Dal
29 marzo al 16 giugno 2019 riapre a Lugano la Collezione Giancarlo e
Danna Olgiati con un nuovo allestimento, che pone in evidenza una
selezione di opere dedicate alla natura e alle sue molteplici
manifestazioni nell’arte contemporanea. Nature is what we see
presenta i lavori di oltre trenta artisti pertinenti al mondo della
natura, tra cui recenti acquisizioni e opere mai esposte prima.
Come ogni primavera, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati a Lugano viene riaperta al pubblico con un nuovo allestimento, che propone una selezione di opere di grandi maestri e giovani artisti affermati su scala internazionale, messi in dialogo tra di loro. Nature is what we see - titolo dell’allestimento di quest’anno che rievoca un celebre verso della poetessa americana Emily Dickinson - presenta la natura in un’accezione vasta attraverso le opere di una trentina di artisti, fra cui recenti acquisizioni di rilievo di Harold Ancart, Tauba Auerbach, Vincenzo Agnetti, Nairy Baghramian, Roberto Cuoghi, Enrico David, Michael Dean, Günther Förg, Pino Pascali, Alessandro Piangiamore, Markus Raetz, Ugo Rondinone, Remo Salvadori, Garth Weiser e Christopher Wool.
Come ogni primavera, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati a Lugano viene riaperta al pubblico con un nuovo allestimento, che propone una selezione di opere di grandi maestri e giovani artisti affermati su scala internazionale, messi in dialogo tra di loro. Nature is what we see - titolo dell’allestimento di quest’anno che rievoca un celebre verso della poetessa americana Emily Dickinson - presenta la natura in un’accezione vasta attraverso le opere di una trentina di artisti, fra cui recenti acquisizioni di rilievo di Harold Ancart, Tauba Auerbach, Vincenzo Agnetti, Nairy Baghramian, Roberto Cuoghi, Enrico David, Michael Dean, Günther Förg, Pino Pascali, Alessandro Piangiamore, Markus Raetz, Ugo Rondinone, Remo Salvadori, Garth Weiser e Christopher Wool.
Ad aprire la sezione Nature is what we see è l’opera Alfabeti
dell’artista italiano Remo Salvadori, che rappresenta una metamorfosi
alchemica: i setti metalli - piombo, stagno, ferro, rame, mercurio,
argento, oro - sono forgiati per cambiare la natura e il modo di
manifestarsi. Segue uno straordinario lavoro di Harold Ancart,
raffigurante un iceberg. L’artista belga – invitato recentemente al
Centre Pompidou di Metz per realizzare una pittura monumentale site specific
– ha iniziato a dipingere iceberg in risposta alle estreme condizioni
climatiche invernali che hanno interessato New York, la città dove vive e
lavora. Ancart ritrae altri soggetti naturali che invitano alla
contemplazione, come orizzonti, nuvole, fiori o fiamme, rappresentati in
mostra dall’opera Untitled. Accanto ad Ancart sono esposti,
tra gli altri, due dipinti geometrici, astratti e dai forti contrasti
cromatici di Günther Förg, in cui l’artista ricompone il motivo naturale
tramite segni colorati; l’opera Tusche, una foresta in negativo dell’artista svizzero Ugo Rondinone, in dialogo con due sue sculture totemiche della serie Mountains (Blue Yellow Red Mountain e Black White Green Mountain)
poste al centro della sala. L’artista elvetico, da sempre interessato
all’interazione tra arte - uomo - natura, per la realizzazione di queste
sculture prende spunto dalle guglie naturali comuni in alcune zone
desertiche e dall’arte meditativa del bilanciamento delle pietre; mentre
i colori fluorescenti derivano da una classificazione data dall’artista
in rapporto ai luoghi da cui sono tratti i singoli elementi.
