La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni annuncia una nuova grande mostra, che aprirà al pubblico il prossimo 7 dicembre negli spazi di palazzo Montani Leoni, nel cuore di Terni (fino al 7 aprile 2024). Dopo il successo riscosso dalla mostra “Dramma e passione. Da Caravaggio ad Artemisia Gentileschi”, con oltre 26 mila visitatori, la Fondazione Carit ha scelto di concentrarsi su un tema molto caro alla città di Terni: l’Amore. Concepita come omaggio a San Valentino (III-IV sec.), protettore degli innamorati e patrono di Terni, la rassegna propone un avvincente racconto che raccoglie le iconografie più note e appassionanti dedicate al sentimento che ha maggiormente ispirato gli artisti nel corso dei secoli. Dall’amore più puro, come quello di una madre per il proprio figlio, all’amore seducente, in cui per secoli Venere e Cupido hanno sedotto e condannato i cuori di uomini e donne, fino alle relazioni più problematiche e ambigue descritte dagli artisti del Novecento, il visitatore potrà immergersi in un percorso ricco di storie ed emozioni.
La mostra “AMARSI. L’Amore nell’Arte da Tiziano a Banksy”, a cura di Costantino D’Orazio, con la co-curatela e direzione di Anna Ciccarelli e con la collaborazione di Federica Zalabra, ha l’obiettivo di indagare l’iconografia del sentimento d’amore nella storia, dall’Antichità fino al XXI secolo, grazie ad una serie di opere che affrontano le principali declinazioni di questo tema, che ha attraversato tutta l’arte in ogni tempo. Dalla mitologia greca e romana, attraverso le icone dell’amore spirituale medioevale, fino al recupero dell’Antico in epoca Rinascimentale, la sua trasformazione nel Barocco e lo sguardo nostalgico nell’Ottocento, l’Amore ha potuto fare affidamento su una serie di immagini e storie che soltanto nel Novecento cominciano ad essere messe in discussione. Nella mostra, questa metamorfosi dello sguardo sarà raccontata in circa 40 opere, tra pittura, scultura e ceramica.
Un nuovo capolavoro nella Collezione d’Arte della Fondazione Carit
La mostra AMARSI sarà l’occasione per presentare per la prima volta al pubblico l’ultima opera acquisita dalla Fondazione Carit: una delle versioni più raffinate del dipinto “Venere e Adone” (1554 circa) della bottega di Tiziano Vecellio. Nella scena, tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, il giovane Adone abbandona la dea Venere che si torce disperata nel tentativo di trattenerlo. Il richiamo della caccia è più forte dell’Amore che dorme placidamente sullo sfondo, sotto un albero. È l'alba, ma il cielo nuvoloso sembra presagire il dramma che tra poco avverrà: Adone verrà ucciso da un cinghiale, dal suo sangue nascerà il fiore dell’anemone.
Soggetto replicato più volte dalla bottega di Tiziano, sotto la supervisione del maestro, “Venere e Adone” arriva a Terni, che entra così a far parte di un circuito che collega la città a New York (Metropolitan Museum), Londra (National Gallery), Los Angeles (Getty Foundation), Washington (National Gallery) e Madrid (Museo del Prado), dove sono conservate alcune delle tele gemelle.
Il genere umano non ha espresso l’Amore sempre nello stesso modo. Le storie d’amore raccontate da Ovidio nelle Metamorfosi per secoli sono state fonte inesauribile di immagini e racconti coinvolgenti, mentre oggi sono considerati miti forse meno adatti a raccontare il nostro modo di esprimere questo sentimento. Il trasporto che spesso suscita il desiderio nel corso del tempo è stato assecondato, represso o controllato, ma in ogni epoca ci sono sempre state opere d’arte in grado di rappresentare questi diversi atteggiamenti. Assieme alla letteratura e, forse in maniera ancora più iconica e pregnante, l’Arte costituisce uno strumento perfetto per conoscere l’antropologia dei sentimenti e capire come sia cambiato il nostro rapporto con essi. L’Amore, senza dubbio, occupa il posto principale in questa vicenda secolare: quello passionale vissuto in gioventù, quello impossibile e scandaloso vissuto tra gli dei e gli uomini, quello tragico e quello eterno, come l’amore di una madre per i propri figli. Dall’Antichità fino al XX secolo è possibile individuare delle icone che, più di altre immagini, sono in grado di esprimere come il sentimento d’amore sia stato avvertito, raccontato e rappresentato.
IL PERCORSO
L’esposizione si apre con un omaggio a San Valentino, protettore degli innamorati e patrono di Terni, che compare nel dipinto attribuito a Giambattista Volpato raffigurante San Valentino battezza santa Lucilla (Museo Civico, Bassano del Grappa), copia della grande opera di Jacopo Bassano, nel quale il giovane sacerdote restituisce la vista alla ragazza, a seguito della sua conversione al Cristianesimo. È uno dei tanti miracoli del santo, noto soprattutto per aver protetto coppie di innamorati ostacolate nella possibilità di vivere liberamente il loro sentimento.
La mostra prosegue presentando le opere in ordine cronologico: nella sezione archeologica sfilano i due protagonisti principali dell’Amore pagano, Venere e Cupido. A Terni arrivano la Venere di Ocriticum (Museo Archeologico Nazionale d’Abruzzo, Chieti) e due splendide ceramiche in cui Eros volteggia corteggiando una figura femminile allo specchio (Fondazione Sicilia).
