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lunedì 28 settembre 2020

Terre del Faet – Cormòns (GO)

 



L’azienda Terre del Faet è una piccola ed interessante realtà vinicola situata a Cormòns nell’area del Collio Goriziano, in una zona da molti considerata una delle aree più vocate d’Italia per la produzione di vini bianchi grazie alla particolarità del suo microclima ed alla composizione del terreno, un suolo di marne argillo-sabbioso, chiamato ponka, che permette di ottenere vini di ottima struttura e sapidità.

Andrea Drius, il proprietario, è un giovane e promettente vignaiolo che ha voluto proseguire la tradizione familiare iniziata dai nonni negli anni cinquanta del novecento quando, dopo il lavoro come mezzadri, acquistarono un piccolo vigneto di due ettari posto nella zona del Faet ai piedi del monte Quarin. L’anno 2012 è una data professionalmente importante per l’azienda: escono sul mercato, dopo alcuni anni di studio e di sperimentazione, le prime bottiglie con l’etichetta Terre del Faet ed i vini di Andrea ricevono significativi apprezzamenti.

Attualmente la superfice aziendale, di cinque ettari, comprende anche le piccole porzioni di terreno nelle zone di Pradis e Subida. I vigneti sono inseriti in un bellissimo paesaggio naturale arricchito dalla presenza di siepi, prati e boschetti (come ricordano anche i toponimi “Faet” –faggeto - e “via Bosc di Sot”) elementi che contribuiscono a garantire la biodiversità di un’area agricola che mantiene comunque la sua connotazione rurale, fortunatamente ancora poco antropizzata.

Nelle vigne dell’azienda, dove sono presenti anche vecchie viti di 50-60 anni di età, le varietà autoctone a bacca bianca che vengono coltivate sono il Friulano che rappresenta la parte maggioritaria della produzione, seguito da uve di Malvasia Istriana, Pinot Bianco ed una piccola parte di Ribolla Gialla. Andrea mi spiega che quest’ultima varietà predilige esposizioni in altitudine e a sud, mentre la microzona di Pradis è particolarmente vocata per la coltivazione del vitigno una volta chiamato Tocai, e che ora per legge è chiamato Friulano, un vitigno da sempre molto amato dalla gente del Friuli.

Le uve a bacca rossa sono di Merlot, una varietà internazionale presente in Friuli sin dalla fine dell’Ottocento.

Andrea Drius segue personalmente la nascita del vino, dal vigneto alla cantina. Le operazioni colturali sono svolte nel massimo rispetto di suolo e ambiente, “perché il vino nasce in vigna”. Una affermazione che potrebbe sembrare banale ma che in realtà rappresenta una parte importante dell’intero processo di trasformazione che inizia con la cura e la custodia dei vigneti, dei quali bisogna saper riconoscere le diverse caratteristiche e peculiarità, quali esposizione, condizioni pedoclimatiche, composizione del terreno.

E’ importante, ad esempio, saper valutare dove è preferibile praticare l’inerbimento, lasciando crescere le erbe spontanee, e dove seminare le essenze del sovescio così come lo è saper osservare attentamente i cicli della natura. Potatura, defogliazione, selezione dei grappoli, vendemmia, sono lavorazioni gestite manualmente. La base dei trattamenti anti parassitari è costituita da rame e zolfo e la concimazione organica avviene in autunno. Anche la resa per pianta è bassa; un numero ridotto di grappoli permette di ottenere il giusto grado di equilibrio ed una buona qualità ed espressività del frutto.

Altrettanto importante della cura delle piante è la salute del suolo; un terreno vivo, fertile, ben aerato

consente alle radici, che necessitano di ossigeno per respirare, di scendere in profondità. Il radicamento profondo consentirà di trasmettere i sapori del terroir e di evitare in estate lo stress idrico della vite.[1]

Considerata l’importanza di preservare l’apparato radicale in presenza di vecchie viti non più produttive, in azienda viene praticato il sovrainnesto con una nuova barbatella.

In cantina, ”non ci sono particolari segreti”. La prima condizione è avere grappoli sani, raccolti quando sono perfettamente maturi, dopo di che si procede con la vinificazione di ogni singola varietà al fine di esaltare i precursori aromatici di ciascun vitigno.

Le uve vengono sottoposte ad una pressatura soffice senza essere diraspate.

La fermentazione avviene in modo spontaneo; per qualche vasca, se necessario, si possono utilizzare lieviti selezionati neutri. Con Andrea discutiamo sui ruolo dei lieviti in vinificazione. Per gli appassionati e gli esperti la discussione - se sia preferibile o meno utilizzare unicamente quelli naturalmente presenti sulle uve ed in cantina - rimane aperta. Sarà il degustatore a giudicare la qualità. Importante, come sostiene anche Andrea, “è agire con equilibrio e sensibilità in ogni fase della lavorazione”. Il mosto fermenta a temperatura controllata e rimane a contatto con le proprie fecce fini per diversi mesi; in questo modo il vino si arricchisce ed acquista complessità. Prima dell’imbottigliamento, affina in contenitori di cemento vetrificato, di acciaio inox ed una piccola parte in botticelle di rovere. La solforosa aggiunta è minima.

La produzione, circa 28.000 bottiglie di elevata qualità e dai caratteri fortemente identitari, è suddivisa nelle seguenti tipologie: Collio Friulano (100% Friulano), Collio Bianco del Faet (Friulano 80%, 15-20% Malvasia ed minima parte Ribolla Gialla), Collio Malvasia (100% Malvasia Istriana), Collio Pinot Bianco (100% Pinot Bianco) e Rosso del Faet 100% da uve Merlot.

