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lunedì 1 settembre 2025

SAFFIRIO: DOVE IL BOSCO TORNA A ESSERE RISORSA PER IL VINO E PER IL PIANETA

 


 Nasce dalla volontà di creare un nuovo equilibrio tra vigneto e natura il progetto della cantina Saffirio che unisce qualità del vino, tutela ambientale e recupero della biodiversità; una filosofia basata su una visione di lungo periodo e un impegno che si fonda su investimenti a lungo termine, in cui il bosco e le sue dinamiche ricoprono un ruolo fondamentale e diventano aspetti da tutelare con attenzione e cura oggi, con l’obiettivo di raccoglierne i frutti anche tra decenni e per le future generazioni. 

 

L’azienda Saffirio di Monforte d’Alba si distingue oggi per essere la realtà vitivinicola con la più alta percentuale di superficie boschiva rispetto a quella vitata nella zona del Barolo: dei 36 ettari complessivi, ben 16 sono boschi e prati permanenti. Una scelta tutt’altro che casuale, ma frutto di una visione consapevole portata avanti da Sara Vezza, quinta generazione della famiglia Saffirio, e da Brave Wine, la holding fondata da Renzo Rosso, oggi partner strategico dell’azienda.  

“Sappiamo che aggiungere bosco significa rinunciare a terreni produttivi, ma è un investimento necessario. La sostenibilità è un asset imprescindibile per chi fa impresa oggi. Abbiamo la responsabilità di riparare i danni del passato e costruire un futuro possibile per l’ambiente e per le prossime generazioni”, affermano Vezza e Rosso.  

 

L’integrazione del bosco nel paesaggio vitato nasce dalla volontà di ricomporre un equilibrio perduto, investendo nella sostenibilità a lungo termine. Le Langhe, celebri per i loro vini ma anche per i tartufi, hanno negli anni sacrificato parte delle aree boschive in favore delle coltivazioni agricole. La cantina Saffirio ha deciso di invertire questa tendenza, reintroducendo querce, tigli, pioppi e salici attorno alle vigne, creando così ambienti ideali per il ritorno dei tartufi e per la rinascita di ecosistemi complessi e vitali. Le pratiche adottate sono spesso ispirate alla tradizione locale, come la propagazione del tartufo attraverso le lumache alimentate con i suoi residui, o la piantumazione di ghiande provenienti da querce selezionate da esperti tartufai. Il bosco non è quindi solo cornice del paesaggio: è alleato attivo nella difesa della biodiversità, soprattutto degli insetti impollinatori – api selvatiche, farfalle, sirfidi – essenziali per l’equilibrio naturale e per la sopravvivenza di gran parte delle colture alimentari. Nelle vigne di Saffirio, si applicano pratiche agricole che rispettano gli habitat naturali: la vegetazione tra i filari cresce libera, contribuendo al controllo biologico dei parassiti e alla fertilità del suolo. Un’agricoltura meno invasiva che, oltre a ridurre l’impatto ambientale, migliora la qualità dei vini. Oggi questa attenzione verso la natura si estende anche oltre i confini dell’azienda. Saffirio ha scelto di aiutare a preservare l’area naturalistica dell’Osservatorio Madonna della Pace a Bossolasco, un luogo ricco di orchidee selvatiche di rara bellezza. E questo delicato fiore che è diventato per l’azienda simbolo del legame tra vino e biodiversità, è stato la fonte di ispirazione anche per la linea Orchidea, che raccoglie alcuni tra i vini più rappresentativi della cantina: Barolo DOCGBarbera D’Alba Superiore DOCLanghe DOC NebbioloLanghe DOC Rossese Bianco e Langhe DOC Rosato.  

 

La scelta di Saffirio dimostra che è possibile ed è importante fare impresa con responsabilità, restituendo valore al territorio, coltivando non solo la vite, ma anche una visione più armoniosa del rapporto tra uomo, ambiente e produzione. Un esempio concreto di come il futuro del vino possa (e debba) affondare le radici nella natura. 

Il ritorno della musica popolare friulana

 



Proseguono senza sosta i concerti di “Note nei roccoli e nelle corti” edizione 2025, la nona, con l’Ecomuseo che grazie al supporto della musica popolare conduce alla scoperta dei luoghi dove storia, vita e natura si intrecciano. La rassegna, che ogni anno si rinnova con musicisti provenienti da ogni parte d’Italia, prevede anche dei punti fermi. È il caso del prossimo appuntamento, per via del gruppo e del contesto: sabato 6 settembre alle 17 presso la sede del Gruppo Alpini a Monte di Buja è in programma il concerto dei Carantan, storica folk band che dai primi anni Novanta è impegnata a far rivivere la musica popolare friulana rivisitandola con una ricerca armoniosa di spazi e suggestioni. La scelta dell’uso di strumenti rigorosamente acustici e tradizionali caratterizza il gruppo, con l’inserimento del violoncello al posto del popolare liron.

