La Regione Marche, il Ministero per i Beni e le Attività culturali, il Comune di Fabriano e Anci Marche presentano la mostra La luce e i silenzi: Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento a
cura di Anna Maria Ambrosini Massari e Alessandro Delpriori, che
coinvolgerà non solo la Pinacoteca Civica Bruno Molajoli di Fabriano, ma
anche due evidenze storico-artistiche molto importanti della città, il
Duomo e la Chiesa di San Benedetto.
L’esposizione fa parte del progetto Mostrare le Marche,
nato dal protocollo d’intesa fra la Regione, il Mibac, l’Anci Marche,
la Conferenza Episcopale e i Comuni di Macerata, Ascoli Piceno, Fermo,
Loreto, Matelica e Fabriano per promuovere la conoscenza e lo sviluppo
dei territori colpiti dal sisma del 2016. La mostra è l’ultima di un
ciclo di 5 grandi mostre che hanno già interessato le città di Loreto,
Macerata, Ascoli Piceno, Fermo, Matelica. Ora è Fabriano e il suo territorio a raccontare un altro grande artista - Orazio Gentileschi -
che lavorò e soggiornò nelle Marche nel secondo decennio del Seicento,
puntando i riflettori sulla sua attività marchigiana con importanti scoperte, confronti, anche inediti, e un ulteriore approfondimento del rapporto di Gentileschi con Caravaggio e l’influenza che questo suo caravaggismo ebbe sulla regione.
Fabriano,
per la sua posizione e la sua storia è universalmente riconosciuta come
osservatorio speciale e privilegiato sui fatti artistici che, a partire
dalle Marche, hanno avuto poi un impatto ben più vasto. Dopo
l’esposizione su Gentile da Fabriano nel 2006 e il prestigioso
riconoscimento ricevuto dall’Unesco, la città ospita un’altra grande
mostra sulla figura e l’attività di Orazio Gentileschi, pittore commovente, caravaggesco elegiaco e limpido, che rivela uno speciale focus nel momento fabrianese e marchigiano.
La
mostra infatti riunisce i capolavori realizzati tra Ancona (1606-1607),
con quelli del periodo fabrianese (1613-1619), la sublime Circoncisione e Fabriano, con La Vergine del Rosario oggi nella Pinacoteca Civica, la Visione di Santa Francesca romana oggi a Urbino (Galleria Nazionale delle Marche), l’intensa Maddalena
per l’Università dei Cartai, nucleo di una stanza tematica in cui
Gentileschi viene messo a confronto con Guerrieri, il grande
caravaggesco marchigiano cui è riservata una mostra nella mostra,
Baglione, Turchi, Valentin, Vouet, Cagnacci e molti altri.
Infine, le opere della Cattedrale di San Venanzio, tra cui la Crocefissione,
e della Chiesa di San Benedetto, contesti ricchissimi, sono parte
integrante del progetto e del percorso espositivo e riflettono, a
gradazioni diverse, la conversione caravaggesca dell’artista.
Quest’ultima
rappresenta un tema focale della mostra e di grande suggestione, la cui
analisi viene proposta per la prima volta in relazione alle Marche,
terra dove Caravaggio è grande assente in quanto ad opere, se pur
documentate, ma presentissimo nel lascito di Gentileschi e compagni.
La
mostra, anche grazie a novità di opere e documenti, alcuni
sorprendenti, sia per quanto riguarda Gentileschi che per altri
protagonisti, allarga l’indagine sul territorio per gettare luce su
incontri, incroci e incidenze dei numerosi artisti che, nel ‘raggio di
Caravaggio’, ne hanno diffuso la dirompente novità in territorio
marchigiano.
Una novità-curiosità accattivante, che si deve alla giovane ricercatrice di Sassoferrato Lucia Panetti è quella che riconosce il volto di Artemisia, nota figlia del pittore e grande pittrice, all’epoca quattordicenne, nella Circoncisione di Ancona: tra gli angeli nel cielo il suo ritratto è nelle vesti di Santa Cecilia che suona l’organo portativo.
Si
riuniscono in questa occasione brani altissimi del filone caravaggesco
nelle Marche, a partire dalle opere del protagonista marchigiano per
eccellenza del settore, Giovan Francesco Guerrieri al quale è riservata particolare attenzione, quasi una mostra nella mostra, e altrettanto rilievo avrà l’opera del romano Giovanni Baglione, folgorato da Caravaggio del quale diventerà poi acerrimo nemico, artista che fu molto attivo per le Marche.
Notevoli e diversificate le presenze che mostrano la fatale influenza del genio del Merisi anche in questa parte d’Italia: da Alessandro Turchi a Valentin de Boulogne, da Bartolomeo Manfredi ad Antiveduto Gramatica, da Giovanni Serodine ad Angelo Caroselli, fino a Carlo Bononi, la cui pala realizzata per il monastero delle clarisse cappuccine ed oggi a Brera, tornerà per la prima volta a Fabriano dopo le spoliazioni napoleoniche del 1811.
La
mostra vuole anche dimostrare come ci siano state presenze altrettanto
preziose tra coloro che hanno fatto da contrappunto alla diffusione del
linguaggio caravaggesco, mostrandone l’impatto ma con un’inflessione più
classicista, tra Bologna e Roma, come in Giovanni Lanfranco, Simone Cantarini, Guido Cagnacci, Giuseppe Puglia, Girolamo Buratti o nel dibattersi di due anime e due epoche, come in Pomarancio, Andrea Lilli e Filippo Bellini.
L’esposizione La luce e i silenzi: Orazio Gentileschi e la pittura caravaggesca nelle Marche del Seicento
ha voluto instaurare un rapporto forte con il territorio e con il
caravaggismo che attraversò la regione, per questo rappresenta
un’occasione unica per ammirare opere emblematiche di un momento fra i
più memorabili della storia dell’arte, con uno slancio verso la
modernità mai visto prima, che ha aperto la porta alle emozioni, alla
loro forza vitale e drammatica, al loro dibattersi profondo che è ancora
il nostro.
La mostra si avvale di un prestigioso comitato scientifico,
del quale fanno parte alcuni dei massimi esperti dell’argomento, tra
cui Gianni Papi, Daniele Benati, Raffaella Morselli e Keith
Christiansen.
Con il biglietto della mostra inoltre sarà possibile visitare fino al 3 novembre anche un’altra esposizione in corso a Camerino Dalla polvere alla luce: l’arte recuperata
promossa dall’Arcidiocesi di Camerino - San Severino Marche e dal
Comune di Camerino e realizzata con il contributo della Regione Marche.
La mostra è allestita in parte nella Chiesa del Seminario, unica chiesa
agibile di Camerino, e in parte nell’adiacente deposito attrezzato “Venanzina Pennesi”,
che è aperto al pubblico per l’occasione grazie al finanziamento della
Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche. È un
piccolo, ma preziosissimo spazio dove sono state accolte e rese fruibili
circa trenta opere, recuperate grazie anche ai Carabinieri del Nucleo
Tutela Beni Culturali e ai Vigili del Fuoco, che si sono adoperati con
tenacia e determinazione per mettere in salvo le opere d’arte della
città di Camerino e del territorio dell’Arcidiocesi.
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