La
Commissione Europea si mostra flessibile a valutare eventuali
difficoltà nell'applicare la nuova normativa. Per CEVI il rischio è la
standardizzazione del prodotto.
La Commissione Europea lascia aperto uno spiraglio per i piccoli produttori
nei confronti dell’etichettatura nutrizionale del vino. È questo quanto
emerso dall’audizione pubblica del 18 ottobre a Bruxelles organizzata
dai due parlamentari europei Renate Sommer e Herbert Dorfmann sul tema
dell’etichettatura delle bevande alcoliche, in cui Alexandra
Nikolakopoulou ha dichiarato che la commissione è disposta a valutare se
ci potranno essere eventuali esenzioni o deroghe. L’importanza
dell’affermazione deriva dal fatto che la Nikolakopoulou è stata
responsabile del rapporto CE rilasciato lo scorso marzo, in cui veniva
ribadito l’obbligo dell’etichettatura e veniva lasciato un anno alle associazioni di categoria per elaborare una proposta di normativa.In rappresentanza della CEVI (Confederazione Europea Vignaioli Indipendenti) era presente la Vicepresidente Matilde Poggi, che in Italia è anche Presidente FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti). Tanti gli intervenuti all’incontro: i rappresentanti della Commissione europea (DG AGRI e DG Salute), deputati, rappresentanti delle organizzazioni europee di vino, birra e liquori, nonché organizzazioni non governative (Eurocare, BEUC).
Poggi ha ribadito la posizione FIVI e CEVI che ritiene l’etichettatura dei vini un inutile aggravio per i produttori, in particolare per quelli di piccole dimensioni. Le stesse perplessità sono state sollevate dai rappresentanti dei piccoli distillatori e dei piccoli birrifici artigianali.
“Il rischio – dichiara Matilde Poggi – è quello di mettere fuori mercato le produzioni dei piccoli vignaioli, soffocati da un incremento dei costi dovuti all’obbligo dell’etichettatura. Questo porterebbe a una standardizzazione della produzione del vino in Europa, tutta a favore dei grandi produttori. Cosa che è già successa a tanti piccoli macelli o caseifici artigianali che hanno dovuto chiudere perché schiacciati da norme e regolamenti troppo onerosi da adempiere per chi ha piccole dimensioni”. “Non riteniamo – prosegue Poggi - che il modello industriale sia quello che il pubblico vuole in questo momento. La gente oggi preferisce sapere da dove arriva quel che mangia o beve e acquistare i prodotti di chi ci mette personalmente la faccia, come i Vignaioli Indipendenti”. La CEVI ha quindi richiesto che sia prevista una legislazione diversa per i Vignaioli.
L'approccio pragmatico del CEVI, arricchito da esempi concreti, è stato particolarmente ascoltato dai deputati europei e dalla Commissione. Quest'ultima, è stata anche molto attenta e più flessibile del solito in materia.
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FIVI - Federazione Italiana dei Vignaioli Indipendenti
La Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti (FIVI) è un'associazione nata nel 2008 con lo scopo di rappresentare la figura del viticoltore di fronte alle istituzioni, promuovendo la qualità e autenticità dei vini italiani. Per statuto, possono aderire alla FIVI solo i produttori che soddisfano alcuni precisi criteri: "Il Vignaiolo FIVI coltiva le sue vigne, imbottiglia il proprio vino, curando personalmente il proprio prodotto. Vende tutto o parte del suo raccolto in bottiglia, sotto la sua responsabilità, con il suo nome e la sua etichetta".
Attualmente sono poco più di 1100 i produttori associati, da tutte le regioni italiane, per un totale di circa 11.000 ettari di vigneto, per una media di circa 10 ettari vitati per azienda agricola. Quasi 80 sono i milioni di bottiglie commercializzate e il fatturato totale si avvicina a 0,7 miliardi di euro, per un valore in termini di export di 280 milioni di euro. Gli 11.000 ettari di vigneto sono condotti per il 51% in regime biologico/biodinamico, per il 10 % secondo i principi della lotta integrata e per il 39% secondo la viticoltura convenzionale.
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