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lunedì 1 febbraio 2021

Società Agricola “Biondo Jeo” di Cristian De Lucchi Dialogo con la Bianchetta Trevigiana ed altri vitigni autoctoni a bacca bianca della Marca Trevigiana.

 

 




 

La Società Agricola Biondo Jeo” di Cristian De Lucchi è situata nel cuore dei Colli Asolani, in un territorio collinare di grande fascino ed attrattiva per la bellezza e l’armonia di un paesaggio di rilevante valore ambientale e naturalistico, ricco di biodiversità per la presenza di siepi, prati, boschi di castagni, querce, olmi, frassini, carpini, dove è diffusa anche l’olivicoltura. Un’area rinomata e vocata per la coltivazione della vite, per le particolari condizioni di suolo, clima ed esposizione, con una tradizione vitivinicola che affonda le sue radici fin dai tempi antichi.

Cristian De Lucchi segue personalmente tutte le fasi, passo dopo passo, dell’intero processo produttivo, dal lavoro in vigna alle operazioni di cantina, fino all’imbottigliamento. Per incontrarlo ed ascoltarlo è d’obbligo andarlo a trovare, nella cantina di Via Biss a Castelli di Monfumo. Cristian considera molto importante il rapporto sinergico che si viene a creare con il consumatore durante la visita in azienda.

Per gli appassionati estimatori dei vini del territorio, autentici, non omologati, che sanno conquistare per la loro diversità e profondità, costituisce un valore aggiunto conoscere il luogo dove sono stati prodotti, la filosofia del vignaiolo, la metodologia di produzione perché è importante saper apprezzare anche la cultura che li accompagna.

Cristian riesce ogni volta a contagiare gli amici, i degustatori ed i professionisti, in visita nella cantina, con il suo entusiasmo e la sua simpatia; allo stesso tempo è un vignaiolo pragmatico con una grande esperienza professionale che proviene anche dai saperi contadini e dalla tradizione viticola della famiglia. La sua è una storia che narra il legame e l’amore per questi luoghi e la scelta, una volta compiuti gli studi in altro ambito professionale, di dedicarsi al lavoro di vignaiolo. Un percorso generazionale arricchito da legami famigliari importanti e da un patrimonio culturale di conoscenze e tradizioni.

Anche il nome dell’azienda “Biondo Jeo” sottolinea questi valori famigliari. Biondo è il soprannome con il quale era conosciuto il padre Lorenzo, definito da Cristian “figura carismatica, insindacabile, di grande saggezza”, Jeo era il soprannome del trisnonno Giosuè, il primo ad arrivare - nella metà dell’Ottocento - a Monfumo.

Attualmente la dimensione dell’azienda è di 6 ettari. Il primo podere, di un ettaro, che comprendeva oltre alla casa, la stalla, la cantina ed il vigneto venne acquistato dal nonno paterno nell’anno 1954 riscattando la mezzadria del suocero. Un tempo, come mi racconta Cristian, quasi tutti i piccoli produttori gestivano la loro azienda a ciclo chiuso; oltre che essere vignaioli si dedicavano al lavoro nei campi, all’orticoltura, all’allevamento degli animali da stalla e da cortile.

Nei piccoli appezzamenti denominati Cason, Roccol, Aldo Botò, Romeo, Bof, Nisio; Biaset e Costa Rossa così chiamato perché presenta una colorazione del suolo rossastra ed è l’impianto più recente - sono presenti cultivar autoctone a bacca bianca, di Prosecco, o Glera, nei biotipi tonda e lunga, di Bianchetta Trevigiana[1], ed in minore quantità Perera[2], Verdiso e Rabiosa[3].

Nel 2005 al “Cason”, il vecchio vigneto di Bianchetta Trevigiana dove erano presenti anche ceppi centenari, è stato rinnovato utilizzando il materiale genetico delle vecchie piante. La selezione massale utilizzata mira a preservare la diversità e le intrinseche peculiarità delle viti nonché la loro intima relazione con il territorio, nel quale hanno trovato - come sostiene Cristian - “il loro habitat favorevole e, nel corso del tempo, hanno saputo adattarsi alle specifiche condizioni microclimatiche”.