Il nome carantan è un po’ fuorviante: la parola indicava i cinque centesimi delle vecchie lire in uso agli inizi del Novecento, quindi il significato da attribuire al termine è “cosa di poco conto”. In realtà lo sforzo encomiabile di Andrea Barachino (chitarra classica e voce), Stefano Durat (armoniche diatoniche) e Luca Boschetti (violoncello) è ridare nuova dignità alla tradizione musicale legata all’area friulana-carnica-istriana, rielaborando i brani popolari e inserendo nel repertorio composizioni originali che trovano spunto in altri generi musicali. Con il concerto si vuole ricordare la figura di Glauco Toniutti, fondatore del gruppo e collaboratore dell’Ecomuseo, prematuramente scomparso. In caso di maltempo il concerto si terrà al coperto.

Casa Ursella, posta lungo la strada che conduce al nucleo storico del borgo di Monte, risale alla seconda metà dell’Ottocento. In splendida posizione, è caratterizzata da una bella facciata in pietra che si sviluppa su tre piani segnati da altrettante finestrature allineate. Fu qui che venne organizzata la cospirazione per il fallito attentato a Mussolini del 4 novembre 1925: faceva parte di un complesso di fabbricati che all’epoca appartenevano ad Angelo Ursella, socialista, coinvolto nel piano coordinato dal mantovano Tito Zaniboni. Casa Ursella è ora sede del Gruppo ANA di Buja, che ha provveduto alla sua ristrutturazione.

WINE MONITOR NOMISMA: NEL I SEMESTRE, SOLO L’“EFFETTO SCORTE” PRE-DAZI MANTIENE IN POSITIVO L’EXPORT NEGLI USA

 


Nei 12 principali mercati internazionali la crescita cumulata è stata del +1,5% a valore e del +2,1% a volume.

In attesa della pronuncia sulla legittimità dei dazi USA, non mancano gli elementi di preoccupazione per i nostri esportatori.

 


Bologna, 1 settembre 2025 – Supportare le imprese e le istituzioni della filiera vitivinicola italiana nella lettura delle tendenze di mercato globali e guidarle nella definizione delle proprie strategie di internazionalizzazione è il duplice obiettivo del Report Wine Monitor di Nomisma pubblicato oggi.

 

La fotografia aggiornata delle importazioni di vino nei principali mercati mondiali nel primo semestre del 2025 mette in luce l'assenza di un andamento univoco: nella prima metà dell’anno, infatti, i singoli Paesi monitorati nel report di Nomisma evidenziano dinamiche differenti, anche se complessivamente i dodici principali mercati internazionali fanno registrare una crescita del +1,5% a valore e del +2,1% a volume.

 

Gli Stati Uniti si confermano il principale mercato di riferimento, ma la fine dell’accumulazione di scorte da parte degli importatori in previsione dell’entrata in vigore dei dazi disposti dall’amministrazione Trump ha visto un secondo trimestre in calo: se infatti fino a marzo la crescita delle importazioni aveva segnato un +22% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il cumulato aprile-giugno ha invece registrato una riduzione del -7%.

Si tratta di una tendenza che ha coinvolto anche gli acquisti di vini italiani: la variazione per il primo semestre appare positiva (+2,5%) solo grazie all’ accumulazione avvenuta nei primi tre mesi dell’anno.

 

“In attesa della pronuncia della Corte d’Appello USA sulla legittimità dei dazi, a seguito della causa promossa da alcune aziende locali tra le quali l’importatore di vini italiani Victor Schwartz, è evidente che le nostre aziende vitivinicole siano obbligate a monitorare le dinamiche in atto a livello globale per individuare altri mercati in grado di assorbire le nostre produzioni” - commenta Denis Pantiniresponsabile Nomisma Wine Monitor.

 

Per quanto riguarda gli altri mercati di riferimento, anche in Canada i vini italiani hanno “scontato” l’effetto dazi di Trump ma, al contrario nel primo semestre dell’anno le importazioni dall’Italia sono cresciute di quasi l’11% beneficiando della sostituzione “a scaffale” dei vini statunitensi (come ritorsione ai provvedimenti tariffari di Trump), crollati di oltre il 65%.

 

Una performance molto positiva per i vini del Bel Paese si registra anche in Germania (+10,3% a valore), in evidente recupero rispetto all’anno scorso.

Al contrario, il Regno Unito fa segnare una flessione nell’import di vini italiani del -7% a valorecosì come Svizzera, Corea del Sud, Norvegia e Cina, che hanno registrato una contrazione delle importazioni come risposta al rallentamento della domanda interna. In positivo, invece, Giappone e Brasile.

 

Rispetto alle singole categorie di vini, da gennaio a giugno 2025 rallenta l’ascesa degli spumanti italiani, con una crescita cumulata nei 12 mercati pari a +1% a valore e +6% a volume: Giappone, Stati Uniti e Cina sono i tre mercati che registrano le crescite più dinamiche. Una fotografia di segno opposto, invece, è quella del Regno Unito (-6,6% a valore), Francia (-2,4%) e Australia (-4,4%).

