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giovedì 22 ottobre 2020

INAUGURA DOMANI 23 OTTOBRE LA MOSTRA AFTERMODERNISM A Perspective on Contemporary Art Chapter 2 Ben Edwards - Tom Sanford A cura di Cesare Biasini Selvaggi

 

Mucciaccia Contemporary

Roma, Piazza Borghese 1/A

 

INAUGURAZIONE 23 OTTOBRE 2020

DALLE ORE 12 ALLE 21

 

Gli ingressi in mostra saranno regolamentati dalle norme anti-Covid,

quindi è obbligatorio indossare la mascherina

Per permettere l'ingresso contingentato l'inaugurazione sarà spalmata

durante l'arco della giornata del 23 ottobre dalle 12.00 alle 21.00

Testo alternativo
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Ben Edwards, Dominance, 2018-2019

Tom Sanford, Corona Virus Skull diptych, 2020, dettaglio 

Mucciaccia Contemporary presenta il secondo capitolo di un progetto espositivo a lungo termine inaugurato nel 2019 che, che attraverso bi-personali di cadenza annuale, vuole raccontare quegli artisti internazionali e di diverse generazioni accomunati dalla ricerca di una nuova visione del mondo attuale, che il celebre collezionista Hubert Neumann raggruppa sotto la sigla di Aftermodernism.

 

In questo secondo capitolo, che sarà esposto fino al 31 dicembre, gli artisti Benjamin Edwards (Iowa City, IA, USA, 1970) e Tom Sanford (Bronxville, NY, USA,1975) presentano una ventina opere create per la mostra che ci restituiscono la loro visione della società e delle città contemporanee e che riflettono la visione di Hubert Neumann che, come spiega il curatore Cesare Biasini Selvaggi, “crede che la migliore arte prodotta oggi rifletta la cacofonia, l’asimmetria e l’indeterminatezza della nostra società”.

 

Neumann racconta degli artsti: “Ho comprato le prime opere di Tom Sanford l’8/02/2004, e quelle di Ben Edwards il 10/12/1999, a cinque anni di distanza. Ho conosciuto i loro lavori in diverse gallerie che ora non esistono più. Ho sviluppato un rapporto personale con entrambi, ed è ancora così 20 anni dopo. Il nostro dialogo è rimasto costante nel tempo. […] Entrambi stanno esplorando il realismo, ma in maniera molto diversa. Entrambi hanno inventato nuovi spazi aftermodernisti, e hanno mantenuto uno sviluppo continuo, anche se irregolare e imprevedibile”.

 

Hubert Neumann, collezionista onnivoro oggi quasi novantenne ma con il piglio di un sessantenne, eredita questa passione dal padre che già nei primi del Novecento frequentava a Parigi giovani artisti ancora sconosciuti a quel tempo, come Picasso, Dubuffet, Miró, Giacometti, Gris, Braque, Léger. Proprio assieme a lui inizia ad acquistare le prime opere nella New York degli anni ’50, attratto da artisti non ancora compresi e quotati come Franz Kline o Alberto Giacometti.

Oggi vanta una collezione di oltre 2.600 opere, tra cui capolavori del Cubismo, Astrattismo europeo, Scultura d’avanguardia, Espressionismo Astratto americano, Pop art e Graffitismo, di alcuni dei più importanti artisti del XX secolo, e artisti come Picasso, Léger, Miró, Kandinsky, Kline, Giacometti, Dubuffet, Rauschenberg, Lichtenstein, Haring, Basquiat, solo per citarne alcuni.

Nella sua casa-museo nell’Upper East Side di New York sfilano e si giustappongo senza soluzione di continuità questi maestri del Novecento a dipinti e sculture di artisti contemporanei come Jeff Koons, Ashley Bickerton, Meyer Vaisman, Haim Steinbach e John Armlede, figurano anche le opere di Haluke Akakçe, Kristin Baker, Vanessa Beecroft, Michael Bevilacqua, James Busby, Sydney Chastain-Chapman, Nigel Cooke, Devon Costello, Justin Craun, Benjamin Edwards, Jeff Elrod, Manuel Esnoz, Wendell Gladstone, Ridley Howard, Chris Johanson, Karen Kilimnik, Matthew McCaslin, JP Munro, Eric Parker, Charlie Roberts, Matthew Ronay, Justin Samson, Tom Sanford, Christian Schumann, John Simon, Aya Uekawa, Xavier Veilhan e Kelli Williams.