Il lavoro in azienda è concepito nell’ottica di un’agricoltura produttiva ma non inquinante, che rispetta l’ambiente. In campagna il lavoro manuale viene svolto con la massima cura ed attenzione al fine di preservare la vitalità e la fertilità del suolo in modo di mantenere l’equilibrio ecologico e la salute nel vigneto; per questo motivo Cristian non fa ricorso all’utilizzo di pesticidi, sistemici e diserbanti.

In cantina le lavorazioni sono il risultato di una prassi artigianale non invasiva, con l’obiettivo di far risaltare le differenze di ogni singola annata e conservare l’impronta del territorio. I vini, vinificati in purezza e poi assemblati, non vengono filtrati e la solforosa è aggiunta in minime dosi. I frizzanti sono con la rifermentazione naturale in bottiglia, vini col fondo - sur lie, un metodo di vinificazione della tradizione. Nella bottiglia il contatto con i lieviti conferisce a questi vini specifiche qualità: bollicine fini, complessità organolettica, longevità. Un’altra particolarità è la macerazione sulle bucce di alcune varietà di uve a bacca bianca. La produzione annua è di circa 30.000 bottiglie.

Una viticoltura competente che restituisce al vino, oltre a qualità, salubrità e piacevolezza di beva, il valore e la ricchezza del territorio ed una storia autentica da raccontare.

“Come ripeteva Henri Jayer[4], la verità del vino è nel bicchiere[5].”

“Il vino non è una conoscenza da oggettivare ma un incontro da realizzare[6].”

Se il vino vivo e vitale è un piacere da condividere, le visite alla cantina di Monfumo sono pause rilassanti, momenti spontanei e cordiali, scambio di impressioni, degustazioni “geosensoriali” accompagnate dagli ottimi salumi e formaggi della zona. Incontri di vita vera e concreta, narrazioni di esperienze che custodiscono la memoria della tradizione e le conoscenze di un mondo contadino, sull’orlo della scomparsa, da affiancare a quelle di un’agricoltura contemporanea.

Nel corso dei molti incontri con Cristian De Lucchi ho avuto modo di conoscere la sua famiglia ed i figli Giovanni e Giacomo, che davano il loro aiuto nei lavori in campagna. È stato spontaneo chiedere se continueranno la storia di famiglia, mantenendo viva questa tradizione.

Cristian afferma che la storia della famiglia e dell’azienda fanno parte di un percorso che si trasmette di padre in figlio, con la consapevolezza che

essere contadini “per scelta” non è facile, è un lavoro bellissimo ma comporta anche fatica e sacrificio; va intrapreso senza forzature, devi sentire che ti appartiene ed allo stesso tempo avere talento!

Arrivederci nella cantina Biondo Jeo non appena, la situazione legata all’emergenza sanitaria per COVID-19, ci consentirà di riprendere gli incontri con le piccole realtà agricole impegnate a valorizzare il territorio praticando un’agricoltura che tutela ambiente e salute. Sostenere l’economia locale di queste aziende è un modo per essere soggetti attivi nel processo di produzione.

 

Durante gli incontri sono stati degustati:

Biondino - Vino Bianco Frizzante - Glera 100% - alc. 10,5% vol. - Tappo corona

Esame organolettico: Giallo paglierino intenso. Al naso profumo di fiori bianchi con sensazioni citrine, vegetali, di erba tagliata, e sentori minerali. In bocca è fresco, tonico, con una vivace sapidità che rimanda al territorio. È un vino snello, immediato, schietto, pericolosamente bevibile.

Abbinamento: Antipasto del Malgher (formaggio Morlacco e salumi), secondo la ricetta di Giuseppe Maffioli, da “La Cucina Trevigiana”.

Note tecniche: Vinificazione in bianco, non filtrato.