Sul fronte degli acquisti di vini fermi e frizzanti italiani la Germania, dopo un 2024 in negativo, mette a segno un bel recupero (+14,2% a valore), unitamente a Canada, Australia e Brasile, evidenziando performance positive rispetto ad altri mercati come Regno Unito (-8,1%) e Cina (-10,5%).

 

“Il rischio di una contrazione del mercato statunitense potrebbe avere un impatto significativo per l’export vitivinicolo italiano, anche alla luce di un trend nei consumi interni che già da qualche anno mostra segnali di rallentamento. Una sua flessione non potrebbe essere facilmente compensata, almeno nel breve periodo, dalla crescita di altri mercati, che spesso presentano dinamiche di sviluppo più lente e minori capacità di assorbimento. È proprio per questo che diventa fondamentale per le nostre imprese iniziare a guardare con più attenzione a nuove aree geografiche di espansione, diversificando il più possibile i mercati di sbocco. È però necessario essere consapevoli del fatto che il processo di radicamento commerciale al di fuori dei mercati consolidati – come appunto quello statunitense – richiede tempi medio-lunghi, oltre che investimenti mirati e strategie di lungo respiro” – conclude Denis Pantini.

«Modigliana luogo di forte identità, è un caso in Italia, i suoi vini sono unici»

 


Le parole di Nelson Pari, da Londra, incoronano Modigliana come regina del vino in Romagna. Ritorna domenica 7 settembre l’appuntamento annuale con i vini di Modigliana organizzato dalle cantine dell’associazione Stella dell’Appennino

Domenica 7 settembre, dalle 10 alle 19, si svolgerà la rassegna annuale dei vini di Modigliana (FC), organizzata dall’associazione Stella dell’Appennino, quest’anno ospitata nello spazio coperto prospicente il Municipio del piccolo paese d’Appennino, con la collaborazione della Pro Loco e del Comune. «La qualità dei vini di Modigliana è cresciuta negli ultimi anni in modo impressionante, nessuno in Italia ha fatto meglio». Le parole di Nelson Pari, seguitissimo narratore del vino nel mondo anglosassoneaprono il report, in inglese, dedicato ai Modigliana dell’annata 2022 pubblicato su https://nelsonpari.substack.com e sarà proprio Pari a condurre tre master class gratuite dedicate all’annata 2022 che si terranno presso il mercato coperto.

«Siamo impegnati a produrre fine wines, vini di grande pregio. È l’Appennino che ci chiama a questa sfida, siamo un unicum in Romagna e abbiamo lavorato a una narrazione condivisa, un modo per mettere a fuoco un linguaggio comune e territoriale che possa essere la cifra dei Modigliana. Sia per il sangiovese sia per i bianchi. Chi arriverà a Modigliana il 7 settembre troverà nei vini un filo conduttore, l’anima del territorio. Sono speziature e freschezza, agrumi e profumi balsamici»Giorgio Melandri, curatore della manifestazione e produttore con Mutiliana, sottolinea come l’identità sia la chiave del successo di questo territorio.

«Modigliana sta fuori dal perimetro del vino romagnolo consolidato, è un’anomalia felice, un contrattempo che suona sinfonie di elementi sospese nel bosco: è musica, è una benedizione. Modigliana più che con la Romagna dialoga con il resto di quei mondi ridotti ai margini dalla storia, e che a un certo punto della storia rinascono: e chissà perché sono ceneri profumate. Tutti i piccoli pezzettini di quelle ceneri sono importanti ora, vanno raccolti, tenuti insieme, odorati». Così il wine writer Francesco Falcone apre l’introduzione al catalogo, dove ha scritto un ritratto di ogni vignaiolo, sottolineando l’unicità della comunità che produce vino a Modigliana e le caratteristiche uniche del territorio: ancora la forte identità in primo piano.

Il programma della giornata del 7 settembre vede i banchi d’assaggio aperti dalle ore 10 alle 19 (la segreteria chiude alle 18). Si accede ai banchi di assaggio con una erogazione liberale all’associazione di almeno 20 euro. La segreteria consegna calice e catalogo e un braccialetto che permette di assaggiare tutti i Modigliana (da uve sangiovese) e i Modigliana bianco che tanto hanno fatto parlare in questi ultimi anni. Le nove aziende presenti saranno: Casetta dei Frati, Fondo San Giuseppe, Lu.Va., Menta e Rosmarino, Mutiliana, Pian di Stantino, Il Pratello, Il Teatro, Villa Papiano.

Alle 11.30, 15.30 e 17.30 “Tannins don’t lie/I tannini non mentono”, degustazione guidata di Nelson Pari dedicata ai Modigliana dell’annata 2022, presso il Mercato Coperto: Prenotazione direttamente alla segreteria durante l’evento, ingresso gratuito, fino ad esaurimento posti (durata 1 ora).

Tutte le informazioni sono disponibili anche sulla pagina Facebook dell’associazione.