La Fondazione Galleria Milano presenta la mostra dedicata all’opera di Sandro Somarè (Milano, 1929 – Lucca, 2012) a cura di Nicola Pellegrini, Ornella Mignone, Bianca Trevisan. L’esposizione, retrospettiva e antologica, è realizzata in occasione della presentazione del catalogo generale e dell'apertura dell'Archivio Sandro Somarè.
Il catalogo generale, a cura di Ornella Mignone e Bianca Trevisan con Rosella Ghezzi e Toni Merola, è frutto di un lungo lavoro, iniziato nel 2017, fortemente voluto da Patrizia Ascari Somarè e Carla Pellegrini Rocca e reso possibile grazie alle eredi dell'artista Patrizia Ascari Somarè, Elena Somarè e Maria Somarè.
La mostra presenta l'opera di Sandro Somarè dagli esordi negli anni Cinquanta fino alla morte sopraggiunta nel 2012. L'artista è stato una delle figure chiave della Galleria Milano: suo padre Enrico Somarè ha fondato la prima Galleria Milano nel 1928, poi chiusa per la guerra nel 1938. Sandro e il fratello Guido Somarè la riaprirono nel 1964 insieme ai pittori Aldo Bergolli, Gianni Dova e Mario Rossello, per chiamare l’anno successivo Carla Pellegrini Rocca alla direzione. Alla Galleria Milano Somarè avrà cinque mostre personali, oltre a partecipare ad alcune collettive. Il dialogo con Carla Pellegrini, amica di una vita, rimarrà serrato e fecondo, fino alla scomparsa dell'artista nel 2012.
È così che la collocazione dell’Archivio Sandro Somarè presso gli spazi della neonata Fondazione Galleria Milano in via Romilli 7 a Milano, è sembrata una scelta naturale e rappresenta il primo tassello del progetto della Fondazione di valorizzazione degli archivi d'arte contemporanea Archivi Riuniti.
La mostra vuole dare conto di tutte le fasi della poetica artistica di Sandro Somarè: dall’iniziale interesse per la pittura di paesaggio, alla scomposizione formale, attraverso lo studio della luce e anche gli edifici, che vengono indagati sia negli interni che negli esterni. Da ultimo, nella fase finale della sua carriera Somarè si dedicherà alla rappresentazione della città e della periferia, oltre che alla serie pittorica astratta Hölderlin, in memoria del celebre poeta tedesco.
L’interesse di Somarè per il paesaggio è riconducibile agli inizi della sua carriera, dal 1965 infatti reinterpreta questo tema in chiave astratta e geometrica, ma anche morbida e fluida al tempo stesso, come nell’opera in mostra Qualcosa in più̀ (1959). Dalla metà degli anni Ottanta, con Un luogo e un mito (1988) e Ingresso (1992), l’artista utilizza l’architettura come simbolo di solitudine esistenziale e onirismo, parte della sua poetica sin dalla metà degli anni Sessanta. Le stanze della Galleria Milano sono state teatro di diversi momenti espositivi, sin dal 1965, un anno dopo la sua apertura in via della Spiga. L’attrazione verso la luce e il suo uso nella grammatica compositiva, porta Somarè a sintetizzare ancora di più il suo linguaggio, come si nota nelle opere Morte nel cubo / Autoritratto in un tempo e in uno spazio particolari (1965), oppure Fuori si muore (1966) e Attesa (1966), ma anche Muri, deserto, immagine, ombra di un ritorno (trittico), 1967, dove le campiture di colore sono omogenee, con una palette ridotta ai colori del grigio, sabbia, azzurro, mentre compare il nero sullo sfondo. Gli organismi diventano figura umana, nella solitudine di un paesaggio desolato. Le suggestioni sono metafisiche, mentre il rigore geometrico ricorda il Cubismo analitico, ma anche le sperimentazioni surrealiste di Yves Tanguy.
Con le opere Porta Nuova (1969) e Piazza Conciliazione (1970), Somarè rende omaggio alla città di Milano, parte fondamentale per la sua vita e formazione. Dalla seconda metà degli anni Settanta, infatti, l’artista si dedica a rappresentare gli ingressi e gli interni delle case in stile Liberty del centro cittadino, inserendoli così un racconto sofisticato e malinconico. Quasi metafisiche anche altre due opere dello stesso periodo: Impossible de changer d'endroit, 1972 e Senza titolo (1973). Testimoniano la fase finale della produzione astratta ed essenziale di Somarè cinque opere della serie Hölderlin, eseguite tra il 2000 e il 2005. La scala cromatica della serie è basata ancora una volta su colori tenui, come tipico dell’artista, ma anche dall’utilizzo di un blu intenso che rispecchia la sua prospettiva esistenziale.
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