L’affermazione di Luigi Veronelli “dopo l’uomo e prima dell’animale, (il vino) è una creatura capace di raccontare la qualità, il clima, la bellezza, la storia e gli uomini che, nei secoli, lo hanno prodotto” è la sintesi delle caratteristiche che gli appassionati del buon bere ricercano per le loro degustazioni, un vino che rappresenti il territorio, il vitigno e la mano dell’uomo che lo ha prodotto senza interferenze.
”… Ogni uva, prodotto del suo terroir, ha una vita propria.
Fin dall’inizio della vinificazione deve esistere una vera osmosi tra uva e vignaiolo …”
Carolina Gatti, nella sua azienda di ettari 3,8 a Ponte di Piave, è una
viticoltrice che con determinazione, caparbietà, ricerca, rispetto ed
osservazione dei cicli della natura, è riuscita a produrre vini “di
qualità”, dalla forte personalità, che sanno suscitare emozioni ed
allo stesso tempo si fanno apprezzare per la loro piacevolezza e
salubrità. Per questi motivi possiamo affermare che il vino è anche
l’espressione del pensiero di chi ne ha seguito l’intero percorso nel
suo viaggio dalla terra al bicchiere.
La sua è una famiglia di agricoltori; fin da bambina ha vissuto in un
contesto rurale che le ha permesso di osservare il lavoro nelle
campagne, di vivere a contatto con il mondo naturale, di partecipare
al febbrile ed entusiasmante lavoro della vendemmia e sentire il
profumo del mosto in fermentazione. La comprensione dell’alleanza
fra uomo e natura, il legame profondo con un mondo vero, senza
artifici, radicato ed ancorato alla terra, ed il desiderio di continuare
il “mestiere di famiglia” sono le motivazione che la inducono a
frequentare la Scuola Enologica di Conegliano, dove si diploma, e a
conseguire la laurea breve con una tesi sulla riduzione della carica di
gemme nel Raboso Piave, alcuni anni dopo, nel 2002.
Come spesso accade, il cammino non segue sempre una linea retta, ma incontra delle deviazioni prima dell’approdo. La necessità di percorrere altre vie è per molti di noi un processo indispensabile, una metamorfosi necessaria per comprendere pienamente il senso del mondo e della vita. Partecipare ad un’esperienza di volontariato in Perù e fare un vino con il cuore, onesto, semplice, con pochi rudimentali attrezzi e l’aiuto dei bambini dell’oratorio, a 4.000 metri di altitudine, nelle Ande peruviane, è stata per Carolina un’esperienza profonda ed anche gratificante.
“… ho un legame molto forte con la mia terra,
i luoghi dove anch’io, come le piante, ho messo radici.
Mi sento a casa quando sono nelle mie vigne, nella Bellussera;
dopo ogni viaggio il ritorno è pace, è rinascere, ricostruirsi …”
Questa è stata la considerazione che l’ha indotta, nell’anno 2012 a rilevare l’azienda di famiglia guidata fino a quel momento dal padre Lorenzo Gatti. Un anno per lei impegnativo dal punto di vista professionale e personale, un punto di svolta dopo le diverse esperienze lavorative fatte in Veneto, in Friuli e nelle vigne di casa sotto la “severa” guida del padre Lorenzo con il quale ha sempre avuto un rapporto conflittuale a causa dei due caratteri molto forti ma allo stesso tempo franco e sincero - come racconta Carolina - accompagnato da “cazziatoni immensi se potavo male” ma con “carta bianca in cantina”.
Dalle uve delle Bellussere di via Campagne,
produce con cura e competenza dei vini che
sanno interpretare il luogo, le tradizioni
agricole, la sua relazione simbiotica con la
natura perché derivano da una agricoltura che
rispetta gli equilibri naturali del suolo e delle
piante. Le pratiche agronomiche, che effettua
con l’utilizzo di preparati biodinamici,
consentono di ristabilire l’equilibrio della
pianta. Il metodo di coltivazione biodinamico
nasce dalle indicazioni fornite nei primi decenni del XX secolo da Rudolf Steiner al fine di migliorare la salute delle piante e le loro qualità nutritive. Un suolo “vivo” grazie all’attività dell’humus e ad una corretta lavorazione, favorisce l’approfondimento radicale.
Nell’azienda di Carolina le viti sono allevate con il sistema a raggi o “Bellussi”. Questa forma di allevamento che caratterizzava le terre della pianura della Piave dal finire del XIX secolo, è stata quasi ovunque espiantata.
Carolina ha deciso di preservare la Bellussera, un
metodo di allevamento della vite, sviluppato a Tezze di
Piave verso la fine del XIX secolo. La sua è una forma di
“resilienza” per non lasciarsi travolgere dalle mode, dal
miraggio di una viticoltura meccanizzata, ma allo
stesso tempo è una scelta ragionata ed avveduta anche
perché in questa forma di allevamento le gemme, che
sono più in alto, vengono protette dalle gelate
primaverili mentre durante i mesi estivi, che
soprattutto negli ultimi anni si stanno rivelando
particolarmente caldi ed afosi, la chioma fogliare
protegge i grappoli dalla luce diretta del sole. Tra le sue
vigne ci sono anche ceppi che hanno 80 anni, altri sono più recenti. Osservare l’andamento delle stagioni, il ciclo vegetativo della vite, vederne i frutti appesi in alto è un’esperienza che appaga e pacifica; come racconta Carolina ”.. vorrei che ogni essere umano provasse la gioia di camminare in una Bellussera, o di farsi un pranzo estivo sotto le sue chiome ….”
