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CAPITANI CORAGGIOSI. L’avventura umana della
scoperta (1906 - 1990)
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SE A PARLARE NON RESTA CHE IL FIUME
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THE ART OF BANKSY. A VISUAL PROTEST
MUDEC - Museo delle Culture di Milano
28
Settembre 2018 – 14 Aprile 2019
“Da
quassù la Terra è bellissima, senza spazi né confini”.
[Yuri Gagarin]
Il MUDEC-Museo delle Culture di
Milano presenta per l’autunno 2018 il progetto Geografie del Futuro, un
racconto sul “sapere geografico”
inteso come rilevamento di territori e di culture nei loro rapporti, letti
attraverso la lente di diverse discipline di studio.
Attraverso tre mostre che
partiranno dal 28 settembre per terminare il 14 aprile 2019, il Museo delle
Culture rifletterà insieme ai visitatori sul tema della disciplina geografia,
cercando di capire quali tipi di
“geografie” definiranno i confini della nostra conoscenza del mondo nel futuro.
Il progetto verrà presentato alla stampa nella conferenza di apertura prevista per giovedì 27 settembre, ore 12:00, giorno di inaugurazione.
Con Geografie del futuro il MUDEC si
prefigge di raccontare una nuova idea di
geografia, forse la più attuale e labile delle discipline, in un mondo che
riduce sempre più gli spazi grazie alla tecnologia, e dove i luoghi e i
non-luoghi da esplorare diventano sempre più complessi e elusivi, secondo
l’immagine che all’inizio dell’Ottocento ne dava Alexander von Humboldt: quella
di una serie si labirinti, per cui l’uscita dall’uno coincide con l’inizio del
successivo.
Non poteva che
essere il MUDEC - infatti – la realtà museale più adatta a ospitare un progetto
sui confini della “disciplina geografia”.
La collezione permanente del Museo delle
Culture è infatti strettamente legata alla storia dell’esplorazione, un concetto alla base della costituzione delle sue collezioni
civiche.
Il nucleo più antico del patrimonio artistico conservato oggi al
Museo delle Culture - costituito da circa ottomila reperti tra opere d’arte,
oggetti d’uso, tessuti e strumenti musicali provenienti da Americhe, Asia,
Africa e Oceania - è stato in gran parte raccolto nell’ambito di esplorazioni
avvenute nel corso del XIX secolo, un’epoca in cui si moltiplicavano le
ricerche effettuate sul campo da parte di scienziati, missionari ma anche
viaggiatori occasionali in partenza da Milano e dalla Lombardia. Gli oggetti
frutto delle esplorazioni affluirono in maniera regolare dagli angoli più
remoti della Terra al Museo di Storia Naturale di Milano, per poi passare nel
2015, al Museo delle Culture.
A partire dagli anni ‘60 i cosiddetti cultural studies definirono nuovi
campi di interesse dell’esplorazione, da un lato fornendo ai geografi elementi
di riflessione di natura sociale, etica e antropologica dell’uso del
territorio, e dall’altro dando avvio al cosiddetto spatial turn, una lettura
della realtà dove risulta imprescindibile e irrinunciabile la “dimensione
spaziale” in cui avvengono i processi sociali, politici ed economici.
Dopo questa rivoluzione, che tipi di
“geografie” definiranno i confini della nostra conoscenza del mondo nel futuro?
Se la geografia intesa in senso largo è l’ingrediente fondamentale per
comprendere i fenomeni e le contraddizioni del nostro “stare su questa terra”, chi saranno i geografi del futuro?
Queste sono le domande a cui il progetto cerca di dare risposta, con alcuni
spunti, attraverso tre diversi progetti espositivi, che presentiamo in breve
qui di seguito e a cui rimandiamo – per maggiori informazioni - nelle
specifiche schede di presentazione.
CAPITANI CORAGGIOSI. L’avventura umana della scoperta (1906 -
1990)
MUDEC, 28 settembre 2018 - 10 febbraio
2019
La mostra “CAPITANI CORAGGIOSI. L’avventura umana della scoperta (1906 -
1990)”, in partenza al MUDEC di Milano dal 28
settembre, è la mostra scelta dal Museo delle Culture per celebrare il Novecento Italiano, aderendo
così al palinsesto artistico-culturale che il Comune di Milano dedica
quest’anno a questo importante momento storico-artistico. L’esposizione indaga le frontiere
dell’esplorazione novecentesca fino a oggi, e lo fa toccando le vette, lo spazio, gli abissi e la terra
più profonda, ovvero gli ultimi
confini geografici indagati dagli esploratori professionisti in un periodo
- quello dai primi decenni del ‘900 a oggi - in cui la mappatura delle terre
emerse era ormai stata completata dal lavoro dei pionieri ottocenteschi.
Attraverso
opere della collezione permanente del Museo delle Culture di Milano, fotografie,
filmati e cimeli di famose spedizioni, il pubblico parteciperà alla
trasformazione del concetto di
‘esplorazione’ nell’ultimo secolo, con un particolare focus sulle conquiste
maturate in Lombardia.
Cinque le sezioni:
SEZIONE 1 – I “NOSTRI” ESPLORATORI
Questa breve
sezione introduttiva spiega il perché di una mostra sull’esplorazione e la
geografia al Museo delle Culture.
