Una mitologia personale, somma o interpretazione di sollecitazioni diverse, totalmente inventata e slegata dai suoi referenti.
È un universo coerente, con le sue leggi, i suoi cerimoniali, i suoi attori: personaggi maschili o femminili, umani o animali, figure antropomorfe, architetture metafisiche, rituali magici, ancestrali. La figura del dormiente è spesso presente in questi quadri: trasmette un’idea di incubazione e di sogno più che di riposo. Sovente è raffigurato all’interno di una sorta di alveo, in posizione fetale. L’artista non è particolarmente legata all’arte come sperimentazione, le interessa invece avere uno stile con cui raccontare le sue visioni. Mariana Bussola, afferma di non avere mai desiderato riprodurre la realtà: ad attrarla è l’invisibile reso visibile, per citare Paul Klee.
La pittura dell’artista non è spontanea, non è gestuale, non avviene di getto. È meditata e attentamente progettata, quasi come un mosaico, a partire da un bozzetto su carta, vero seme del dipinto, che lo contiene già, come un embrione. Dove niente è lasciato al caso, dove equilibri (e squilibri) sono voluti, decisi già in partenza.
Fondamentale è l’importanza data al titolo: che non è mai didascalico, ma nasce per analogia e non intende offrire spiegazioni.
“Del resto non potrebbe perché, una volta terminata l’opera, mi trovo in uno stato di totale ignoranza di fronte a essa: i suoi molteplici significati mi si sveleranno a poco a poco, nel corso dei mesi o degli anni. Mentre dipingo non sono pienamente consapevole del significato delle mie immagini, lo capisco dopo, forse. Talvolta sono gli altri a suggerirmelo. D’altra parte non desidero che il quadro si colga in uno sguardo solo: non voglio che segua una facile narrazione. Come sempre i miei dipinti non illustrano, ma alludono segretamente, in modo indiretto”.
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