 

Biondo del Biondo - Vino Bianco Frizzante, fermentato e conservato sui lieviti - 2018 - Bianchetta Trevigiana 100%, proveniente dal vigneto “Cason” - alc. 10,5% vol. - Tappo a corona

Esame organolettico: Giallo paglierino con riflessi dorati. L’olfatto si apre con note floreali di fiori gialli accompagnate da sentori fruttati di pesca gialla ed albicocca e riconoscimento di lieviti, per finire con un delicato profumo di erbe officinali - timo, salvia, origano - ed un lieve tocco speziato. Il sorso di buona freschezza è equilibrato dalla fine carbonica, con una vena sapida che allunga il finale. Un vino appagante, gustoso, dove freschezza e sapidità sono in sinergia, una scelta nobile è abbinarlo con il cibo.

Abbinamento: Baccalà alla Montelliana, secondo la ricetta di Giuseppe Maffioli, da “La Cucina Trevigiana”.

Note tecniche: 100 giorni di macerazione sulle bucce; fermentazione con i propri lieviti; nessuna aggiunta di solforosa; non filtrato.

Interessante l’assaggio di annate più mature di Bianchetta Trevigiana, come ad esempio la Bianchetta Colli Trevigiani I.G.T. 2007 - non filtrata - Degustazioni che permettono di farci apprezzarne l’evoluzione di questi vini bianchi, non necessariamente da bere giovani, in grado di dimostrare la loro capacità di conservarsi ed invecchiare positivamente nel tempo. In azienda sono disponibili annate diverse di Bianchetta Trevigiana a partire da quella della vendemmia 2003.

 

Metodo Classico - Brut Nature - 2016 - alc. 12,5% vol.

Esame organolettico: Naso fine; emergono note floreali e fruttate accompagnate dal profumo della scorza d’arancia, delle erbette di campo, una delicata nota di nocciola tostata e crosta di pane, sentori minerali. Al palato si distingue per la vivida freschezza in sinergia con la sapidità e l’elegante effervescenza. Un metodo classico che rivela carattere e spessore per la qualità delle cultivar e l’impronta data dal territorio.

Abbinamento: Pasticcio d’asparagi, secondo la ricetta di Giuseppe Maffioli, da “La Cucina Trevigiana”.

Note tecniche: Taglio di Bianchetta Trevigiana (circa 60%) macerata sulle bucce, proveniente dal vigneto il “Cason”, e Glera (circa 40%) da vecchie vigne vinificata in bianco. Tiraggio Maggio 2017. Sboccatura dicembre 2019 con Dosaggio Zero.

 

Antonella Pianca

Fotografie di Antonella Pianca e Giovanni Damian ©2018-2020

 

Per approfondire:

·           Fabio Giavedoni - Maurizio Gily (cur.), Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore srl, Bra (CN), 2011

·           Giuseppe Maffioli, La cucina trevigiana, Franco Muzzio & C. spa, Padova (PD), 1983

·           Nicola Perullo, Epistenologia – Il vino e la creatività del tatto, MIM Edizioni srl, Sesto san Giovanni (MI), 2016

·           Jacky Rigaux – Sandro Sangiorgi, Il vino capovolto – La degustazione geosensoriale & Altri scritti, Porthos edizioni srl, Roma, 2017

 



[1] La Bianchetta Trevigiana è una varietà autoctona apprezzata già nel XVII secolo. Diffusa nei Colli Trevigiani, in particolare nel territorio compreso tra Conegliano e Valdobbiadene, specialmente nelle zone più alte e fredde. Il grappolo è di grandezza media, corto, cilindrico o piramidale, provvisto di un’ala e molto compatto. Acino sub rotondo di colore giallo dorato, pruinoso, con buccia spessa e consistente.

[2] La Perera è una varietà autoctona nota da fine del Settecento come Uva della Madonna

[3] La Rabiosa è una varietà autoctona conosciuta anche con il nome di Durella

[4] Henri Jayer (*06/02/1922 Vosne-Romanée, Francia - 20/09/2006 Digione, Francia) è stato un viticoltore francese a cui viene attribuita l'introduzione di importanti innovazioni nella vinificazione borgognona. Era particolarmente noto per la qualità del suo Pinot Nero. Jayer ha frequentato l'Università della Borgogna di Digione negli anni '40, laureandosi in Enologia.

[5] Jacky Rigaux – Sandro Sangiorgi, Il vino capovolto – La degustazione geosensoriale & Altri scritti

[6] Nicola Perullo, Epistenologia – Il vino e la creatività del tatto

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