Un viaggio nel novarese alla scoperta di un prodotto storico della terra. A cavallo tra il 1800 e il 1900 dai Comuni di Cureggio e Fontaneto non era certo inusuale vedere carichi di cipolle che partivano in treno per raggiungere i mercati di Milano e Torino. Erano e sono tutt’oggi le cipolle bionde, piatte e a basso contenuto di acidità: praticamente dolci. I tempi sono cambiati e sappiamo tutti come per certi prodotti tipici delle varie zone del Bel Paese si sia rischiata l’estinzione. L’avvento industriale, la migrazione delle genti, una vita meno condita dalla malora portarono alla deriva tante coltivazioni che, per squisita fortuna, negli ultimi anni si sono riscoperte e rivalutate. Il declino che rivede la luce è portato dai passionari, dagli amanti delle proprie terre, dagli estimatori dei cibi buoni e sani. E’ successo anche in provincia di Novara dove, nella piana situata tra i fiumi Agogna e Sizzone, sorgono i Comuni di Cureggio e Fontaneto. Qui la terra è ottimale proprio per la coltivazione della cipolla; i terreni sono morenici e sabbiosi nonché ricchi di humus.
E’ stato un susseguirsi di eventi, quei frangenti di vita tanto piccoli quanto fondamentali, fatti di incontri, idee, proposte che ha portato la nostra cipolla a diventare nel giugno del 2013 un Presidio Slow Food. La filiera produttiva, biennale, non è diversa da altre tipologie di bulbose, durante i primi mesi dell’anno infatti vengono scelte le più belle e si mettono a dimora nella terra a bassa profondità perché, come dice la tradizione del luogo, devono sentire il suono delle campane. Poi con l’arrivo dell’estate si avrà il fiore che, una volta impollinato, darà i semi, ovvero l’oro nero. I semi vengono posti nel semenzaio, un luogo asciutto e fresco e nella primavera dell’anno successivo si avranno le piantine da trapiantare in campo aperto. Tra il mese di luglio e quello di agosto inizia la raccolta della bionda.
La raccolta avviene esclusivamente a mano e le cipolle, una volta estirpate dal terreno, posizionate in luoghi asciutti e arieggiati dove riposano per 15/20 giorni prima di essere immesse sul mercato. Per la produzione non vengono utilizzati prodotti chimici particolari e lo stesso diserbo viene praticato con mezzi meccanici ideati e costruiti dagli agricoltori più audaci.
A distanza di un paio di anni dall’ufficializzazione del Presidio Slow Food il gruppo di coltivatori della cipolla è diventato Comunità, inizialmente con 5 produttori divenuti poi 10 e oggi una ventina. La quantità prodotta si attesta sui 50/60 quintali all’anno in base alle annate a conferma che la rinascita può indubbiamente amplificarsi. Rimane un prodotto tipico di nicchia indiscutibilmente ma di altissima qualità. Ottima cruda la bionda si presta benissimo come ingrediente per svariate ricette, dalle più semplici e tradizionali, come la classica frittata, ma anche per piatti gourmet in quanto decisamente apprezzata dagli chef del territorio.
Per esempio è un ottimo ripieno per dei ravioli, magari poi arricchiti da una crema di formaggio caprino e della polvere di cacao, oppure cotta nel mosto di uva fragola o ancora utilizzata come ripieno tra due filetti di triglia. Piatti più ricercati ma decisamente interessanti che diventano ancora più piacevoli se accompagnati dai vini delle colline novaresi. Il tipico bianco Erbaluce, che qui prende il nome di Greco, oppure il celebre Nebbiolo, anche nella versione rosato.
Un prodotto della terra, riscoperto, coltivato e apprezzato; una tipicità contadina dolce, piatta e bionda che nel futuro prossimo potrà vedere la propria produzione ampliata, magari non tantissimo, solo un pochino, ma che comunque conserverà tutta la sua bontà e rimarrà un meraviglioso collante sociale per tante piccole realtà agricole. Quante peculiarità nobili può avere una semplice cipolla.
Nessun commento:
Posta un commento