Bressana Salvadori-Bez (foto di Alberto Paccagnella)
Il bello del libro “La verde attrazione. Uccellande storiche in Friuli” è che viene presentato, all’aperto, nei luoghi che vi sono descritti, ovvero i roccoli e le bressane ancora in buono stato presenti sul territorio regionale. Si tratta degli impianti vegetali che un tempo venivano utilizzati per catturare gli uccelli, e che ora sono stati riconvertiti ad altri usi: ricreativi, culturali, didattici. Dopo Montenars, Pagnacco, la sede prestigiosa del Parco di Villa Manin a Passariano ai cui margini un tempo si elevava un roccolo, ora è la volta della Bressana Salvadori-Bez posta sul confine tra due Comuni, San Daniele del Friuli e Ragogna, intestatari del lago posto tra le pieghe dei colli morenici. (Per chi fosse interessato, altri quattro impianti del settore occidentale dell’Anfiteatro morenico vengono descritti nella guida con dovizia di dettagli).
Orbene, sabato 10 ottobre alle 11, nell’impianto posto in località Cjamanes nella zona nord del Lago di Ragogna, la presentazione della pubblicazione realizzata dall’ERPAC - Ente Regionale per il Patrimonio Culturale con il contributo determinante dell’Ecomuseo delle Acque, stampata e distribuita in tutta Italia dall’Editore Gangemi, costituirà l’occasione per immergersi in un contesto unico, affascinante, dove il paesaggio morenico e la bressana sono tutt’uno. L’iniziativa è promossa dall’Associazione Reunia, con la collaborazione dell’Antiquarium “Antonio Cerutti” e il patrocinio del Comune di Ragogna. Iscrizione obbligatoria telefonando al 380 3156401.
«La Bressana (Salvadori-Bez) fu allestita nel 1957 da Livio Salvadori, piccolo imprenditore calzaturiero che a San Daniele fabbricava anche i popolari scarpets in stoffa. I carpini messi a dimora per realizzare l’impianto furono concimati con gli scarti di cuoio delle scarpe prodotte. Agli inizi degli anni Settanta l’uccellanda versava in stato di abbandono perché il conduttore a cui era stata affidata aveva preferito dedicarsi alle catture con il vischio. Fu così che la gestione passò a Guido Narduzzi, che si occupò del ripristino della struttura con l’aiuto di altri uccellatori e dopo pochi anni l’impianto tornò a operare (…)».
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