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mercoledì 12 giugno 2024

Museo Poldi Pezzoli Science in Motion

 


Eadweard Muybridge, Harold Edgerton, Berenice Abbott
Fotografie dalla collezione di Bank of America
13 giugno-26 settembre
Dal 13 giugno al 26 settembre 2024, il Museo Poldi Pezzoli celebra con la mostra Science in Motion: Eadweard Muybridge, Harold Edgerton, Berenice Abbott. Fotografie dalla collezione di Bank of America tre icone rivoluzionarie della fotografia, offrendo attraverso le opere esposte una visione degli studi scientifici condotti nella prima metà del Novecento da questi tre grandi maestri.
La fotografia è nata da uno stretto rapporto tra arte e scienza: i pionieri di questo medium erano infatti inventori, scienziati e matematici. I risultati dei loro esperimenti hanno avuto un forte impatto su questa forma d'arte e hanno creato una relazione tra arte e scienza, che continua ancora oggi.
Dopo la sua invenzione, annunciata al mondo nel 1839, la fotografia è diventata lo strumento privilegiato per l'indagine scientifica, generando al contempo una nuova forma d'arte.
Questa mostra presenta, attraverso le oltre trenta opere esposte, gli studi scientifici condotti da tre fotografi innovativi: Eadweard Muybridge, Harold Edgerton e Berenice Abbott. Ciascuno di questi artisti ha inventato dispositivi per studiare e rappresentare aspetti della luce e del movimento. Le loro opere mostrano non solo i fenomeni scientifici, ma anche le qualità artistiche individuali di questi fotografi.
Grazie al loro lavoro, l’unione tra scienza e fotografia, felicemente riuscita, ha portato alla creazione di nuove tecnologie e nuovi metodi di insegnamento che hanno contribuito a farci entrare nell'era moderna.
Con questa mostra vogliamo proseguire il dialogo con le diverse espressioni artistiche, dal passato al presente, dal gusto di Gian Giacomo Poldi Pezzoli all’estetica dei grandi della fotografia: la Sala del Collezionista regala al pubblico un’indagine visiva intensa e originale di come arte e scienza fossero legate indissolubilmente agli albori della fotografia – dichiara Alessandra Quarto, direttore del Museo Poldi Pezzoli. “L’esposizione sarà anche un modo per raggiungere e coinvolgere un diverso tipo di pubblico, che grazie alla fotografia potrà avvicinarsi al Poldi Pezzoli e scoprire le sue collezioni”.
La mostra, patrocinata dal Comune di Milano, è accompagnata per tutto il periodo estivo da attività di approfondimento realizzate da parte dei Servizi Educativi del Museo con focus sull'idea di rappresentazione del movimento, un confronto tra pittura e fotografie e su quello che lo studio scientifico della luce ha permesso di scoprire circa il movimento, sia per adulti che per bambini.
Questa mostra è stata concessa in prestito grazie al programma Bank of America Art in our Communities®
Eadweard Muybridge
Nell’Ottocento ci fu un grande interesse per la rappresentazione realistica del movimento. In particolare, scienziati e artisti sperimentarono vari modi per catturare e rappresentare la sequenza temporale del movimento, che non poteva essere colta dall’occhio umano. Grazie alla sua capacità di registrare e rappresentare il mondo nel modo più realistico possibile e al fatto che ogni immagine è, in sostanza, un frammento di tempo, la fotografia apparve da subito lo strumento più adatto per tale indagine.
Il ruolo di Eadweard Muybridge in questa avventura è stato fondamentale. Negli anni '70 dell’Ottocento, Muybridge era uno dei fotografi più apprezzati in America, e nel 1872 fu contattato da Leland Stanford, un politico della California, per risolvere una scommessa sulla posizione delle zampe di un cavallo al trotto a tutta velocità. Dopo molti tentativi, Muybridge riuscì a scattare una fotografia stop-motion del cavallo di Stanford, esponendo il negativo per meno di un millesimo di secondo, un tempo di esposizione mai ottenuto prima.
Dopo aver fermato con successo il movimento in sequenza, Muybridge immaginò la possibilità di animare queste fotografie. A tal fine sviluppò un dispositivo chiamato zoopraxiscopio, che proiettava in rapida successione le immagini disposte su un disco di vetro rotante. Questi primi “filmati” furono visti dalla famiglia Stanford nel 1879 e due anni dopo da un pubblico europeo che includeva artisti, scienziati e intellettuali.
