Frutto di un incontro con una terra e una persona speciali,
si ispira al processo di vinificazione che ha dato origine a grandi espressioni
di Verdicchio negli anni ’80 e ‘90
“Un incontro e un ritorno al passato, allo stesso tempo uno
sguardo al futuro dalla vigna più alta di Staffolo”. Così Riccardo Baldi,
vignaiolo e titolare dell’azienda agricola biologica La
Staffa sintetizza il Castelli di
Jesi Verdicchio Riserva Docg Classico “Selva di Sotto” 2015, nuovo vino
della cantina marchigiana frutto del lavoro di tre anni e di un sogno iniziato
ancora prima. La nuova riserva di Verdicchio de La Staffa, subito premiata
dalla guida Slow Wine con il riconoscimento “Grande Vino”, nasce dall’incontro con una vigna e una persona
speciali e dal desiderio di interpretare con coraggio una terra pronta a
misurarsi con altri areali che hanno segnato la storia dei vini bianchi in
Italia e in Europa.
La vigna
in cui nasce si trova nella particella denominata Selva di Sotto ed è la più alta di Staffolo (AN): 500 metri di
altezza da cui si abbraccia con uno sguardo l’intera Valle dell’Esino. Piantata
nel 1974 dalla famiglia Pastori, è circondata da bosco e macchia mediterranea e
affonda le radici in un terreno ricchissimo di pietre e scheletro con una forte
pendenza. La persona è Carlo Pigini
Campanari, direttore ed enologo per quasi 40 anni alla cantina Colonnara di
Cupramontana, dove negli anni ’80 e ’90 “inventò” il Cuprese, una selezione di Verdicchio capace di distinguersi e di
rivelare tutta la sua grandezza evolutiva nel corso degli anni. Una delle vigne
da cui provenivano le uve destinate a questo vino è quella che dal 2012 viene
coltivata da Riccardo Baldi.
E proprio su questa terra, coltivata ancora
oggi a Verdicchio, Baldi capisce fin
dalla prima vendemmia che la vigna è in grado di regalare uve straordinarie, che in vinificazione esprimono una qualità
superiore. La curiosità di conoscere più a fondo questa terra è soddisfatta dai
racconti di Carlo Pigini Campanari,
a cui Baldi si ispira come stile di produzione per la sua nuova sfida.
Il processo che porta al Selva di Sotto, infatti,
ripercorre quello che ha dato origine ai grandi Verdicchio degli anni ’80 e ’90.
Subito dopo la pressatura delle uve, la vinificazione avviene in iperossidazione: invece di “difendere”
il mosto dai processi ossidativi, si sceglie di rimontarlo all’aria per
facilitare l’ossidazione delle sue parti ossidabili. Le molecole ormai ossidate
precipitano nel fondo: il risultato, dopo la fermentazione, è un vino di
grandissima stabilità e di innata longevità, che “sacrifica” una parte di
componente aromatica destinata inevitabilmente a scomparire nel breve periodo
per ottenere slancio e vitalità nel tempo. Un Verdicchio che nasce, quindi, per
guardare lontano e confrontarsi con
i grandi vini bianchi d’Italia e d’Europa destinati a rivelare tutta la loro
complessità e longevità nel corso del tempo, innalzando il valore del
territorio in cui nascono.
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