Stasera
cinese o kebab? In Italia il 50% dei piatti etnici è il kebab ed il 40% è di
cucina cinese. E la sicurezza alimentare? Secondo i sondaggi per il 68% degli
italiani il cibo etnico non è sicuro. Peccato che solo il 20% della
ristorazione o take away di cibo etnico sia gestito da stranieri, mentre l’80%
è in mano ad italiani: ed è qui che iniziano i mal di pancia. Cibi nuovi,
problemi nuovi che forse non siamo davvero preparati ad affrontare.
Dalle opinioni alla
scienza il passo non è breve: lo ha fatto l’evento “Le Mani nel Piatto” che ha
riunito nell’Aula Magna di Veterinaria dell’università di Bari i massimi
esperti italiani del settore con la guida del direttore scientifico, il medico
veterinario Michele Polignieri. Ma chi sono i nuovi “guru” tv e internet del
food? “Andrebbe richiamata
l’attenzione dell’Autorità Competente sul rischio che la manipolazione
sia percepita, come una “ability”, un
mero fatto ginnico, legato cioè alla mera maestria di questo o quello
chef, ma svuotato delle peculiari e necessarie proprietà culturali legate al
cibo, che il pubblico pagante richiede – ha fatto notare il dott. Polignieri -
. L’aver delegato, da parte di una fetta dell’opinione pubblica, la garanzia
sul concetto di qualità al favore o
meno di una pattuglia male assortita di “recensori” affollanti il
caleidoscopico orizzonte delle guide ai ristoranti e guida alle osterie in
particolare, espone la salute pubblica lacune, se non sofferenze”.
Ma quali sono i nuovi
cavalli di Troia: gli alimenti. “Col cibo viaggiano anche i rischi tipici
di alcuni sistemi sociali e di determinati areali, Quanto più si tende a
globalizzare, tanto più la tracciabilità e la rintracciabilità deve essere
puntuale, precisa e rigorosa per evitare che i pericoli siano, poi, fonte di
rischio per i consumatori e magari per le fasce più deboli come i bambini, gli
anziani oppur e le donne in dolce attesa. Se si possono accettare nuovi
alimenti, le varie fusion gastronomiche e sensoriali nonché le commistioni di
ingredienti e ricette, non è assolutamente negoziabile – ha affermato il prof.
Alberto Ritieni dell’Università di Napoli - né la sicurezza degli alimenti né
una maggiore esposizione dei consumatori a dei rischi dovuti ad una minore
tracciabilità delle materie prime, e dei prodotti finiti”.
Ma allora è caccia al cibo
straniero? Occhi alle false convinzioni. “Il Paese che noi ha ricevuto il maggior numero di notifiche per non
conformità in materia alimentare è la Turchia, la Cina viene dopo. Però lo
scandalo delle uova è arrivato dall’Inghilterra”, ha evidenziato il prof. Ritieni.
Fra
vere tradizioni etniche e cibi europeizzati, il kebab che è in vetta ai
desideri degli italiani, merita che ci si soffermi un po’ di più. Il doner
kebab è preparato con carni di agnello, manzo e pollame che deve avere il bollo
sanitario e che, una volta impilata nello spiedone, deve rimanere congelata a
-30° fino al momento della cottura, ha detto con forza il prof. Ritieni. Questo
è il kebab (letteralmente arrosto) moderno, quello nato nel XIX secolo perché in
origine era il cibo dei turchi nomadi e gli spiedi erano cotti orizzontalmente
sulle braci, con carni insaporite con yoghurt ed erbe aromatiche.
Ma le tipicità italiane sono esenti da rischi? Si
direbbe proprio di no e, per esempio, la prof.ssa Marilia Tantillo direttrice della scuola di Specializzazione Ispezione degli alimenti
dell’Università di Bari, fra i vari casi ha ricordato anche quello del
sequestro di un punto vendita di ricci di mare sulla costa adriatica.
Ma
perché in Università ci sono ancora le barriere architettoniche? L’atteso
intervento del notissimo Dario Dongo, esperto in Diritto Alimentare founder di Great Italian
Food Trade (G.I.F.T.) è stato possibile solo restando fuori dal tavolo dei
relatori: con la sedia a rotelle non era possibile accedervi. Fra le tante lacune,
non legislative ma nell’applicazione delle leggi, Dongo si è soffermato sulla
scarsa attenzione sugli allergeni. Le etichette varate dal governo Gentiloni?
Secondo Dongo una presa in giro per le aziende, e per noi consumatori, visto
che deliberatamente è stata interrotta la procedura a Bruxelles. Per saperne di
più? Vi suggeriamo di consultare il suo ebook gratuito “1169 Pene” con notizie
aggiornatissime su cibi, controlli e sanzioni.
Ma perché i controlli nella ristorazione non riguardano l’extravergine di
oliva? E dal 2016 che esiste la legge anti rabbocco: vieta di servire a tavola
bottiglie di olio in cui sia stato versato un contenuto diverso da quello
originario. Peccato che – ha concluso la prof.ssa Maria Lisa Clodoveo – finora non
sia mai stata elevata una sanzione. Olio rabboccato, in frode, significa che ha
disperso il suo corredo olfattivo e, soprattutto, le sue proprietà
nutraceutiche.
Ma
chi controlla? Di certo, come ha ribadito il dott. Michele Troiano, direttore Servizio Igiene degli Alimenti di Origine
Animale ASL BA Macroarea Nord, nella sua struttura (e non è una eccezione)
manca il 30% del personale.
Solo repressione? Forse
di organi competenti ce ne sono fin troppi e, di fatto, potrebbe essere più
utile una maggiore formazione di chi – davvero – mette le mani nel piatto e
cioè gli chef, come ha evidenziato il presidente dell’Unione Italiana Cuochi
Michele D’Agostino che rappresenta 2500 associati nella nostra regione.
La curiosità del sapere a
tavola, come ha concluso il presidente di Slow Food Murge Nicola Curci, ha
guidato “Le Mani nel Piatto” e dato molte risposte sulla sicurezza alimentare.
Ora quel seme, piantato con il contributo dell’Associazione “Il Sogno di
Arlecchino”, dovrà essere coltivato.
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