La
ricerca traccia il quadro di un luogo lavorativo inteso sempre più come
“paesaggio” e il profilo di uno smart worker abituato a spostarsi,
creativo e che produce valore attraverso la conoscenza e lo scambio
Milano, 22 giugno 2019 – Negli
anni ‘70 l’urbanista Melvin Webber prevedeva che le nuove tecnologie,
per la prima volta nella storia, ci avrebbero permesso di lavorare e
studiare ovunque, anche “dalla cima di una montagna”. La Storia, come
spesso accade, ha preso un corso diverso perché se è vero che oggi possiamo lavorare da (quasi) ogni punto del pianeta, la maggior parte di noi, si reca ancora in ufficio ogni giorno. Ecco perché Copernico, la rete di luoghi di lavoro, uffici flessibili e servizi di Smart Working, BNL Gruppo BNP Paribas,
tra le prime banche ad adottare il nuovo stile di lavoro nella propria
Direzione Generale di Roma e nella sede di BNP Paribas e delle Società
del Gruppo in Italia, a Milano, nonché in oltre 100 agenzie nei nuovi
format digitali, e Arper, azienda italiana di design per il soft
contract, che arreda spazi di lavoro flessibili e confortevoli,
disegnati per le persone, hanno deciso di promuovere una ricerca firmata da Carlo Ratti Associati - “Copernico. Il nuovo paesaggio del lavoro” -, con la quale il noto studio di architettura indaga
la nascita e lo sviluppo di un nuovo modo di concepire e fare
esperienza dell’attività lavorativa, determinato da nuovi modelli di
interazione tra uomo, spazio e tecnologia.
La ricerca è presentata da Andrea Cassi, Partner dello studio Carlo Ratti e Associati, Francesco Morace, fondatore di Future Concept Lab e Pietro Novelli, Director Italy, Oliver James Associates durante un talk tenutosi in ClubHouse Brera moderato da Silvia Botti, Direttore di Abitare e aperto da Pietro Martani, CEO di Copernico, Massimo Marenghi, Vice Responsabile Regione Lombardia divisione Commercial and Private Banking di BNL, Claudio Feltrin, Presidente di Arper. Il dibattito è l’occasione per analizzare e spiegare la nascita e l’evoluzione dello Smart Working
a partire dall’evoluzione del concetto di luogo lavorativo, non più
inteso come “spazio”, bensì come “paesaggio del lavoro”. Al centro del
discorso troviamo un sistema complesso di attori, relazioni e spazi:
se è vero che le tecnologie digitali non hanno reso obsoleto l’ambiente
fisico, hanno però cambiato il nostro modo di lavorare, rendendolo
più flessibile e aumentando l’importanza delle interazioni tra persone
nello spazio reale.
Lo Smart Worker: un pastore nomade contemporaneo
Dalla ricerca si evince che negli ultimi 20 anni, nel mondo del lavoro, si è messa in crisi la condizione di stanzialità, in favore di una condizione di mobilità continua, specialmente per le fasce di popolazione ad alta scolarizzazione e/o alta specializzazione. Si tratta di una forma di nomadismo funzionale:
ovvero la necessità di muoversi all’interno di un territorio alla
continua ricerca di occasioni per essere produttivi, tenendo presente
che questo ambiente nel quale ci si muove verrà modificato dalle nostre
azioni anche in maniera non prevista. Per descrivere questa condizione,
nello studio si fa una interessante analogia, paragonando il lavoratore moderno ad un pastore
che si muove con il proprio gregge intercettando le traiettorie di
altri pastori, modificando i territori attraversati, consumando alcune
risorse e creandone delle altre. E come i pastori anche la classe
creativa ha seguito la sua natura nomadica ricercando però, nel proprio
muoversi nello spazio, tratti ed elementi che la riconnettano alle
proprie origini, o al proprio senso di appartenenza. Elementi che
possono essere ricercati in un vivere e agire comunitario o nelle
caratteristiche degli spazi e dei luoghi che si frequentano. Ecco allora
la nascita costante di luoghi di Smart Working. Un paesaggio sempre più
diffuso se si pensa che oggi, nel mondo, sono oltre 30mila gli uffici flessibili e 15.500 gli spazi di coworking:
una crescita del 30% in 3 anni nei maggiori 20 mercati. Solo in Italia,
gli smart worker sono 480mila, ospitati da 660 entità di coworking. In Europa, secondo una ricerca di CBRE condotta nel 2017, entro il 2020 l’interesse delle aziende verso gli spazi condivisi aumenterà del 70% e la metà dei lavoratori afferma che utilizzerà spazi collaborativi.
