«La cucina è disciplina: rispecchia l’identità radicale di un territorio». David Marchiori è il poliedrico e vulcanico chef imprenditore, patron dell’Osteria Plip, l’ex Centrale del Latte di Venezia-Mestre (ovvero Produzione di Latte Igienicamente Preparato, altrimenti detta PLIP) considerata
uno dei casi gastronomici di maggior successo dell’area veneziana.
Eppure lui fino all’età di 40 anni aveva fatto tutt’altro, anche se la
cucina è sempre stata «una dedizione quasi morbosa», ma mai una vera e propria professione.
La sua storia professionale inizia con i progetti di economia solidale locale e su vari fronti del terzo settore. Marchiori
diventa networker a livello europeo per Urgenci e Ripess, relatore in
numerose conferenze internazionali su temi come filiera corta
partecipata, sovranità alimentare e sostenibilità ambientale. Incrocia
l’attività di formazione per le Acli a consulenze sulle politiche
giovanili. Era destinato ad essere assunto al Ministero per le Pari
opportunità, nella squadra di Josefa Idem, come consulente esperto al
Servizio Civile Nazionale; ma arrivarono le dimissioni della Idem e Chef
Marchiori a 40 anni si ritrova senza lavoro. Fu allora che decise di
rivoluzionare la sua vita e con essa le sorti dell’Osteria sorta
all’interno della ex centrale del latte di Mestre.
Nel
2013 era il presidente della cooperativa Sesterzo, che gestiva il
ristorante le cui sorti erano incerte. Chiese ai suoi soci di dargli
carta bianca: «L’alternativa era chiudere definitivamente». Nel 2018 l’attività
fu rivoluzionata seguendo il progetto ispirato alla Città dell’Altra
economia di Roma, dedito alla promozione della cultura e dell’altra
economia. Chiusa per tre mesi, l’Osteria venne ristrutturata attraverso un progetto architettonico condiviso tra Marchiori e l’architetto Filippo Novello, da sempre appassionato al tema di riuso degli spazi industriali. «Viste le caratteristiche e la storia dell'edificio - spiega l’architetto -, il
progetto che David Marchiori aveva in mente sembrava sartorialmente
pensato per lo spazio a disposizione: restituire all'edificio la sua
vocazione di ambasciatore del territorio e dei suoi prodotti, uno spazio
poliedrico votato alla cultura del cibo». L'ex Centrale del Latte di Mestre è un edificio industriale degli anni Trenta, con delle caratteristiche tipologiche oggi
quasi uniche per un immobile inserito nel tessuto urbano: quasi 2000
metri quadri divisi in tre ambienti, uno stretto corpo centrale su due
livelli affiancato da due grandi volumi a doppia altezza. Di questi, il
più grande è alto oltre sette metri ed è caratterizzato da grandi travi
reticolari, che coprono un unico ambiente lungo trenta metri e largo
venti completamente privo di appoggi a terra, le dimensioni di un
piccolo hangar in centro città. Il coraggio di cambiar vita e la
capacità imprenditoriale hanno risollevato le sorti della Plip che, in
alcuni anni, è passata da 2 a 21 dipendenti, portando alla crescita del
fatturato fino a venti volte quello dei tre anni precedenti.
A
livello progettuale il risultato comprende un mercato coperto, un
ristorante e un auditorium che prossimamente verrà ampliato con una
pizzeria, un food-lab e una gelateria. Questi spazi hanno una
caratteristica comune: l'interscambiabilità dei ruoli, occasionalmente e
in funzione degli eventi proposti, il mercato può diventare ristorante,
l'auditorium può ospitare aree promozionali e di vendita, e così via…
L’Osteria Plip conta 21 dipendenti ed è impegnata nell’inserimento
lavorativo di soggetti svantaggiati. In sala quasi tutti hanno meno di
27 anni. Il personale di sala è stato scelto personalmente da Chef
Marchiori per bravura e motivazione, spiega lui stesso, ma anche per
un’affinità di visione del cibo e della cucina.