La degustazione del Collio Friulano delle annate 2013, 2018, 2019, ha dimostrato il potenziale evolutivo di questo vitigno dai caratteri varietali ben definiti, in particolare il profumo della mandorla e del nocciolo di pesca; vini con una buona morbidezza ed una elegante sapidità finale. Il Friulano 2013, una delle ultime bottiglie conservate in cantina, si esprime con una buona freschezza e con una rotondità vellutata. Il Friulano 2018 ha un esordio olfattivo intenso, con sensazioni di agrumi canditi, profumi di erbe officinali, di nocciole e mandorle, tracce speziate di zafferano e miele. Avvolgente, morbido con una fresca vena acida ed una rilevante sapidità. Il Friulano 2019, in bottiglia da poco più di mese, ha un olfatto caratterizzato da note vegetali di salvia, mentuccia, erba Luisa; all’assaggio il sorso è fresco e sapido con un percorso in crescita.

Interessanti e degni di nota anche gli altri vini della batteria, tralascio in questo scritto le note tecniche ed il linguaggio della degustazione professionale; le sensazione che mi hanno maggiormente colpita si possono riassumere con queste parole: morbidezza in bocca, pulizia di gusto, sapidità e persistenza aromatica. L’invito è a degustarli mettendo possibilmente a confronto annate diverse per poter cogliere le differenze gustative che sono anche il racconto dell’andamento stagionale, della pioggia, delle giornate di sole, della mano dell’uomo che con fatica e dedizione lo ha accompagnato nel suo percorso. Un percorso personale capace di dare emozioni

“….dal vino cerco continuamente di imparare la potentissima debolezza della poesia e dei suoi processi. Bere vino è un atto poietico e pratico insieme, come farlo”[2].

I vini bianchi di questa regione sono molto apprezzati anche per la loro longevità, un potenziale qualitativo che Andrea vuole far emergere nella sua produzione perché, come ribadisce, è importante assecondare il tempo, non avere fretta di bere un vino ancora giovane.

Il processo di trasformazione, grazie anche al lavoro di qualità, sarà in grado di donare ai vini di terroir espressività, particolari sfumature aromatiche e complessità gustativa.

Andrea Drius appartiene alla nuova generazione di viticoltori che sono sempre più sensibili alle tematiche ambientali per un progetto agricolo di grande rilevanza culturale che vuole favorire lo sviluppo di pratiche viticole ecosostenibili: difesa del suolo, rispetto delle piante e degli ecosistemi e valorizzazione della specificità di un territorio, anche mediante una produzione qualitativamente elevata. Prendersi cura di ambiente e salute, come afferma Carlo Petrini,

non pregiudica il risultato produttivo, anzi lo migliora senza stressare terreni e vegetazione[3].

Il mondo del vino sta vivendo un momento di grande popolarità; sempre più persone ne subiscono il fascino; una passione decisamente in espansione grazie al contributo di una comunicazione specializzata, una comunicazione di massa favorita anche dai social network, dalle molte manifestazioni e fiere di settore e dall’enoturismo; un nuovo modo di pensare al vino, ad una viticoltura di eccellenza, che dia anche valore al lavoro dei produttori. E’ la ricerca, da parte di gastronomi appassionati, di vini del territorio che assecondano l’annata, realizzati da vignaioli che ne seguono l’intero processo produttivo dalla vigna alla cantina, “per dare un’impronta personale al vino”, come sostiene anche l’associazione viticoltori indipendenti “FIVI” di cui Andrea è socio.

Il legame fra la natura, la storia, la valorizzazione e la promozione del Territorio del Collio anche al di fuori dei confini nazionali, sono valori che, se condivisi con gli altri produttori, possono rappresentare non solamente un motivo di aggregazione, ma anche una crescita personale e professionale. Andrea mi illustra l’ambizioso progetto, in fase di realizzazione, nato con lo scopo di valorizzare al meglio questo terroir mettendo in primo piano la tipologia Collio BIANCO al quale aderisce assieme ad altri produttori; una qualità superiore che sarà portavoce della viticoltura del luogo. L’uvaggio, rispetto all’attuale disciplinare di produzione, sarà composto dalle sole varietà autoctone di Friulano, Malvasia Istriana e Ribolla Gialla. Per questo grande vino è stata appositamente disegnata un’etichetta comune, con la menzione “Collio” in evidenza seguita dal nome del produttore o della cantina.

La visita alla cantina ed alle vigne delle Terre del Faet è il racconto di Andrea Drius, della sua passione per il lavoro intrapreso con l’obiettivo di esprimere i valori territoriali e culturali, unita a conoscenza, competenza e consapevolezza. Un incontro felice del vino nel suo territorio di origine, con la testimonianza di chi lavora e custodisce la terra, un messaggio di autenticità che ritroviamo nel bicchiere.

 

Antonella Pianca

 

 

Fotografie di Antonella Pianca e Giovanni Damian ©2020

Per approfondire:

·           Claude e Lydia Bourguignon, Il suolo, un patrimonio da salvare, Slow Food Editore, Bra (CN), 2004

·           Nicola Perullo, Epistenologia – Il vino e la creatività del tatto, MIM Edizioni srl, Sesto san Giovanni (MI), 2016

·           Carlo Petrini, Buono, Pulito e Giusto, Giunti Editore, Milano & Slow Food Editore, Bra (CN), 2016

 

 

 

 



[1] Claude e Lydia Bourguignon, Il suolo, un patrimonio da salvare

[2] Nicola Perullo, Epistenologia – Il vino e la creatività del tatto

[3] Carlo Petrini, Buono, Pulito e Giusto

 

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