Il luogo di lavoro come paesaggio: una nuova geografia culturale ed economica
I
luoghi del lavoro, della conoscenza e della ricerca sono quindi
diventati diffusi e gli spostamenti hanno cominciato a produrre impatti
reali sulle economie di scala. Questi cambiamenti sono quanto mai
evidenti se si abbandona la classica visione del luogo di lavoro come “spazio” in favore dell’idea di “paesaggio”, nel quale ogni elemento esercita relazioni di reciproca influenza e in cui anche il design può produrre un impatto sui processi decisionali e sulle strutture organizzative. Dalla ricerca si può̀ desumere che il nuovo paesaggio del lavoro sia il prodotto attivo di una nuova geografia culturale,
determinata dalla mutazione delle relazioni tra soggetti, che produce
inevitabilmente degli impatti diretti sul mondo reale sia da un punto di
vista economico che da un punto di vista sociale e spaziale. Ne sono un esempio le opportunità di business, create grazie alle occasioni di incontro (secondo
i ricercatori dell’Università del Michigan, l’84% dei lavoratori
sceglie gli spazi di coworking proprio per la possibilità di
interagire, per l’82% per le opportunità offerte e per il 77% per la
condivisione delle conoscenze), il comprovato aumento della marginalità di imprese e lavoratori che operano all’interno di questi paesaggi (da
una analisi interna condotta tra il 2015-2016 sulla reddittività delle
aziende presenti in Copernico Milano Centrale è emerso che il loro MOL è
cresciuto del 28%), la maggiore valorizzazione degli immobili in cui sono presenti spazi dedicati allo Smart Working (secondo Cushman & Wakefield i grandi immobiliaristi sono oggi propensi ad allocare tra il 15 e il 30% del proprio patrimonio immobiliare in coworking).
I
nuovi spazi del lavoro: non solo una scrivania, ma la possibilità di
fare Smart Working in un ambiente adatto, flessibile, confortevole.
I
nuovi spazi del lavoro non devono offrire solo una scrivania, ma devono
essere progettati per offrire la possibilità di fare Smart Working in
un ambiente adatto, flessibile, confortevole. Da questo punto di vista è
necessario che chi gestisce, disegna o pianifica spazi di lavoro sia in
grado di progettarli in modo da interpretare tendenze e necessità
diverse, saper attrarre differenti gruppi di utenti e favorire la
costruzione di comunità. Ad un primo livello questo significa certamente
fornire luoghi di incontro e scambio nei momenti di relax: sale comuni,
caffetterie (magari aperte verso l’esterno), spazi aperti, luoghi per
incontri e conferenze. Il benessere del lavoratore passa anche
attraverso la possibilità di avere in ogni occasione un elevato comfort
acustico, luminoso e termoigrometrico. Anche in fase di progettazione
bisogna cercare di definire i valori che il proprio spazio è disposto a
ospitare ed offrire ambienti che possano favorire occasioni di scambio.
La ricerca firmata da Carlo Ratti Associati e promossa Copernico, BNL Gruppo BNP Paribas, e Arper
pone le basi per analizzare, osservare e capire più a fondo il fenomeno
dello Smart Working e tracciarne le possibili evoluzioni.
BNL
Gruppo BNP Paribas e Copernico, lo scorso anno, hanno sottoscritto una
partnership denominata “Smarter Together”. BNL ha messo a disposizione
del network Copernico alcuni immobili di sua proprietà in città quali Roma,
e prossimamente in nuove località, in cui si creano ambienti di lavoro
funzionali e confortevoli, che diventano anche luoghi di aggregazione e
condivisione di idee ed esperienze, arricchiti da iniziative ed eventi
che promuovono lo sviluppo economico e il benessere della community.
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