I piatti sono piatti del territorio «così come piacciono a me, li proponiamo a chi ci sceglie. Nessuna forzatura nessun volo pindalico. La
cucina è semplicità, freschezza della materia prima che arriva ogni
giorno dalle aziende agricole e dai contadini locali, lavorazione e
rispetto». L'osteria PLIP ha una proposta piuttosto variopinta ma cerca di muoversi su binari piuttosto rigidi quali l'artigianalità, tutto è preparato in cucina, anche il ketchup per i burger; la sostenibilità: si prediligono ove possibile le produzioni locali ed ecosostenibili; la stagionalità:
gli ortaggi provengono al 95 per cento direttamente dai campi di
aziende biologiche locali, e sono rigorosamente di stagione, e il
pescato quasi tutto dall'area mediterranea. All'intero di questi paletti
la brigata guidata da Marchiori passa dalla tradizione all'innovazione, passando per gli snack senza lesinare qualche azzardo fuori dai canoni della tradizionale concezione di osteria. «Lo scopo - continua lo Chef -, oltre
quello di nutrire degnamente i nostri avventori, è di incuriosire e
gratificare senza scadere troppo nell'esercizio di stile».
Chef
Marchiori esce dagli schemi tradizionali degli chef cercando di
smontare le sovrastrutture che spesso si costruiscono intorno al ruolo
apicale in cucina, riportando il tutto ad una dimensione sicuramente
credibile a livello di professionalità e rapporto con le materie prime.
Una radicalità nella scelta maniacale dei prodotti che lo porta a scegliere e scovare gli ingredienti che inserisce al Me.Me. Agrimercato,
utilizzati poi nella preparazione dei piatti proposti. Il menu varia
continuamente anche in seguito alle numerose conferenze e consulenze che
lo Chef segue a livello nazionale. Il menu è ampio, ma ben ragionato.
Tutti i piatti sono frutto della sperimentazione del vulcanico chef.
Qualche esempio: involtini primavera di bacalao con guacamole:
croccantezza, delicatezza e sapore. Una golosissima interpretazione di
un classico arabo: falafel di zucca con maionese speziata di soia,
piatto inaspettatamente goloso. Tra gli
antipasti incuriosiscono la battuta di manzo con zabaione di parmigiano
e chips di prosciutto crudo, equilibrata e gustosa; la ricciola con
salicornia. Infine l’offerta degli “Artisan Burger”, ovvero i burger
dell’Osteria Plip la cui materia prima viene preparata nelle cucine
dell’Osteria: dal pane alle salse. La
carta dei vini conta 170 etichette. Spumanti, bianchi e rossi prodotti
senza solfiti aggiunti o chiarificanti, che non provengono dalla coltura
intensiva e rispettano i tempi della natura, tra etichette macedoni e
prodotti con sole 300 bottiglie di tiratura. Ricca la proposta delle
birre artigianali.
Il motto di Chef Marchiori è: “It's only food and drink, but i like it”. Marchiori la dimensione ludica cerca di applicarla in tutte le sue sfaccettature professionali. «La figura dello Chef - spiega - deve
essere credibile in tutte le dimensioni professionali dello stare in
una brigata di cucina. La caricatura pubblica dello chef autoritario
deve essere sostituita da quello autorevole e credibile sia per i
clienti, sia per i propri collaboratori. La mia naturale allergia a
indossare una divisa mi porta a lavorare senza il cappello. Allo stesso
modo, vieto ai miei collaboratori di darmi del lei. La credibilità si
misura sulle priorità attribuite nella scelta delle materie prime e nel
rispetto dei proprio collaboratori e da chi sceglie di mangiare da noi.
Sono i clienti i veri protagonisti e custodi del destino di un qualsiasi
chef».
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