Foto di Alberto Paccagnella
Agli
“arresti domiciliari” causa virus, l’Ecomuseo delle Acque non si è
fermato ma ha messo a frutto una modalità operativa coltivata al meglio
in questi anni, il lavorare in rete, che ha consentito
di costruire rapporti, definire collaborazioni, condividere progetti con
ecomusei, associazioni, aziende, singole persone, accomunati dallo
stesso spirito e gli stessi valori. Gli scambi e le interazioni
intrapresi con altre realtà, vicine o lontane non importa, in queste
settimane si sono addirittura rafforzati, a dimostrazione che le reti
costruite erano ben solide. Gli scambi più recenti hanno riguardato
soprattutto il cibo, forse perché il tempo era quello della Pasqua.
Due
gli esempi, solo in apparenza poco significativi. Il bel rapporto
avviato dall’Ecomuseo con la Condotta Slow Food di Matera ha suggerito
al referente locale Francesco Linzalone, uno dei vincitori dell’edizione
2019 del Concorso “Raccontate il vostro formaggio del cuore” e grande
estimatore del pan di sorc, di promuovere a sua volta un concorso nazionale sul pane,
fotografico e letterario. E poi l’attività del GAS Mulino Cocconi che
non si è interrotta nella settimana pasquale, veicolando la
distribuzione dei prodotti del “Paniere dell’Ecomuseo”, tra cui il vino
di un’azienda che ha puntato tutto sulla coltivazione degli antichi
vitigni autoctoni, pure gemonesi. Orbene, la collaborazione si è
intensificata andando oltre il vino, ora riguarda anche lo scambio di
note e informazioni sulle tradizioni legate alle feste e al cibo: le
pagine di una ricerca di Andreina Ciceri, studiosa di etnografia e letteratura friulana, inviateci da Alberta Bulfon hanno aggiornato le nostre conoscenze storiche sul pan di sorc. Non c’è che dire, per gli ecomusei le reti sono veri e propri antidoti al virus.
«Occuparsi di patrimonio agroalimentare
nell’ambito di un ecomuseo è affare strategico: consente di toccare una
serie di contenuti, tutti strettamente intrecciati e complementari, che
riguardano la sfera culturale (quella alta dei trattati e quella
quotidiana delle abitudini alimentari) e la sfera socioeconomica
(attraverso la costruzione di progetti sperimentali); significa
interessarsi di qualità della vita e di paesaggio; è un mezzo prezioso
per ricostruire le dinamiche che hanno portato alla definizione dei
caratteri di un territorio». (introduzione al Progetto “Pan di Sorc”)
«Il Pane,
attorno alla mensa, di solito unisce. Alle volte però, divide. C’è chi
vuole il primo pezzo, la parte più croccante, chi invece preferisce
spingersi verso il suo cuore morbido. C’è chi ama affondare denti e naso
nella soffice mollica, chi non rinuncia a stringere e sgranocchiare la
croccante scorza. Da qui il titolo del Concorso, per tenere insieme due
contrasti. Perché mettere insieme le diversità dà vita sempre a qualcosa
di unico, che unisce e non divide. L’idea è di condividere la stessa
passione per le cose buone che ancora possono essere genuine. E il Pane,
anche con le enormi differenze territoriali delle sue espressioni, non
può che unire: nel racconto, nella poesia, nelle immagini, nella vita...
intingete la penna nella farina e fate lievitare la vostra
immaginazione!». (presentazione del Concorso “Scorza e Mollica”)
«
[A Buia al sabato di Pasqua] al suono del Gloria, tutti correvano a
lavarsi la faccia per cancellare i peccati. Qualcuno ritiene che,
lavandosi col “pianto” delle viti, spariscano le lentiggini. Le mamme si
affrettavano a portare i bimbi, che ancora non camminavano, lungo “les
cjaradories”, i solchi profondi lasciati sulla strada dalle ruote dei
carriaggi, e li avviavano a camminare. Le massaie intrecciavano un lungo
ramo di salice e ne facevano un cerchio che posavano a terra, in mezzo
al cortile; dentro gettavano il mangime: le galline, che vi entravano a
beccare, sarebbero diventate chiocce in breve. Ogni famiglia preparava
il pan di sorc dolcificato, che costituiva il dolce
pasquale, prima della consuetudine più recente e più ricca delle
focacce. Le uova si dipingevano, facendole bollire insieme ad ortiche,
lane colorate, semi di fiori, cipolla... Si facevano correre sull’erba,
alla merenda del giorno di Pasqua. Da circa un quarantennio, il luogo
preferito dai buiesi, per questa merenda all’aperto, è il valloncello
sul colle dei Praviz». (Andreina Nicoloso Ciceri, “Sot la Nape”, XX, 1,
1968)
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