L’istituto
di ricerche di mercato ha realizzato uno studio sul territorio ducale,
rappresentato
da 6 filiere:
Parmigiano Reggiano,
Prosciutto di Parma, pasta (Barilla), pomodoro (Mutti e Rodolfi), latte
(Parmalat) e alici (Delicius, Rizzoli e Zarotti)
Il fatturato
della Parma Food Valley è di oltre 11 miliardi di euro, di cui 5 derivanti
dall’export.
E proprio
sulle esportazioni emerge come gli Stati Uniti
sono il
paese con la maggior crescita nell’ultimo anno (+21,7%).
Più del 50%
riconosce l’eccellenza dei prodotti delle filiere,
ma solo il
43% conosce il brand Parma Food Valley
Parma, 26 marzo 2025 – Tra i 5 prodotti gastronomici
che meglio rappresentano il nostro Paese nel mondo, il 27% degli italiani
cita spontaneamente una filiera della Parma Food Valley, all’interno di un
territorio conosciuto dal 43% degli intervistati. E in generale, più del 50%
riconosce il valore di eccellenza dei prodotti della Parma Food Valley. Sono
alcuni degli spunti emersi da una ricerca Ipsos su Parma Food Valley, il
territorio rappresentato da Fondazione Parma Creative City of Gastronomy
UNESCO che racchiude 6 tra le più importanti filiere dell’agroalimentare
italiano: Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, pasta (Barilla),
pomodoro (Mutti e Rodolfi), latte (Parmalat) e le alici (Delicius, Rizzoli e
Zarotti). La Fondazione è stata costituita nel 2017, a seguito della nomina
di Parma a Città Creativa UNESCO per la Gastronomia, avvenuta nel dicembre 2015.
E oltre alle filiere, è affiancata dai partner istituzionali come il Comune
di Parma, la Camera di Commercio dell’Emilia, l'Unione Parmense degli
Industriali, l'Università di Parma e Fiere di Parma, con il coordinamento di
Parma Alimentare.
L’ente di ricerca ha condotto uno studio sulla
conoscenza e l’apprezzamento del marchio Parma Food Valley in Italia. Sono
state 1.246 le interviste realizzate su una popolazione dai 18 ai 74 anni
ben suddivisa per occupazione (il 58% lavora) e stato di famiglia (il 55% si
dichiara convivente, il restante 45% o vive da solo o con famigliari/amici),
mentre per quanto riguarda il tasso di istruzione il 22% ha raggiunto la laurea.
In chiusura, il 48% degli intervistati è stato intercettato nel Nord, il 18 al
Centro e il restante 34% tra Sud e isole.
I DATI
ECONOMICI DELLE 6 FILIERE DELLA PARMA FOOD VALLEY
La ricerca è stata
effettuata su un’area di grande rilievo dal punto di vista economico. Nel 2023
(ultimo dato complessivo disponibile) le 6 filiere hanno sommato un
fatturato al consumo di oltre 11 miliardi di euro. Le due Dop - 3,05
miliardi per il Parmigiano Reggiano; 1,7 per il Prosciutto di Parma - e Barilla
(4,9) rappresentano la fetta maggiore, seguiti dal pomodoro (quasi 800 milioni
di euro), latte (720) e le alici (135 milioni) in un settore di cui Parma è
leader e che attraverso le tre aziende rappresenta più del 70% delle acciughe
consumate in Italia. Un territorio, quello della Parma Food Valley, che
fa dell’export un fiore all’occhiello: sul fatturato complessivo, circa 5 miliardi
(il 44%) derivano dalle esportazioni. Secondo i dati pubblicati da UPI
(Unione Parmense degli Industriali), basati sui report Istat dei valori alla
produzione, quello ducale rappresenta il 5% dell’intero export alimentare
italiano, cifra che sale al 32% se riparametrata sull’Emilia-Romagna. E in
una situazione geopolitica minacciata dai dazi, è possibile analizzare
anche i Paesi più importanti. Se Francia e Germania sono ai primi due posti,
nell’ultimo anno sono stati proprio gli Stati Uniti a registrare la maggior
crescita sull’export con un +21,7% rispetto al 2023, seguiti dal Canada
(+21,1%), Spagna (+19,1%) e Regno Unito (+15%). Più in generale, dal 2015
l’export della Parma Food Valley è sempre cresciuto, arrivando in 10 anni a
sfiorare il +100%. Mentre per quanto riguarda le importazioni, gli USA non
compaiono nei primi 20 posti di una classifica guidata dalla Spagna. Infine dal
punto di vista occupazionale l’agroalimentare parmense può vantare 1.052
aziende sfiorando i 15.000 addetti.
GLI
SPUNTI DELLA RICERCA IPSOS E LE INTERVISTE AGLI CHEF
All’interno
dello studio, Ipsos ha intervistato anche gli chef di 13 ristoranti stellati
(suddivisi tra Nord, Centro e Sud) come punto di riferimento del ‘fine
dining’ per la parte qualitativa della ricerca. Giuseppe Causarano, una
stella con il ‘Votavota’ di Ragusa, e Davide Oldani (2 Stelle al D’O di
Cornaredo) hanno enfatizzato: «Solo in Italia ci poteva essere una Food Valley di questo tipo, dal
prodotto fresco alla produzione industriale di grande qualità. Siamo un grande
popolo che lavora per la valorizzazione della qualità dei nostri prodotti in
Italia e nel mondo». Una conferma arrivata anche dagli oltre 1.200
intervistati: negli aspetti più rilevanti a guidare gli acquisti, il 63%
mette al primo posto la qualità e il 52% il gusto. Ma nella ricerca
emergono anche punti di miglioramento. E tra questi c’è il focus
principale di Fondazione Parma Creative City of Gastronomy UNESCO, ovvero
promuovere la conoscenza di Parma Food Valley. Pur avendo prodotti unici in
tutto il mondo, più della metà degli intervistati non conosceva il brand. Un
potenziale inespresso ribadito anche dallo chef Luca Marchini (1 Stella
con l’Erba del Re a Modena): «Parma Food Valley ha posto le basi per una
riconoscibilità della zona, ma spesso in Italia la conoscenza è superficiale».
Massimo Spigaroli, presidente Fondazione Parma
Creative City of Gastronomy UNESCO: «La ricerca Ipsos offre degli spunti interessanti per
valorizzare ancora di più Parma Food Valley. In un momento simile,
caratterizzato anche a livello internazionale da una conflittualità politica ed
economica, è ancora più importante sottolineare l’importanza di un ente che
invece è stata capace di fare sistema. Attraverso questa occasione lavoreremo
ancora di più per far conoscere l’eccellenza dei nostri prodotti, in una
valorizzazione in grado di far crescere consorzi, aziende e territorio».
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