Nel 1883, la collaborazione tra Muybridge e Stanford finì. Muybridge continuò il suo lavoro all'Università della Pennsylvania, e in un anno e mezzo di lavoro, il fotografo produsse circa 100.000 immagini. L'università selezionò 781 tra i suoi studi di movimento per la pubblicazione Animal Locomotion. Alcuni sono esposti in questa mostra.
Harold Edgerton
Negli anni '30 del Novecento l’idea che il tempo potesse apparire “fermato” fece un altro grande passo in avanti quando Harold Edgerton, al Massachusetts Institute of Technology (MIT), sviluppò uno stroboscopio elettronico che generava brevi impulsi di luce, permettendo ad oggetti che si muovevano a grande velocità di apparire statici.
Sincronizzò i flash con il movimento del soggetto, mentre scattava una serie di fotografie attraverso un otturatore aperto alla velocità di molti flash al secondo, ottenendo così una sequenza di fotografie stop-motion ad altissima velocità.
Questo apparato, che ridusse notevolmente i tempi di esposizione (fino a milionesimi di secondo), consentì di riprendere momenti che prima di allora si era potuto cogliere a causa della velocità dei soggetti. L'invenzione permise a Edgerton, per esempio, di catturare l'istante esatto in cui una goccia di latte colpisce un liquido, documentando l'impatto con una chiarezza e precisione mai visti prima. Mentre le fotografie di Muybridge fermavano il tempo, quelle di Edgerton sembravano rallentarlo fino a sospenderlo.
Nonostante le sue brillanti invenzioni e la lunga carriera di insegnamento al MIT, Edgerton deve la sua fama alle sue fotografie stop-motion: in tutto il mondo le persone rimasero stupite da queste immagini. Edgerton stava davvero rappresentando l'invisibile, e con una qualità poetica ed estetica. La sua famosa immagine della goccia di latte fu inclusa nella prima mostra di fotografia al Museum of Modern Art di New York, nel 1937.
A causa del rapido sviluppo tecnologico e scientifico dell'ultimo secolo, queste fotografie potrebbero non avere oggi lo stesso impatto che hanno avuto quando furono viste per la prima volta. Tuttavia, continuano a suscitare meraviglia e ispirare intere generazioni di fotografi.
Berenice Abbott
Tra gli inventori, scienziati e artisti che gettarono le basi per la fotografia moderna ci furono anche molte donne. Una di queste è la celebre fotografa Berenice Abbott. Sebbene sia conosciuta soprattutto per la sua geniale documentazione di New York durante la Grande Depressione, Abbott si dedicò anche alla visualizzazione di fenomeni scientifici. Scrisse molto sulla capacità unica della fotografia di essere la “portavoce” della scienza, e nel 1939 rivolse la sua attenzione quasi esclusivamente a quest’ultima.
Nel 1944, Abbott divenne redattore fotografico di Science Illustrated. Durante questo periodo, portò a termine alcuni dei suoi primi studi sulle onde, basati sul lavoro sperimentale che l'artista e fotografo di fama internazionale Man Ray aveva prodotto negli anni '20. Nel 1923, Man Ray aveva infatti assunto Abbott come assistente di
camera oscura per il suo studio di Montparnasse, a Parigi. Sotto la sua guida Abbott realizzò la sua prima mostra personale solo tre anni dopo.
Nel 1947, poco dopo aver lasciato la rivista, Abbott creò la House of Photography per progettare, promuovere e vendere le sue invenzioni. In quel periodo si distinse come progettista di apparecchiature fotografiche.
Nel 1957, Abbott fu invitata a unirsi al Physical Science Study Committee presso il MIT. Finalmente, la teoria di Abbott sull’importanza della fotografia per la scienza fu riconosciuta. Per i tre anni successivi, Abbott studiò, progettò e fotografò esperimenti che trattavano di magnetismo, elettricità ed effetti del movimento sulla materia.
Le sue Science Pictures hanno l’immediatezza e la semplicità di tutti i suoi lavori, ma queste immagini hanno anche una bellezza ideale, che parla delle speranze di Abbott per il futuro e dell’importanza della sinergia tra fotografia e scienza.

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