In cantina le lavorazioni, coerenti con la filosofia aziendale, si distinguono per la produzione di vini ottenuti da fermentazioni spontanee con i soli lieviti indigeni, che sanno preservare la qualità del frutto, dell’annata e del luogo; vini “artigianali” in grado di veicolare un
importante messaggio, vitale ed umano. I vini “naturali” non vogliono rispondere ad una
standardizzazione del gusto e richiedono la nostra capacità di abbandonare schemi e schede tecniche
usuali per poter assaporare e godere pienamente della loro complessità e diversità.
Le uve di Raboso Piave, Glera - clone Balbi, Pinot Bianco, Chardonnay, Tocai Trevigiano, Cabernet Franc, Cabernet Savignon e Verduzzo Trevigiano vengono vinificate separatamente per ogni singolo
appezzamento.
Oltre a “El Gat Ros”, ottenuto da uve di Cabernet Sauvignon, e al “Canaja”, da uve di Verduzzo Trevigiano, particolarmente apprezzati sono un Raboso dallo stile tradizionale e un Prosecco rifermentato in bottiglia.
Raboso
E’ ottenuto dalle uve di Raboso Piave, un vitigno storicamente coltivato in Veneto e diffuso soprattutto nella pianura che segue il corso della Piave.
Di color rosso rubino acceso, con intensi profumi di frutta rossa e frutti di bosco seguiti da note speziate e vegetali. E’ un vino di temperamento dalla viva acidità e tannini scalpitanti a cui va ad aggiungersi una calibrata morbidezza, che arrotonda garbatamente il gusto. Si è sempre distinto per essere un vino “rabioso”, acido e tannico. Per questo motivo anticamente era considerato un “Vin da Viajo” capace infatti di sopportare anche i lunghi spostamenti nelle stive delle navi commerciali della Repubblica Veneta.
Il vino fermenta sulle bucce con i propri lieviti per circa 10 giorni. poi affina in cemento. Non viene
chiarificato né filtrato.
Bolle Bandite
Vino ottenuto da uve Glera – clone Balbi.
E’ un vin col fondo dal forte carattere, determinato sia sotto il profilo olfattivo che sotto quello gustativo.
Un sorso ampio, cremoso con una freschezza e sapidità che regalano una buona persistenza. E’ un vino libero, grintoso, “badito” perché declassato nell’anno 2011 dalla Commissione di Assaggio della DOC. Nel panorama dei “vini col fondo” può essere definito un vero fuori classe.
Le uve diraspate, pressate in modo soffice fermentano senza macerazione con i propri
lieviti in vasche di cemento; permangono sulle fecce fini per 12 mesi. L’imbottigliamento
avviene nell’estate successiva alla vendemmia con aggiunta di mosto.
Carolina Gatti fa parte del gruppo di produttori della Retecontadina, una comunità alimentare
locale che unisce contadini e cittadini coproduttori; un movimento che si riconosce nei
valori del suo manifesto quali ad esempio la difesa del suolo e del patrimonio della
biodiversità. La biodiversità in agricoltura è antagonista della monocoltura; valorizzare ed arricchire gli ecosistemi è un progetto agricolo che deve essere per tutti il nuovo paradigma. Nell’azienda agricola di Carolina Gatti questa modalità è stata da sempre considerata un valore da tutta la famiglia, una socialità agricola che si prende cura dell’orto domestico, degli animali da cortile e da compagnia e della stalla, cura le siepi e mantiene pulito e sano il suo territorio con la consapevolezza che il lavoro agricolo delle campagne, eseguito in maniera etica, sarà
determinante per il futuro di tutti perché se l’ambiente è malato l’uomo non potrà godere di una vita sana e felice.
“Le nostre vigne, i nostri campi di grano, i nostri orti dovranno essere luoghi di resilienza, zattere di salvataggio nel mare ormai universale del capitale, isole e arcipelaghi salvifici da cui poter ripartire
magari per ricolonizzare il mondo”
Questo è il pensiero che sostiene Corrado Dottori, vignaiolo a Cupramontana (AN), nel suo saggio ”Come Vignaioli alla fine dell’estate – L’ecologia vista da una vigna” nel quale affronta anche le complesse questioni del dibattito ecologico contemporaneo, dal riscaldamento climatico, all’impatto delle attività dell’uomo sul pianeta. La situazione è grave e richiede l’assunzione di provvedimenti che ci permettano di riconciliarci con la Terra. Una nuova rivoluzione che partirà dalla campagne.
Un caloroso ringraziamento a Carolina, Lorenzo, Renata e Stéphane per la sincera accoglienza e per avermipermesso di immortalare alcuni momenti del loro lavoro. Giornate per me molto istruttive che ricordo conpiacere.
EL VIN RABOSO
Cara la mê stela,
dove situ stada?
iera tanto che no’ te vedèa,
passando l’altro dí
pa’ la tô contrada
me so’ pensà de ti.
Bepina te ricordetu
quando che vegnèa
da le tô bande
zò par Maren?
un pêr de mudande
e un fassoleto sul balcon
me dizeva che te jeri viva
e palpitante par mi.
Un goto de raboso
jera balsamo par ti
e te parlavi de amor
de dolcesse infiníe
e intanto le “ombre”
le ‘ndava zò pa’ l cuor
pa’ l stòmego dapartuto
e i basi volava via
come sizíe al sol!
Jeritu ti o jera el vin
che me fasèa stornir?
Bepina scúseme
se te manco de rispeto,
ma jera el vin
proprio quel raboseto
che no’ se trova più
parché ‘l xe ‘ndà co’ ti
rosa del mê giardin,
e co’ ti … la zoventù.
Treviso 23.11.70
Nino Della Barba – Lacrime Amori e Dio
Antonella Pianca
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