 

Proprio nei lavori di Koons, che inizia a collezionare dai primi anni Ottanta, Neumann coglie e riscontra per la pima volta quel senso di opera aperta e non-modernista e si rende conto che sta avvenendo un mutamento nell’arte dopo Basquiat e Haring, una rottura con l’estetica modernista che si può riscontrare anche nella filosofia e negli altri linguaggi artistici.

 

Approfondendo sempre di più altri aspetti della filosofia, della matematica e della scienza del suo tempo, gli appare chiaro quanto la rottura da lui avvertita sia più profonda e con risvolti molto più dirompenti e ampi di quanto inizialmente avesse supposto” - afferma Cesare Biasini Selvaggi - “Ed è in questa fase, a mio avviso, che l’inclinazione curatoriale di Neumann si manifesta e si accompagna a quel suo proverbiale intuito nella scelta degli artisti contemporanei da collezionare ritenuti di rottura con l’estetica modernista”.

 

Tra l’ottobre 2007 e il gennaio 2008 va in scena al Chelsea Art Museum a New York una mostra collettiva co-curata da Neumann dal titolo The Incomplete, progetto espositivo che arriva anche a Parigi nel 2010 alla galleria di Jean-Luc e Takako Richard. Questo titolo The Incomplete (“Una storia incompleta”) non convince del tutto Neumann, inizia quindi ad usare il termine Aftermodernism che debutta ufficialmente nell’estate del 2013, in occasione della prima di una sua trilogia di mostre ospitate al Nassau County Museum of Art a Roslyn Harbor nello stato di New York.

 

È sempre stato questo intuito innato nel comprendere in quale direzione lo Zeitgeist, cioè lo spirito dei tempi soffiasse, a guidare gli acquisti suoi e del padre in passato” - continua Biasini Selvaggi - “Ed è lo stesso a cui Hubert Neumann si è affidato anche negli ultimi trent’anni, nella scelta degli artisti contemporanei da collezionare. In questo caso per lui lo Zeitgeist ha preso il nome di Aftermodernism”.

 

Gli artisti in mostra ci restituiscono proprio questo spirito del tempo.

La ricerca di Ben Edwards è una indagine costante della dinamica che si crea tra progresso e natura, cercando di comprendere l’equilibrio e le leggi e da qui prendono forma le sue città immaginarie dove la figura umana ha un ruolo marginale ed è relegata ad una teoria di ritratti dall’identità confusa. Attraverso la sua poetica Edwards vuole esprimere il proprio concetto di Utopia, ossia di “un’opera che ha una vita a sé e sopravvive all’artista nel senso che trascende non solo il tempo e la vita fisica dell’artista, ma anche concettualmente dal momento che viene sottoposta a una costante rinascita attraverso ciascuna nuova interpretazione”, come spiega Biasini Selvaggi in catalogo.

I dipinti di Tom Sanford nascono invece da influenze molto eterogenee che partono dal Rinascimento, passando per l’Ottocento, il Surrealismo e la Pop Art fino ad arrivare alla pubblicità e ai fumetti dei giorni nostri. Le sue opere spaziano tra nature morte e dipinti di genere: “Le sue figure umane passano in rassegna un’umanità varia, con i cattivi e le vittime, le tragedie e i trionfi del momento. Nelle sue nature morte è più interessato all’immagine che all’oggetto raffigurato” - come scrive Biasini Selvaggi - “E’ l’immagine, pertanto, che prevale sull’oggetto, perché immobile, pressoché sempre uguale a sè stessa, priva di sentimenti, forma astratta”. Sanford mescola registro alto e basso, usando uno stile pittorico essenzialmente postmoderno, mutuato dalla storia dell’arte reinterpretata secondo i codici contemporanei.

 

Attraverso le opere di Edwards e Sanford la mostra vuole far conoscere una delle figure più singolari ed eclettiche del panorama dell’arte contemporanea mondiale, quale è Hubert Neumann, portando per la prima volta in Italia l’Aftermodernism.

 

Il catalogo in mostra, a cura di Cesare Biasini Selvaggi ed edito per i tipi di Carlo Cambi editore, è il secondo di una serie dedicata agli artisti dell’Aftermodernism.

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