Installation view, Simposio, Fondazione Elpis, ph. Fabrizio Vatieri |
Fino al 24 marzo 2024 Fondazione Elpis presenta il progetto espositivo 39° Nord 16°30’ Est, un racconto che, a partire dalle coordinate geografiche della Calabria, si snoda attraverso due mostre: Simposio, mostra collettiva degli esiti della residenza artistica In-ruins svoltasi nel 2023 presso il Parco Archeologico di Sibari e il Museo Nazionale Archeologico di Amendolara, con le opere di Arie Amaya-Akkermans, Simon DeReyer Bellouard, Cañadas & Murua, Beatrice Celli, Akshay Mahajan, Matilde Sambo e Traslochi Emotivi e la mostra personale ‘Nziembru, che presenta una serie di opere inedite dell’artista Fabrizio Bellomo.
LE MOSTRE Simposio nasce come restituzione e approfondimento della quarta edizione della residenza artistica In-ruins, la prima in collaborazione con Fondazione Elpis, svoltasi nel settembre 2023 presso il Parco Archeologico di Sibari e il Museo Nazionale Archeologico di Amendolara, in dialogo con le comunità locali. In mostra le opere dei residenti Arie Amaya-Akkermans, Simon DeReyer Bellouard, Cañadas & Murua, Beatrice Celli, Akshay Mahajan, Matilde Sambo e Traslochi Emotivi riconfigurate dagli stessi artisti, a dimostrazione che il processo creativo iniziato in Calabria è rimasto attivo e ispiratore anche dopo la residenza. |
Fabrizio Bellomo, La Contadinella e un Non Finito, ph. Fabrizio Vatieri |
Tra sculture, installazioni, fotografie e performance, le opere che Simposio porta a Milano sono: Collana per Gigantesse di Beatrice Celli, una serie di reperti archeologici immaginari che diventano tracce di anatomie perturbanti e mondi femminili possibili, integrata da un set di anelli realizzati per l’occasione della mostra; un estratto della serie di collage fotografici di Simon DeReyer Bellouard, raffiguranti chimere contemporanee, situate tra realtà e finzione; L’archivio dell’Invisibile di Akshay Mahajan, che esplora i depositi del Museo Nazionale Archeologico di Amendolara e racconta il lavoro silenzioso di archivisti, tipografi, fotografi e tecnici. L’esposizione prosegue con Irabis di Matilde Sambo, dove sculture in argilla di ispirazione architettonica, si ergono e disperdono tra erosivi specchi d’acqua evocanti destini intimi, planetari e geologici; Sedimentazione del Paesaggio del duo Cañadas&Murua, che raccoglie e condensa indizi sulla mutevolezza e dinamicità del paesaggio ad opera del tempo e dell’intervento umano; un nuovo capitolo della performance Deposta di Traslochi Emotivi, che si fa deriva e dimora di una terra, quella della Calabria, che non ha ricostruzione se non a ritroso, nella memoria di custodi e guardiani di un Sud disabitato e fantasmatico dove è però tuttora possibile agire. Infine, la lecture-performance Go Straight to the Right, Having Kept Watch on All Things Very Well di Arie Amaya Akkermans che, confluendo in un video, si fa metafora della domanda fondamentale che attraversa l’intero discorso proposto da Simposio: cos’è, in ultimo, un fatto archeologico? |
Beatrice Celli, Collana per Gigantesse, ph. Fabrizio Vatieri |
Al piano interrato, ‘Nziembru, mostra personale dell’artista Fabrizio Bellomo (Bari, 1982), presenta invece una serie di opere inedite: una video installazione a due canali e tre arazzi realizzati a mano nella Sila calabrese. Bellomo, che nel 2022 ha partecipato alla terza edizione di Una Boccata d’Arte realizzando una serie di interventi insieme ai ceramisti campani, in questo nuovo progetto lavora sul mondo della tessitura calabrese, confermando così un suo interesse per l’artigianato.
Al centro della ricerca dell’artista ci sono gli edifici non finiti che puntellano il paesaggio calabrese, presenti come segni di una promessa di progresso mai rispettata verso questi territori. Si tratta di un’indagine che parte dall’esperienza personale dell’artista stesso, che racconta: «La mia famiglia possiede ancora in Calabria uno di questi palazzi non finiti, voluto fortemente da mio nonno. L’edificio – come molti altri sul territorio – presenta un primo piano finito e i piani superiori mai terminati e in stato di totale decadenza, poiché nessuno dei figli ha mai completato quello che sarebbe dovuto divenire il proprio piano dello stabile».
Delle stilizzazioni di questi palazzi vengono ora intessute come decorazioni nella trama di alcuni arazzi, tipici della tradizione tessile calabrese, solitamente raffiguranti scene di vita rurale. La mostra prende il titolo dagli ‘nziembri, specifici modelli che contengono il disegno o il motivo attraverso cui si realizzano le decorazioni sugli arazzi intessuti al telaio: delle vere e proprie matrici del mondo manuale della tessitura. Bellomo ‘ricuce’ insieme queste due sfaccettature dello stesso territorio, attivando così un processo in cui gli attori sociali coinvolti diventano essi stessi narratori – allo stesso tempo teneri e sarcastici – di queste vicende umane. |
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