SEZIONE 2 – MISURARE E RAPPRESENTARE
Focus sulla cartografia novecentesca di precisione di provenienza
“militare” e le rappresentazioni cartografiche oggi, appannaggio ormai di tutti
grazie alle potenzialità di Google Earth.
SEZIONE 3. L’ESPLORAZIONE DELL’ARIA: VETTE, CIELI E SPAZIO
In questa sezione della mostra si prenderà in considerazione
l’esplorazione di altitudini elevate, attraverso tre affondi sull’alpinismo,
sull’aviazione e sull’astronomia.
SEZIONE 4. L’ESPLORAZIONE DEL SOTTOSUOLO: LE GROTTE
L’alpinismo sotterraneo del ‘900. Il gruppo Grotte Milano.
SEZIONE 5.
GEOGRAFIE DEL FUTURO: ANTROPOLOGIA, ARTE E VISIONI
Quale futuro per la Geografia? Ipotesi sui futuri scenari della
geografia. Interviste ad esperti, di differenti settori e di fama
internazionale per evidenziare l’importanza che gli
apporti interdisciplinari, la dimensione mediatica e sociale e la
creatività dei singoli rivestono per l’esplorazione. Sono i nuovi “capitani coraggiosi” che esplorano una nuova idea
di spazio, ciascuno all’interno del proprio ambito disciplinare.
La mostra, a
cura del comitato scientifico
composto da Franco Farinelli, Anna Maria Montaldo, Carolina Orsini e Anna
Antonini, è promossa dal Comune
di Milano-Cultura e sarà visitabile fino al 10 febbraio 2019.
SE A PARLARE NON RESTA CHE IL FIUME.
Ambiente sensibile per le tribù della valle dell’Omo
MUDEC, spazio Khaled Al-Asaad, 1 ottobre 2018 – 6 gennaio 2019
L’installazione artistica
multimediale “Se a parlare non resta che il fiume”, al MUDEC di Milano dal 28
settembre, intreccia il lavoro sul campo della fotografa ed educatrice Jane Baldwin con l’impegno di Survival International, che da
cinquant’anni lotta per la sopravvivenza dei popoli indigeni in tutto il mondo,
e la celebre creatività artistica di Studio
Azzurro.
Oggetto dell’esplorazione sono due
luoghi Patrimonio dell’Umanità UNESCO – la
basse valle dell’Omo in Etiopia e il Lago Turkana in Kenya - la cui
geografia fisica e umana rischia di cambiare per sempre. Il progetto è infatti un’esperienza artistica immersiva
capace di suscitare empatia per le vite, le terre e le culture dei popoli
indigeni che, nella bassa valle dell’Omo in Etiopia e attorno al Lago Turkana
in Kenya, sono minacciati da una
drammatica crisi umanitaria e ambientale provocata dall’uomo.
Attraverso i volti e le
testimonianze dirette in particolare delle donne indigene – straordinarie
custodi delle tradizioni orali attraverso miti, proverbi e canti – questo
viaggio poetico e multimediale nella regione che fu la culla della civiltà ci
conduce lungo le sponde di un grande fiume africano. E dal suo greto riarso,
rosso come la creta, rivela ai visitatori gli effetti di un mastodontico
progetto idroelettrico – e dei piani agroindustriali a esso associati – sulla
vita e sulla cultura di intere comunità.
Un caso di scottante attualità in
grado di richiamare l’attenzione sui legami
profondi, materiali e immateriali, tra ogni uomo e il suo habitat, tra
noi e gli altri popoli, tra la salvaguardia della diversità biologica e
culturale e il futuro stesso dell’Umanità. Un progetto che vuole favorire un
cambiamento di prospettiva e promuovere nuovi modelli di sviluppo rispettosi
dei diritti umani. Per i popoli indigeni, per la natura, per tutta l’umanità.
Save the Date:
THE ART OF BANKSY. A VISUAL PROTEST
MUDEC, 21
novembre – 14 aprile 2019
Contemporaneamente a queste due esposizioni, 24 ORE Cultura promuove a novembre una mostra dedicata allo
street artist Banksy. Con
questo artista la relazione con la geografia e il paesaggio si connotano di
tratti assolutamente “sociali”.
Di Banksy verrà analizzata in mostra l’attitudine sperimentale,
l’attenzione sulle realtà urbane, la teoria della “psicogeografia” secondo cui lo spazio di azione dell’artista è il
territorio, il voler creare delle situazioni, il forte senso di appartenenza
comunitari, l’impulso controculturale.
Il suo lavoro, straordinariamente creativo e irriverente, ha come
componente fondamentale la relazione con
il paesaggio umano nel quale si esprime, spesso in zone di conflitto, dove
anche la politica e le istituzioni faticano ad arrivare. In mostra, attraverso circa 70 lavori tra dipinti, sculture,
prints, oggetti, verranno presentati attraverso fotografie e video anche i
murales di Banksy nella loro collocazione originaria in luoghi dei cinque continenti. Nei suoi lavori infatti il Genius loci è un aspetto fondamentale,
il luogo stesso e la vita che vi accade sono messaggi di per sé, molti lavori
nascono anche semplicemente in funzione dei e per i luoghi in cui sono
realizzati. Ecco perché “The
Art of Banksy. A Visual Protest”, rientra come terza mostra – e nuova
frontiera della geografia - nel progetto
di Geografie del Futuro.
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