Il progetto Geranos, frutto di una collaborazione tra l’artista italiano Riccardo Arena e il curatore svizzero Noah Stolz, si inserisce in un ampio orizzonte di indagine interdisciplinare che ha coinvolto alcuni archivi iconografici presenti al Warburg Institute di Londra, e due istituzioni del territorio locarnese, quali Monteverità e Fondazione Eranos, le cui storie hanno ricoperto un ruolo centrale nello sviluppo culturale del Novecento Europeo.
Nel 2022 Riccardo Arena ha presentato due primi contributi di Geranos: una al Monteverità “GERANOS Choreography of a Mental Landscape - Movimento I”, in concomitanza con il ciclo di conferenze di Eranos sul Libro Rosso di Jung, in cui l’artista ha creato un diagramma mentale delle prime investigazioni del progetto presentato attraverso un wall-collage; e una seconda presso la Casa del Lago dell’Università UNAM di Città del Messico tramite un reading elaborato al termine di periodo di studio al Museo Nazionale di Antropologia all’interno della residenza Error, supportata dall’Istituto Italiano di Cultura.
Dal 9 marzo al 19 maggio 2024 Riccardo Arena è protagonista di un’ulteriore restituzione del progetto con la mostra monografica “Geranos Planomenon Dance - Movimento II”, curata da Noah Stolz e ospitata negli spazi del Museo Elisarion di Minusio, nel distretto di Locarno.
Geranos è il nome dell’antica danza primordiale che esegue Teseo dopo aver ucciso il Minotauro, a cui lo storico delle religioni Karoly Kerenyi, figura molto attiva durante i convegni di Eranos, fa risalire l’origine del labirinto nel mito classico. Una fila di danzatrici, legate tra loro da una fune, eseguiva questo rituale simulando il movimento di una spirale in entrata e in uscita per rappresentare l'eterno ciclo di nascita, morte e rinascita.
La mostra “GERANOS Planomenon Dance - Movimento II”per Riccardo Arena rappresenta un approdo delle ricerche svolte al Warburg Institute, dove sono presenti i preziosi archivi iconografici collezionati nel corso di decenni dalla Fondazione Eranos, che hanno contribuito a ispirare in maniera determinante la creazione di questo nuovo percorso artistico.
Arena dopo la sua residenza del 2022 a Monteverità ha raccontato: «Ogni elemento che si tocca ha il potere di aprire a una serie di narrazioni potenzialmente infinte, una forza propulsiva così rutilante e proliferante che è stata capace di plasmare la forma dell’intero Novecento, e che ha rivestito il territorio di un aura leggendaria, quasi mitica, a tal punto da aver attirato nel corso degli anni studiosi e ricercatori che hanno speso fiumi di inchiostro nel tentativo di penetrarne il mistero, aggiungendo così ulteriori livelli di complessità ai precedenti. E tra questi ovviamente Harald Szeemann che ha intrapreso una ricerca ciclopica nel tentativo di ricostruirne il denso e straordinario corso degli eventi e che ha portato alla costruzione della sua mostra “Le Mammelle della Verità” a casa Anatta».
«Osservando e studiando le vestigia che l’archeologo Szeemann ha sapientemente raccolto, ricostruito e presentato come fosse un “architetto delle rovine» - continua Arena - «ho iniziato a capire che forse era interessante lavorare non tanto sulla storia effettiva del monte, ma sull’enorme complessità della trama di relazioni in se e di per se stessa, nel suo complexus, ovvero ciò che è intessuto insieme - rivitalizzare il materiale per rievocane il suo potenziale creativo, al fine di contemplare l’enorme forza combinatoria in cui siamo tutti immersi».
Il percorso espositivo si sviluppa nei tre piani del museo: le collezioni d’archivio, memorie e documenti storici presentati inizialmente nella loro “staticità archeologia”, gradualmente si stratificheranno e cristallizzeranno in collage, assemblage, disegni, sculture e installazioni sempre più complesse fino a creare nuovi campi di visione entro cui il materiale di partenza perderà la propria corniche storico narrativa, aumentandone i significati e le metafore.
Questo processo, attivato dall’oscillazione tra analisi di studio e l’intuizione creativa, porterà al termine del percorso espositivo alla completa astrazione del materiale stesso, saturando la grande sala dodecagonale dell’Elisarion con una grande installazione: una coreografia visiva costituita da forme sospese nello spazio che prende il nome di Planomenon – sottotitolo della mostra – il cui significato è 'andare errando', termine utilizzato in ecologia per indicare l’insieme di organismi che vivono liberi sospesi nelle acque.
Arena è partito dunque dalla potente metafora dell’architettura del labirinto come movimento gestuale e mentale di conoscenza per sviluppare un percorso evocativo attraverso la rivitalizzazione delle collezioni storiche, intrecciandole in una trama di narrazioni, visioni e linguaggi espressivi che hanno l’obiettivo di stimolare il loro potenziale immaginativo all’interno di una struttura aperta a interpretazioni potenzialmente inesauribili, e di restituire a un pubblico più ampio la complessità e la poesia di un patrimonio universale che continua a ispirare intere generazioni di artisti, scienziati e filosofi.
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