Dopotutto, Natale è anche questo, è il ricordo di un tempo. Un momento dedicato a tutti i cinque sensi. Lo si vede nelle luminarie tra le strade, negli addobbi di casa; lo si ascolta nelle canzoni in loop di Mariah Carey o di Michael Bublé, lo si tocca negli abbracci, quelli capaci di scaldare anche a temperature che rasentano lo zero… Ma il Natale, più di tutto, lo si respira e lo si assaggia, nel giorno in cui la convivialità a tavola, in famiglia o tra amici, è ciò per cui si fa il conto alla rovescia dagli inizi di dicembre. Ricordi di pranzi e cene, quei momenti spensierati che da bambini sembrano vissuti appena ieri, arricchiti da quei piatti della tradizione che, proprio come la Minestra Maritata, il 25 dicembre ringiovaniscono, fan sembrare che il tempo si fermi in un sol boccone.
| | Piatti che siamo abituati a trovare soltanto tra i fornelli di casa, preparati dalle mani esperte delle nonne… ma chi vieta di riviverne tutto il gusto anche al ristorante? È la domanda che si è posto lo chef già stella Michelin Carlo Spina, oggi alla guida delle cucine di Izé Restaurant, all’interno del quattro stelle Araba Fenice a Iseo (Bs).
A distanza di anni, lontano nello spazio dalla sua città, Napoli, fuori casa, in un contesto elegante e raffinato com’è Izé, Carlo sfida le abitudini in nome dei ricordi e apre i pranzi delle feste da Izé con una sua versione della Minestra Maritata, uno dei piatti più antichi e identitari della tradizione gastronomica partenopea, simbolo di convivialità e di sapienza contadina.
“Ricordo ancora quando sgattaiolavamo in cucina, inebriati dai profumi. Scoperchiavamo le pentole, cercavamo tra quelle verdure così ricche di sapore, il pezzo di carne che più ci piaceva… Lo ricordo come fosse ieri”.
La Minestra Maritata è un piatto di pazienza, spesso preparato dalle famiglie campane nei giorni successivi al Natale, quando si avevano a disposizione brodi e carni. “Maritata” la si chiama, perché “marita”, unisce le verdure tipiche dell’inverno campano (anche 7 o 8, anche 10, tipologie differenti) con le carni a cottura lenta, spesso non nobili ma estremamente saporite. “Da una parte la borragine, la cicoria, la scarola, la verza; dall’altra le carni, il cappone, la gallina, il maiale… Si tratta di un piatto corposo, intenso, che dopo una lunghissima preparazione veniva finito con formaggio e bucce di Parmigiano”. | | Il ponte che lega ieri, i ricordi, le tavole partenopee in famiglia, a oggi, Izé, una cucina di alto livello, fine dining, sulle sponde del lago d’Iseo, è proprio l’abilità di chef Spina, nel trasformare un piatto popolare in una versione altrettanto intensa ma molto più sofisticata. “La mia idea per queste feste è stata trasformare questo piatto della tradizione in un finger: tanta opulenza, tanto sapore, concentrati in un sol boccone”.
Tutte le verdure vengono cotte separatamente, “così da dar loro una propria identità”. Vengono poi pressate in una piccola sfera variopinta, ricoperta d’oro, in nome del Natale. Il brodo viene preparato con diversi tipi di verdura ma anche di carni, dalla gallina al manzo, come vuole la tradizione. Carni che non vengono sprecate, ma pressate in un medaglione che si addensa grazie al suo collagene naturale, coppato e posto alla base di questa piccola sfera. A chiudere il piatto è proprio il brodo, che al termine delle preparazioni è intriso di tutti gli umori della carne e delle verdure.
Un finger in apertura da Izé non è solo un entrée, ma un tuffo nell’atmosfera del Natale, un viaggio all’indietro nei sapori dell’infanzia. Perché ci sono ancora ristoranti dove davvero ci si può, in qualche maniera, sentire come a casa…
Credits Foto Aromi.Group |
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