A cura di Franz Gertsch e Tobia Bezzola
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Dal
12 maggio al 22 settembre 2019 il Museo d’arte della Svizzera italiana
celebra uno degli artisti contemporanei svizzeri più significativi,
Franz Gertsch. La mostra ideata dallo stesso artista e
co-curata da Tobia Bezzola, direttore del museo, presenta nove
monumentali incisioni di Franz Gertsch accanto a una selezione di oltre
settanta xilografie di Paul Gauguin ed Edvard Munch.
Franz
Gertsch è stato chiamato a collaborare con il Museo non solo in veste
di artista ma anche come curatore. Questo invito è stato accolto e
rielaborato dall'artista con una sorprendente proposta: quella di presentare
le sue xilografie in dialogo con le opere di coloro da lui considerati
maestri assoluti dell’incisione tra Ottocento e Novecento, Paul Gauguin (1848-1903) e Edvard Munch (1863-1944).
Sebbene questa scelta in un primo momento – per distanza storica e differenze stilistiche – possa risultare singolare, vi sono profonde affinità tra i tre artisti, a cominciare da una comune padronanza della tecnica xilografica e dalla volontà di testarne ed espanderne i limiti. Le xilografie di Gauguin e Munch sono infatti opere di piccolo-medio formato, contraddistinte da linee estremamente espressive e accesi contrasti cromatici. Le monumentali incisioni di Gertsch si presentano invece come vaste superfici monocrome, costellate da una miriade di minuscoli punti di luce.
Come ha dichiarato lo stesso Gertsch: “[…] io mi sento vicino a Gauguin e Munch nel loro approccio estremamente personale alla tecnica xilografica. Tutti e tre abbiamo elaborato un linguaggio molto particolare in questa tecnica. La nostra produzione xilografica è in qualche modo unica”.
Da
un punto di vista tematico nelle opere di Gertsch, Gauguin e Munch
ritroviamo un intenso intreccio di malinconia ed eros, una visione
mistica del paesaggio e della natura, intesa come fonte primordiale di ispirazione, così come un senso di solitudine ed estraneità degli artisti rispetto alla società.
Per tutti e tre gli artisti l’opera incisa è da intendersi come in constante dialogo con l’opera pittorica. Nelle incisioni di Gauguin vengono immortalate quelle scene di vita quotidiana e figure femminili di Tahiti che contraddistinguono le sue tele più celebri. Sono caratterizzate da un aspetto decisamente più oscuro e misterioso, data la predominanza del nero e delle tonalità scure. Nelle xilografie di Munch è possibile riconoscere alcuni dei suoi dipinti più famosi come Il bacio o Ragazze sul ponte. Lo stesso vale per Gertsch che utilizza il medesimo archivio di immagini fotografiche come punto di partenza sia per i suoi dipinti che per le sue incisioni.
Edvard Munch, Ragazze sul ponte [Pikene på broen], 1918
Gauguin incide i blocchi di legno con qualsiasi strumento disponibile: sgorbie, coltelli, carta vetrata, punteruoli e li rielabora continuamente, anche in fase di stampa. Munch scompone le matrici delle sue opere in vari pezzi utilizzando colori diversi per poi ricomporli come un puzzle e procedere con la stampa di un’immagine a più colori in un solo passaggio. Entrambi stravolgono i canoni dell’incisione su legno stabiliti sin dal XV secolo
e lo stesso attua Gertsch quando, nel 1985, decide di sospendere la
produzione dei dipinti realisti di grande formato che lo hanno reso
celebre sin dagli anni Settanta per dedicarsi all’esplorazione della
tecnica xilografica.
Come i suoi predecessori, Gertsch
elabora un procedimento rivoluzionario per creare le sue incisioni
evitando del tutto la linea: l’artista incide sulla matrice una trama
fittissima di punti che determina le zone luminose e la cui modulazione
permette all’immagine di delinearsi. Date la meticolosità della
tecnica e le dimensioni monumentali delle matrici, la realizzazione di
ogni xilografia richiede all’incirca un anno di lavoro. Da ogni matrice
Gertsch realizza esemplari di tonalità diverse con inchiostri da lui
stesso preparati e stampati su enormi fogli di carta appositamente
realizzati da un cartaio giapponese: il risultato di questo laborioso
procedimento è un insieme di opere immersive che offrono un’esperienza
visiva unica e invitano alla contemplazione.
La mostra nasce dal desiderio di celebrare la straordinaria carriera di uno dei principali esponenti dell’arte svizzera in vista del suo 90esimo compleanno,
che si inserisce nella serie di esposizioni che il MASI quest’anno
dedica alla storia dell’arte elvetica: inaugurata con il progetto
dedicato al Surrealismo svizzero, si concluderà con uno sguardo rivolto
alla produzione contemporanea di più stretta attualità, grazie alla
monografica di Julian Charrière, classe 1987, prevista per il prossimo
autunno.
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