Scrivere sulla Val d’Orcia? E cosa mai potrei aggiungere che non sia già stato impresso sulla carta o sulle pagine elettroniche. Libri, recensioni, guide, opuscoli, locandine, siti internet, social post e chi più ne ha più ne metta. E’ una terra magica della quale persino l’Unesco nel 2004, stimolato da tanta bellezza si è accorto, al punto di riconoscerla come territorio rurale patrimonio dell’umanità.
Dovrei forse anche io decantare l’armonia delle verdi e tondeggianti colline, dei campi color terra di Siena amorevolmente coltivati, degli ulivi secolari e dell’olio di qualità. Della Cinta Senese o della Chianina, o ancora del tartufo bianco delle Crete Senesi? Dovrei forse evidenziare la bellezza dei casali, dei luoghi di culto, dei castelli e delle testimonianze archeologiche?
Faccio un passo indietro di qualche anno. Quando fu inventata la radio tutti pensarono: che bellezza! Adesso saremo in contatto con il mondo intero. Poi arrivò la televisione: che meraviglia! Ora potremo vedere cosa succede nel mondo. Ma oggi, in quest’era di velocità e superficialità, di web e di social, sento il bisogno di approfondire, di andare oltre il confine delle cose già dette.
Ci sono luoghi che mi portano alle radici e che mi consentono di incontrare un campionario di esseri umani immenso che con il lavoro, la costanza e il proprio credo abbracciano la terra in cui vivono e la plasmano trasformandola con il sudore in sogni.
E’ la Val d’Orcia del vino, dei vigneti autoctoni e non, delle botti e delle cantine, delle donne e degli uomini. La Val d’Orcia dell’ospitalità, dei sorrisi, delle chiacchierate in armonia, di un piatto caldo e di un buon bicchiere di vino Sangiovese.
E’ la Val d’Orcia di Gabriella Giannetti, dei suoi vini e del suo coinvolgente sorriso, che mentre ti fa assaggiare le sue produzioni enologiche ti prepara in piatto di pici fatti in casa conditi con il ragù. La Val d’Orcia della sobria eleganza di Roberto Terzuoli che, in parte tra le botti e in parte fuori della cantina, ti racconta del territorio e del vino, e ti ristora con un carosello di salumi locali. C’è poi la Valle di Giulitta Zamperini, Presidente del Consorzio di cui a breve vi parlerò. E’ lei, con papà Luca, mio coscritto, che racconta la sua vita di giovane donna produttrice di vino e rappresentante delle altre cantine consorziate. Tra un bicchiere e l’altro ti offre una corroborante ribollita e 2 metri di taglieri impreziositi dai sapori locali.
La Val d’Orcia di Donatella Cinelli Colobini, colonna storica del vino territoriale che ama raccontare tra un sorso e l’altro la storia, ormai secolare, della sua famiglia: lo fa con grazia, con delicatezza, assaporando un crostino con il tartufo appena raccolto nella sua tartufaia. Racconta…affascinando l’ospite comodamente seduto in poltrona.
Ci sono poi i giovani come Emilio Caliani e Luca Mastrojanni, produttori con alle spalle storia, tradizioni ed esperienze di famiglia nel mondo enologico. Sono solo alcune delle 60 cantine che aderiscono al Consorzio Orcia DOC. Un giovane Consorzio nato nel 2000 con 153 ettari coltivati ed un potenziale che può raggiungere i 400 ettari. La produzione dell’ultima annata si è attestata a poco meno di 300 mila bottiglie.
E poi c’è lui, il protagonista: il Sangiovese. Ci sono dottori, idraulici, macchinisti, operai, insegnanti ma tutti indistintamente, se amano il buon vino, non possono che gioire alzando un calice di Sangiovese. Il disciplinare di produzione dell’Orcia DOC prevede infatti la sua presenza per almeno il 60% per l’Orcia e l’Orcia Riserva. Arriva la 90% per l’Orcia Sangiovese e l’Orcia Sangiovese Riserva. Non manca il Rosato, minimo 60% di Sangiovese, e il bianco con una base del 50% di Trebbiano Toscano. Naturalmente il Vin Santo, non potrebbe essere diverso visto il lembo senese toscano territoriale di cui stiamo parlando. Per queste chicca di cantina ci aggiungo anche la Malvasia. Una menzione particolare per i vitigni autoctoni che compongono gli assemblaggi va al Foglia Tonda tipico toscano recuperato negli ultimi anni.
Un giovane Consorzio con le idee chiare e un credo all’unisono: il Sangiovese. E in questa provincia conosciuta al mondo per la sua bellezza e per vini blasonati, forse è arrivato il momento per un altro grande dell’enologia italiana: l’Orcia DOC.
E la radio e la televisione cosa c’entrano? Poco o tanto, grandi mezzi di divulgazione che stanno lasciando il posto alle nuove tecnologie e ai nuovi linguaggi. Magari sarà così anche per il vino che si evolve e si propone con nuove espressioni e nuovi volti.
Ogni produttore che ho avuto il piacere di incontrare mi ha aperto le porte del suo lavoro con gioia e amicizia, mi ha illustrato i vini, le tecniche di produzione, gli affinamenti e mi ha ascoltato ogni qual volta io abbia rivolto domande importanti o banali. Mi hanno parlato delle loro Famiglie, della storia delle case se datate e come sono state realizzate se di recente edificazione. Le persone, prima del vino, e il vino come mezzo espressivo, artistico di tante persone.
E poi, lasciatemelo dire, c’è la Valle di Agostino, Chi è Agostino? Un lagotto di 2 anni che mi ha simpaticamente accompagnato tra i boschi di questa Valle alla ricerca del tartufo bianco delle Crete Senesi: ma lui non beve! Non so se lo terrò come amico.
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