a cura di Patrizia Foglia e Diego Galizzi
ingresso gratuito
Museo Civico delle Cappuccine
Via Vittorio Veneto 1/a - Bagnacavallo (RA)
Dopo Francisco Goya e Max Klinger, il filone espositivo promosso dal Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo
sui più importanti artisti internazionali che hanno saputo esprimere
massimamente la loro grandezza attraverso l’incisione non poteva che
proseguire con Albrecht Dürer (1471-1528).
Il 21 settembre scorso ha aperto al pubblico la mostra Albrecht Dürer. Il privilegio dell’inquietudine (fino al 19 gennaio 2020), organizzata dal Comune di Bagnacavallo e curata da Diego Galizzi e Patrizia Foglia. L'evento espositivo di grande rilievo – con più di 120 opere grafiche
del maestro di Norimberga provenienti da prestigiose collezioni
pubbliche e private italiane – ha già riscosso notevole successo dal
punto di vista del pubblico.
Dürer
è il “padre nobile” del pensiero grafico, colui che ha saputo innalzare
il disegno e l’incisione a espressione artistica non più ancella della
pittura, ma pienamente libera e autonoma. Lo riconosceva lo stesso Max Klinger: «Un’opera
grafica di Dürer non si riferisce né a un quadro replicato, né traduce
sensazioni di colore in forme estranee alla tecnica adottata. È compiuta
in se stessa e definitiva, priva solo di quanto l’idea, eternamente
inarrivabile, rifiuta alle possibilità di ogni artista».
Il progetto espositivo si pone come un invito ad incontrare le diverse anime di Dürer, sia come uomo che come artista.
La sua personalità, il suo spirito e naturalmente la sua arte non sono
semplici da cogliere nella loro unità. La critica lo ha definito ora un
umanista, ora un gotico, ora un artigiano, ora un teorico: la verità è
che non è possibile separare le sue singole anime, era tutto questo
insieme, aveva in sé l’eterna contraddizione che contraddistingue i più
grandi artisti.
«All’interno della narrazione che abbiamo fatto del grande maestro norimberghese – spiega Diego Galizzi, direttore del museo e curatore della mostra – si possono ammirare i più noti capolavori dell’artista come il ciclo dell’Apocalisse, il Sant’Eustachio, il San Girolamo nello studio e Il Cavaliere la morte e il diavolo. La mostra ha il suo punto focale in quell’enigmatico capolavoro che è la Melanconia,
un’opera pregna di intellettualismo fin quasi all’esoterismo, che cela
un vero e proprio autoritratto spirituale dell’artista, giunto alla
melanconica presa di coscienza che un approccio razionale all’arte e al
mondo non può che dare risposte insufficienti.»
È
in una Germania ancora permeata da uno spirito gotico e medievale che
prende il via l’avventura artistica di Albrecht Dürer, un genio
inquieto, un talento dell’arte nordica fatalmente attratto dall’arte
rinascimentale italiana e insolitamente disposto alla ricerca teorica e
scientifica. Non fosse stato per l’influenza dell’intellettuale e amico
Willibald Pirckheimer, probabilmente quest’umile figlio di un artigiano
orafo avrebbe orientato i suoi interessi artistici verso Nord, verso la
lezione fiamminga, come molti altri artisti suoi conterranei. Invece
Pirckheimer lo orientò alla dimensione culturale del nostro
Rinascimento, spalancando la mente dell’artista a ricerche a lui aliene,
in primo luogo quella tesa a carpire i segreti della rappresentazione
dello spazio e della bellezza. Ciò è stato possibile essenzialmente per
un motivo: Dürer, come Leonardo, era un ricercatore universale, continuamente ansioso di produrre cose nuove, aveva, come diceva Carl Gustav Carus, «un anelito incessante verso una perfezione irraggiungibile e un’acuta coscienza di problemi insolubili».
Per Dürer l’arte incisoria fu il mezzo ideale per trasmettere una nuova
iconografia, sacra o profana, un modo modernissimo per dialogare con il
proprio tempo, con la contemporaneità di quel Rinascimento che era
caratterizzato dall’avventura del sapere.
Il taglio che i curatori hanno voluto dare all’allestimento offre al pubblico molto più che una rassegna di opere d’arte, ma un vero e proprio racconto, che procede attraverso dieci sezioni tematiche,
immergendo il visitatore nel visionario sogno di perfezione di un
ragazzo, figlio di un umile orafo di Norimberga, che ha voluto inseguire
il suo desiderio di appropriarsi dei segreti della rappresentazione
della bellezza.
«In stretto collegamento con la mostra – anticipa Galizzi – dal 14 dicembre il museo ospiterà un eccezionale e attesissimo ritorno, quello della Madonna del Patrocinio di Albrecht Dürer,
un vero capolavoro pittorico che dopo 50 anni torna dalla Fondazione
Magnani Rocca alla sede dove si trovava custodita fino al 1969, ovvero
l’ex monastero delle suore Clarisse Cappuccine di Bagnacavallo, oggi museo civico cittadino.»
La mostra Albrecht Dürer. Il privilegio dell’inquietudine è patrocinata dall’Istituto Beni Culturali dell’Emilia-Romagna e sostenuta da Edison Stoccaggio.
La realizzazione della mostra è stata possibile grazie anche all’Art Bonus e per questo il Comune ringrazia la ditta Mixer S.p.A. di Bagnacavallo.
Nessun commento:
Posta un commento