"Le opere, si prefiggono l'obiettivo di sviscerare un universo infinito e articolato fatto sia di rimandi sia di sensi, le cui venature si compongono, a loro volta, di un groviglio di attese e di speranze, di traumi e di dolori, di vivaci relazioni interpersonali in antitesi con stati di profonda solitudine e patimento. Questo nuovo impulso sconquassa visceralmente la dialettica portata avanti da Salucci in cui, ancora una volta, i colori vividi, stranianti e intensi pongono l'accento sull'onnipresente e strabordante impulso della natura che sovente imperversa in tutta la sua trepidante imponderabilità. Ciò che ne consegue è il tentativo di elaborare un’arte autentica, quella che i greci chiamavano téchnē – afferma il curatore della mostra Domenico de Chirico - Assecondando una personalissima visione olistica, Salucci, così facendo, non intende valorizzare esteticamente qualcosa che è chiaramente fonte di dolore prostrante bensì di ritrarlo esattamente così com'è e più da vicino, in un moto perpetuo che lo analizza dentro e fuori, nei pieni e nei vuoti, attraversandolo in tutta la sua fisionomia sia corporea sia trascendentale. Salucci ci suggerisce di penetrare nel dolore e di leggerlo in tutta la sua disumanizzante autorità”.
In mostra una ventina di opere caratterizzate da uno stile semplice, vivace e immediato. L’artista utilizza sfumature cromatiche brillanti e colori accesi. Nelle opere troviamo ferite e lacerazioni che Aldo Salucci ricuce intervenendo con della polvere d’oro ispirandosi alla tecnica giapponese del kintsugi o kintsukuroi ("riparare con l'oro”), utilizzata dai ceramisti per riparare tazze per la cerimonia del tè. Questa pratica nasce infatti dall'idea che dall'imperfezione e dalle ferite possa nascere una forma maggiore di perfezione estetica e interiore. “Ed è proprio raccogliendo tutti quei frammenti di testimonianze del nostro passato, tra prove superate e altre mancate, nel tentativo di rimetterli armonicamente insieme, possiamo comprendere che solo quando ci lussiamo possiamo scoprire esattamente come e di cosa siamo fatti realmente” - afferma il curatore.
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