20 autoritratti del maestro divisionista a cinquant’anni
dalla sua scomparsa
A cura di Annie-Paule Quinsac
Dall'8 dicembre 2018 al 6 gennaio 2019 Casa De Rodis a Domodossola (VB) ospita Omaggio a Carlo Fornara. Autoritratti a cinquant’anni dalla sua scomparsa (1871-1968).
La mostra presenta undici autoritratti a olio, dai 17 ai 90 anni, già alle Gallerie Maspes Milano dal 12 al 29 settembre 2018, e si arricchisce di alcune fra le più interessanti opere su carta dell'artista, fra i maggiori interpreti dell’arte italiana della prima metà del XX secolo.
L’iniziativa prosegue le celebrazioni dedicate al maestro vigezzino che culmineranno con la mostra in programma la prossima estate sempre nello spazio espositivo di Casa De Rodis a cura di Annie-Paule Quinsac.
Il lavoro di artisti contemporanei affini e selezionati, in dialogo per tutto il 2019 con i luoghi e i temi cari a Carlo Fornara, prolungherà eccezionalmente la stagione espositiva di Collezione Poscio in collaborazione con l'Associazione Asilo Bianco per restituirci una nuova esperienza nel presente.
I lavori esposti per Omaggio a Carlo Fornara. Autoritratti provengono,
quasi totalmente, dalla collezione di Alessandro Poscio, amico e
cultore dell’opera di Fornara, e ricoprono l’intero arco di una vita; da
quelli giovanili, i più numerosi, a quelli realizzati pochi mesi prima
della morte, che l’autore novantenne, con impietosa consapevolezza del
degrado senile, lascia alle persone care, quasi a riaffermare la
funzione primaria del ritratto quale sfida al tempo e custode degli
affetti.
In
tal senso i dipinti permettono di seguire lo sguardo introspettivo di
un uomo che aveva fatto della conoscenza di sé una filosofia di vita,
tanto da consegnare quotidianamente ai diari e ai taccuini, mai
interrotti, un’autoanalisi lucida, a volte dura, che oltrepassa le
riflessioni sulla propria arte.
Carlo Fornara (Prestinone, 1871-1968). Note biografiche
Pur
senza tradizioni alle spalle ─ il padre era ramaio e la madre contadina
─, nel 1883 si iscrisse alla scuola di pittura "Rossetti Valentini" di
Santa Maria Maggiore.
Qui,
per sei anni, studiò sotto la guida di Enrico Cavalli, carismatico
maestro, che orientò le sue ricerche verso l'indagine sulla luce e sul
colore e alle esercitazioni dal vero sulla scia delle nuove tendenze
dell'arte francese.
Terminati gli studi, nel 1891, partecipò alla prima Triennale di Brera con La bottega del calderaio e con Ricordanze. Quest’ultima opera venne collocata nella sala in cui erano esposti Maternità di Gaetano Previati e Le due madri di Giovanni Segantini. Fu questo il primo contatto di Fornara con il Divisionismo.
Nel 1982 la retrospettiva di Fontanesi a Torino gli aprì nuove, profonde suggestioni.
Nel
1894 partì per la Francia, fermandosi a Lione, dove frequentò la locale
pinacoteca; soggiornò poi a Marsiglia, ma non poté proseguire per
Parigi a causa dei tumulti scoppiati per l'uccisione del presidente Sadi
Carnot. Nel 1896 Fornara tornò a Lione e, finalmente, raggiunse Parigi.
Vide al Louvre i grandi del Rinascimento e conobbe da vicino le opere
di Jean-François Millet, Gustave Courbet, Théodore Rousseau e degli
impressionisti.
Nel 1897 il rifiuto di En plein air alla
Terza Triennale di Brera si rivelò fondamentale. Il dibattito con cui
la decisione fu contestata dagli antiaccademici gli valse
l’interessamento di Alberto Grubicy e l’ingresso nella sua Galleria.
L’anno dopo, anche grazie a Grubicy, fu chiamato da Segantini a Maloja
per collaborare al progetto che avrebbe dovuto sostituire il Panorama dell’Engadina
all’Esposizione Universale di Parigi del 1900. Purtroppo,
improvvisamente, Segantini morì il 28 settembre 1899. L’incontro con
Segantini, reso forse ancor più determinante dalla repentina scomparsa,
cambiò il rapporto di Fornara con l’iconografia e il modo di fare
pittura. A partire dal 1899 la figura e, dunque, anche il ritratto,
divennero secondari e fu il paesaggio, inteso come natura, a prendere il
sopravvento. Il rapporto colore-luce-disegno, impostato alla Monticelli
sull’equilibrio tra forme e cromatismo, è scavalcato dall’adozione
della tecnica divisionista, a grandi filamenti di matrice segantiniana,
che creano i contorni e catturano la luce ambientale. Alberto Grubicy
gli imponeva una presenza assillante alle mostre nazionali e
internazionali e lo condannava, volente o nolente, a recitare la parte
di pontifex maximus del Divisionismo. Tra i due, comunque,
s’instaurò un profondo sodalizio, tanto che alla morte di Grubicy nel
1920 Fornara ne fu esecutore testamentario. Ma da allora iniziò una
lunga riflessione su se stesso e sull’arte contemporanea che lo condusse
a un percorso controcorrente e solitario. Sostenuto da pochi ma fedeli
collezionisti, decise irrevocabilmente di non partecipare più ad alcuna
mostra, pur continuando a dipingere, sperimentando nuove tecniche e
interpretazioni.
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