Fondazione Marconi ha il piacere di presentare Emilio Tadini 1967-1972. Davanti agli occhi, dietro lo sguardo, la terza mostra dedicata all’artista e intellettuale milanese Emilio Tadini. Dopo Emilio Tadini 1960-1985. L’occhio della pittura del 2007 e Emilio Tadini 1985-1997. I profughi, i filosofi, la città, la notte
del 2012, questo nuovo progetto espositivo pone l’attenzione sugli
esordi della produzione artistica di Tadini, dal 1967 al 1972, ovvero
dal primo ciclo Vita di Voltaire, che segna la nascita del suo linguaggio pittorico, fino ad Archeologia.
Considerato uno tra i personaggi più originali del dibattito culturale del secondo dopoguerra italiano, fin dagli anni Sessanta Emilio Tadini sviluppa la propria pittura per grandi cicli,
popolati da un clima surreale in cui confluiscono elementi letterari,
onirici, personaggi e oggetti quotidiani, spesso frammentari, dove le
leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente
annullate.
Le
opere di Tadini nascono da un clima emotivo, da un flusso mentale “in
qualche zona semibuia della coscienza” dove le immagini emergono in un
procedimento freudiano di relazioni e associazioni e dove le situazioni
“reali” che il pittore raffigura sono immerse nell’atmosfera allucinata
del sogno, in un clima surrealista-metafisico. Questo processo
automatico si sviluppa, più che sulla prima immagine del quadro, sulla
serie: da un’immagine ne scaturiscono altre, modificandola e
alterandola.Ogni volta l’artista produce un racconto, tanto che la sua pittura cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate.
La
lettura delle sue opere richiede strumenti di natura concettuale, le
immagini apparentemente semplici e immediate, nascondono molteplici
significati (“tutto accade davanti ai nostri occhi… il pensiero si
ripara… dietro lo sguardo”), non mancano i riferimenti al Surrealismo e
alla Metafisica di de Chirico, come anche alla psicanalisi di Lacan e
Freud.
Tadini
domina con singolare capacità due tipi di linguaggi, il visivo e il
letterario, lavorare per cicli lega anche la sua pittura alla cultura
letteraria e in particolare alla pratica della scrittura, di cui è
maestro. Il suo lavoro è dunque luogo di convergenza di linguaggi
differenti.Tra
il 1967 e il 1972 l’attività pittorica dell’artista è particolarmente
prolifica e va delineandosi la sua modalità operativa e stilistica.
Punto di partenza è la pop art: le prime due grandi serie di opere per cui Tadini concepisce un linguaggio pop sono la Vita di Voltaire, del 1967, e L’uomo dell’organizzazione, dell’anno successivo. Seguono, nell’ordine, Color & Co. (1969), Circuito chiuso (1970), Viaggio in Italia (1971), Paesaggio di Malevič e Archeologia (1972).Non sono tuttavia le aggressive manifestazioni tipiche del pop americano a interessarlo, bensì le varianti più introspettive e personali, a volte intellettuali, politiche e critiche, del pop britannico. Un occhio particolare è rivolto all’arte di Ronald Kitaj, Peter Blake, David Hockney e Allen Jones ma anche a Francis Bacon e Patrick Caufield, alla Figuration narrative di Valerio Adami, Eduardo Arroyo e Hervé Télémaque. Sarà questa una fase di passaggio che l’artista abbandonerà negli anni Ottanta, destinata comunque a lasciare un segno indelebile nei suoi lavori successivi.Accanto ai quadri, la mostra presenta una selezione di disegni e opere grafiche a testimonianza del fatto che Tadini ha sempre affiancato nei suoi “racconti per immagini” tela e carta, pittura e disegno.
Obiettivo finale del progetto espositivo Emilio Tadini 1967-1972. Davanti agli occhi, dietro lo sguardo è riportare “alla luce” il lavoro grafico e pittorico del maestro milanese per ricostruire la figura di un artista totale (pittore, disegnatore, intellettuale, scrittore e poeta) colto e profondo, anche alla luce del particolare rapporto con Giorgio Marconi, gallerista, collezionista e soprattutto amico di Tadini.
“L’incontro
con Marconi è stato importante, mi ha dato una grande fiducia di potere
fare questo lavoro di pittore professionalmente”, racconta lo stesso
Tadini. “E subito dopo, lavorando, viene fuori la prima grande serie che
è quella della ‘Vita di Voltaire’, dove si vede l’influenza della
Metafisica, si alleggerisce la materia pittorica, uso fondi chiari
monocromi e comincia un po’ la storia della mia pittura. A questo punto
c’è ormai questa come attività professionale, tanto che io sospendo il
lavoro letterario: prendo appunti, per me, come se volessi autorizzare
davanti a me stesso una scelta.”
(A.C. Quintavalle, Emilio Tadini, Fabbri Editori, 1994)
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