte all’architettura dello spazio, Emil Lukas, al contrario, lo simula inventando stratificazioni di elementi casuali, rifiuti compresi, che vanno incontro a un reale solamente immaginato. Straniante è l’intervento di Vincenzo Castella che sovrappone, come fossero layers, le grandi fotografie del Martirio e trasporto del corpo decapitato di San Cristoforo di Andrea Mantegna nella sala centrale del Palazzo affrescata con soggetti ispirati alla Favola di Amore e Psiche di Apuleio. In tutto ciò s’inserisce la pittura lenticolare di Luigi Carboni, che crea un ulteriore effetto illusionistico con il dittico Lezione bianca, dove la monocromia viene annullata da delicati segni naturalistici. Interferenze e intrusioni si trovano anche nel cortile esterno con Franco Passalacqua, che ha collocato i suoi Totem stretti e lunghi contrappuntati da una traccia modulare che tende verso l’astrazione, davanti agli affreschi fragili ed evanescenti ispirati a Castel Sant’Angelo. La rassegna si sviluppa anche nelle suggestive cantine in mattoni con volta a botte del Palazzo. Tre spazi ambientali che assumono ciascuno una propria identità: Anna Galtarossa dispone al centro della sala Dungeon Lullaby, un’installazione inedita assai problematica dove l’evocazione dolce della ninna-nanna si associa al tema del carcere. Inedito anche l’intervento di Arthur Duff che mette in scena ulteriori inquietudini proponendo per quest’occasione PREDA, un’opera che si compone di quattro proiettori laser destinati a interagire con l’ambiente facendo ruotare le lettere (in questo caso vengono utilizzate le quattro lettere della traduzione inglese prey che hanno lo stesso suono di pray, ovvero “pregare”) intorno a un asse immaginario, ciascuna con una propria orbita. La trilogia viene completata da Hiroyuki Masuyama con una serie di light box dedicati a William Turner in una destrutturazione dei suoi dipinti osservati e rielaborati attraverso il medium fotografico. L’ambiguo rapporto con l’immagine è rintracciabile anche nelle opere di Eelco Brand collocate nello spazio in prossimità delle cantine. Sono animazioni 3D dove il paesaggio ricreato e ibridato non è altro che una proiezione dei nostri stati d’animo. Ma a Torre Pallavicina si può prendere parte a una mostra diffusa che coinvolge anche la sconsacrata chiesetta settecentesca di San Rocco dove compare Ivy, una poetica installazione di Jacob Hashimoto, perfettamente integrata nell’ambiente, con aquiloni di bambù e carta che richiamano l’edera evocata dal titolo. Accanto all’opera, viene collocata una bicicletta disegnata da Hashimoto del celebre artigiano veronese Dario Pegoretti, disposta “immobile” su un piedistallo, come se fosse privata del movimento, creando un evidente contrasto con le forme sospese della natura. Sulla facciata esterna della chiesetta interviene Herbert Hamak con i suoi classici elementi modulari in resina da cui filtra il blu. Lo fa in continuità con le sue grandi installazioni sui monumenti (famosa è quella sulla Cattedrale di Atri) o edifici pubblici che in tal modo sviluppano una nuova dimensione percettiva. Sono opere che cambiano intensità e profondità in base alla luce e al punto di vista di chi guarda, così come avviene per le due colonne a terra collocate nel parco adiacente al Palazzo. Purezza, concentrazione, luce e materia caratterizzano l’indagine dell’artista tedesco che va incontro al respiro nascosto delle cose. Il respiro nascosto delle cose. Omaggio a Hélène non è solo un omaggio, ma un’occasione per riflettere sul lascito di una protagonista che ha saputo dare voce a un’arte libera, intima e lontana dalle convenzioni.
|
Nessun commento:
Posta un commento