Con la caduta della civiltà romana, oltre alla geografia politica anche l’espressione dell’Amore subisce un brusco cambiamento. Banditi i gesti più espliciti e le pose più trascinanti, il sentimento viene sublimato nell’ottica religiosa dell’amore sponsale tra Dio e gli Uomini. Un sentimento luminoso che perde qualsiasi accezione passionale e si traduce delle numerose rappresentazioni di Madonne con bambino che percorrono l’Europa intera: in mostra sarà rappresentata la scuola umbra di Pinturicchio con la Madonna con bambino della Fondazione Perugia, che si confronta con il raffinato fronte di cassone nuziale istoriato in prestito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia e con una delicata e intima Vergine con bambino di stampo raffaellesco. Queste scene così pure e castigate aprono le porte alle figure più sensuali e provocanti concepite da alcuni tra i maggiori maestri del Cinquecento, come Dosso Dossi - in mostra il dipinto Psiche abbandonata da Amore (Unicredit Banca), nato in una Ferrara godereccia e al contempo neoplatonica - e Tintoretto, dalla cui bottega veneziana emerge un’elegante rappresentazione di Venere con le tre Grazie (Museo Nazionale di Capodimonte, in deposito presso la Camera dei Deputati), inno all’Amore ispirato all’armonia della Natura, fino al fiammingo Frans Floris, che rappresenta una raro abbraccio tra Adamo ed Eva mentre si consuma il Peccato Originale (Gallerie degli Uffizi).
Nel Seicento, gli artisti attingono in modo ancora più profondo e sperimentale alle vicende narrate nell’Antichità, saccheggiando soprattutto le Metamorfosi di Ovidio, che per secoli resteranno il testo di riferimento per l’iconografia dei sentimenti. Ne è prova la Diana e Callisto del Cavalier d’Arpino (BNL) – descritte nel momento in cui la dea scopre che la sua ninfa è scandalosamente incinta del figlio Arcade - o l’Allegoria dell’Amore rifiutato di Guido Reni (Pinacoteca Capitolina, Roma), di recente attribuzione, che in mostra anticipano l’irresistibile fascino del Cupido, Venere e Marte, straordinario capolavoro di Guercino, in arrivo dalla Galleria Estense di Modena. In questo celebre dipinto, l’invenzione del gesto di Cupido, che punta la freccia verso lo spettatore, rappresenta uno dei primi tentativi di ridurre in modo esplicito la distanza tra lo spettatore e le figure rappresentate, in un dialogo inedito, che trasforma noi spettatori nelle vittime prescelte dal dio dell’Amore.
I rimandi caravaggeschi dell’Amor vincit omnia di Giovan Giacomo Sementi (Fondazione CARISBO), della Venere e Adone di Domenico Fiasella (Crédit Agricole) e la drammatica scena in cui Vulcano fabbrica la frecce di Cupido di Alessandro Tiarini (Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia), la pittura barocca più raffinata è rappresentata da un affresco riportato di Guercino in cui Cupido attira l’attenzione di Venere (Accademia di San Luca), da un tenero Cupido dormiente dipinto su tela da Guido Reni (Galleria Corsini, in deposito presso la Camera dei Deputati), in cui emerge la natura fanciullesca della divinità più impertinente e imprevedibile dell’Olimpo.
Il rigore neoclassico trasforma Amore in un personaggio più quieto ed equilibrato, persino dolce nella sua innocenza, come compare nelle tele di Antonio Canova, in cui Venere e Cupido si scambiano teneri gesti d’affetto, quali quelli tra una madre e un figlio (Museo Canova, Busseto). Si tratta di alcune tra le ultime scene mitologiche della mostra, che con l’Ottocento si immerge nell’immaginario romantico di Francesco Hayez, con cui l’Amore diventa un sentimento intrecciato con le istanze patriottiche del Risorgimento. Così accade nel celebre Bacio, di cui a Terni sarò esposto il bozzetto ad acquerello (Pinacoteca Ambrosiana) e lo studio dei Vespri siciliani (BNL), in cui l’Amore ispira gesti di grande impegno civile per la libertà.
Nell’ultima parte della mostra, dedicata al XX e XXI secolo, vengono messi in discussione tutti i principi d’Amore raccontati in precedenza. Dallo sguardo interrogativo della moglie di Giacomo Balla, ritratta dal marito nel Dubbio (Galleria Comunale d’Arte Moderna, Roma) all’abbraccio d’addio di due enigmatici manichini che Giorgio De Chirico identifica come Ettore e Andromaca (Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea), il Novecento trascina l’Amore in una dimensione sempre più problematica, riflettendo anche in questo sentimento le inquietudini dell’epoca. Non basta nemmeno la falcata eroica dell’Angelo ribelle su fondo giallo di Osvaldo Licini (Museo del Novecento, Milano) a restituire una visione più dolce di questo sentimento, che Mario Schifano rappresenta nei colori squillanti di cuori prodotti dai passi di un moderno Pegaso, Alberto Burri indaga proponendo una serie di segni erotici dedicati a Saffo, mentre Bansky affida allo sguardo inerme di una bambina a cui il vento ha sottratto un palloncino a forma di cuore (Balloon Girl, Collezione d’arte Fondazione Carit: un’immagine controversa, che non lascia indifferenti e chiude questa mostra, un invito ad trovare la forma più idonea a ciascuno di noi per amarsi.
La mostra sarà accompagnata da un catalogo pubblicato da De Luca Editore con testi di Stefania Auci, Anna Ciccarelli, Costantino D’Orazio, Angelo Mellone e Federica Zalabra.
La progettazione dell’allestimento della mostra è stata curata dallo Studio Sciveres Guarini.
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