L’allestimento
prosegue con due opere di artisti italiani, Roberto Cuoghi ed Enrico
David, protagonisti, rispettivamente della scorsa (2017) e della
prossima edizione (2019) del Padiglione Italia alla Biennale d’Arte di
Venezia. L’idea di metamorfosi e l’uso di tecniche e materiali non
convenzionali, accomunano i loro singolari percorsi artistici. SS (LXXXXIXP) di Cuoghi raffigura un granchio in ceramica, eco dell’intervento Putiferio
(2016), un’invasione di granchi che l’artista realizzò a Idra, facendo
rivivere simbolicamente questa specie animale, scomparsa dall’isola
greca molto tempo fa. David declina l’indagine naturale in senso
materico, spaziando dalle grandi tele ricamate The American Elle Earthworm e Untitled alla scultura polimorfa Untitled.
Il
lavoro dei due italiani viene accostato all’opera fragile e poetica
dell’artista Nairy Baghramian. Di origine iraniana, Baghramian esplora
la forma scultorea, utilizzando figure e motivi tratti da fonti
molteplici, dal design alla fisiologia. Il suo lavoro Eule (Owl)
è realizzato in resina epossidica e legno dipinto. Seguono alcuni
rappresentanti dell’Arte Povera, che si distinguono per l’impiego di
materiali “poveri” naturali, organici e industriali: legno, foglie,
marmo, lastre di ferro, sacchi di juta, plastiche, scarti industrialiG
Giuseppe Penone, Jannis Kounellis, Gilberto Zorio e Pino Pascali.
Quest’ultimo con la scultura Baco da setola completa il nucleo della
raccolta dedicato a questo movimento. L’opera rientra nel ciclo che
Pascali dedicò agli animali e alla natura: è una scultura realizzata con
uno spazzolone in acrilico sostenuto da una struttura in ferro, che ha
la forma di un grande bruco. Insieme a questo corpo di lavori, nella
grande sala sono esposti Photo-graffia di Vincenzo Agnetti,
dove la carta fotografica è stata graffiata dall’artista con una punta
metallica per tracciare sottili fili di memoria, nuvole di punti
luminosi, fiori fragili o personaggi trasparenti e inafferrabili come
fantasmi; l’opera Ieri ikebana 070820162 di Alessandro Piangiamore, in cui fiori e foglie sembrano emergere dal cemento e Maschera di terra
di Jean Dubuffet, per cui “tutto è paesaggio”. L’opera riflette inoltre
l’abbondono da parte dell’artista dell’uso dei colori tradizionali per
adottare la terra come medium per comporre i suoi lavori.
L’ultima sala ospita, oltre a uno splendido lavoro di Christopher Wool, oggi tra gli artisti contemporanei più noti su scala internazionale, il trittico fotografico Still Water di Roni Horn e l’incisione Wellen di Markus Reatz, in cui l’acqua è assoluta protagonista. In Still Water, le immagini del fiume Tamigi sono accompagnate da alcuni testi posti in calce: storie, racconti e citazioni letterarie alternate a invenzioni dell’artista cercano di decifrare l’inafferrabile essenza dell’acqua. Versi e frasi, in questo caso di Emily Dickinson, tornano nel lavoro di Horn When Dickinson Shut her eyes: No. 562 Conjecturing a Climate e fungono da ispirazione per il titolo Nature is what we see, tratto da un’altra poesia della poetessa americana.
Elenco artisti
Vincenzo
Agnetti*/ Harold Ancart/ Tauba Auerbach*/ Nairy Baghramian*/ Roberto
Cuoghi*/ Enrico David*/ Michael Dean*/ Jean Dubuffet/ Günther Förg*/
Roni Horn/ Jannis Kounellis/ Leoncillo*/ Markus Lüpertz/ Mario Merz/
Pino Pascali*/ Giuseppe Penone/ Alessandro Piangiamore*/ Seth Price/
Markus Raetz*/ Ugo Rondinone*/ Sterling Ruby/ Remo Salvadori*/ Salvatore
Scarpitta/ Garth Weiser*/ Christopher Wool*
* Nuove acquisizioni
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