Il Presidio dei prati stabili e pascoli
Prati stabili e pascoli sono l’emblema dell’equilibrio tra natura ed esseri umani, tra rispetto dell’ambiente e produzione di reddito, tra mondo selvatico e saperi millenari. Si trovano sulle Alpi, sugli Appennini, in collina, ma anche in pianura, dove ne sopravvivono porzioni importanti. Sopravvivono, ma ogni anno diminuiscono: in montagna per via dell’abbandono, in pianura per la ragione opposta: l’avanzare di monocolture e cemento. Il Presidio nasce per salvaguardarli e farli conoscere, attraverso i cibi legati all’erba e al fieno e altri derivati: latte e formaggi in primis, ma anche carne, uova, miele, lana. Coinvolge i pastori di 13 regioni, che custodiscono le praterie sulle montagne, praticando l’alpeggio nei mesi estivi, sugli altipiani, sulle colline, nelle aree più marginali, riconoscendo e valorizzando il loro prezioso lavoro di conservazione ambientale, ma anche gli allevatori delle pianure, incoraggiandoli a riconvertire i terreni sfruttati dalle monocolture. A Terra Madre sono presenti i primi 30 produttori di formaggio che ne fanno parte.
Trentino: enantio a piede franco e lupino di Anterivo
L’enantio - da leggere “enanzio”, alla latina - è un vitigno autoctono diffuso nella Vallagarina, al confine tra le province di Trento e Verona, e ha una peculiarità: il modo in cui si moltiplica. Niente barbatelle: le piante nascono per propaggine – a piede franco – senza essere innestate e, con la sapiente mano dei viticoltori, si riproducono. Ne deriva un vino dal rosso rubino intenso, sapore secco, acidità ben presente e patrimonio tannico ben equilibrato, realizzato senza uso di lieviti selezionati e coadiuvanti. Tuttavia, ogni produttore è libero di interpretare il vitigno secondo la propria tradizione familiare: un valore aggiunto del progetto che, oltre a preservare il paesaggio di vigneti secolari, lascia esprimere le identità delle aziende coinvolte.
Tra i surrogati del caffè della tradizione contadina merita una citazione quello ottenuto dal lupino di Anterivo, località montana della Val di Fiemme, all’interno del parco naturale del Monte Corno. Molto diffusa negli anni 60, la sua coltivazione è andata scemando fino quasi a scomparire. Alcune contadine del paese hanno però continuato a preservare questa varietà nei propri giardini, conservando la semente fino ai giorni nostri. Il Presidio intende valorizzare e accrescere la produzione di questo particolare prodotto, oggi usato non solo come bevanda, ma anche in cucina per aromatizzare piatti di carne e per la preparazione di alcuni trasformati: grappa, birra, cioccolato, gelati e altri dolci.
Friuli-Venezia Giulia: il malon
Le dorsali alte delle Valli del Natisone custodiscono un’eccezione, una zucca detta malon, che è stata tramandata nei secoli e che ancora oggi viene coltivata, nonostante la scarsa attitudine alla conservazione. Si tratta di una zucca a pasta bianca, dalla forma cilindrica-tondeggiante, che può raggiungere una lunghezza di circa 40-50 cm. In cucina, il malon si usa quando è ancora fresco, con la polpa bianca e la buccia tenera. Ha un sapore dolce ed è ingrediente cardine di alcune ricette tradizionali, come ad esempio la briza, o zupa malonova, una minestra realizzata con malon, batuda (latte vaccino intero acidificato), fagioli e talvolta patate.
Calabria: l’arancia belladonna di San Giuseppe
Cultivar tardiva e a polpa bionda, l’arancia belladonna di San Giuseppe lega il suo nome a un piccolo centro nella parte settentrionale della città di Reggio Calabria: la frazione Villa San Giuseppe, sulla foce del torrente Gallico. Nel tempo, la mancanza di ricambio generazionale e la frammentazione delle proprietà terriere hanno causato l’abbandono di buona parte degli agrumeti. Oggi i produttori della comunità Slow Food del Presidio lavorano affinché la sua qualità torni a essere riconosciuta e apprezzata, invitando gli agricoltori del luogo a riprenderne la coltivazione. Non solo per sviluppare un’opportunità di reddito, ma per mantenere il valore paesaggistico del territorio.
Puglia: agrumi tradizionali di Palagiano, carciofo della Terra dei Messapi, Pecora gentile di Puglia e Suino Nero Pugliese
Il Comune di Palagiano, nella zona costiera dell’Arco jonico tarantino, è un territorio tradizionalmente vocato all’agrumicoltura. Qui sopravvivono esemplari di numerose varietà antiche, tra cui mandarini Avana e Marzaiolo, clementine Comune, arancio Biondo, sanguinello Piccolo, Tarocco Dal Muso, Vaniglia/Maltese, Washington antica e limone Femminello. Il Presidio preserva questi agrumi tradizionali, i loro paesaggi agrari storici e le tecniche colturali che vengono tramandate di generazione in generazione.
I coltivatori locali lo chiamano anche carciofo “brutto”per via del capolino più aperto, ma l’aspetto non rende giustizia alla qualità del carciofo della Terra dei Messapi. Tutto il territorio che si estende da Leuca a Ceglie e Egnazia è vocato alla coltivazione di questo ecotipo locale e, non a caso, i vecchi ricettari propongono numerose ricette a base di carciofo. Oggi un nucleo di produttori di Carovigno, Ostuni, San Vito dei Normanni, San Michele Salentino e Ceglie Messapica ha scelto di intraprendere un percorso virtuoso, coltivandolo secondo tecniche sostenibili e rispettose della tradizione.
La Gentile di Puglia è una pecora legata a doppio filo con il territorio di cui è originaria, l’antica Daunia e la Capitanata. Questa razza ovina era allevata con il sistema della grande transumanza sui pascoli del Tavoliere da ottobre a maggio e su quelli montani molisani e abruzzesi da giugno a settembre. Per via della resistenza alle malattie e della capacità di adattarsi alle condizioni climatiche del territorio, rappresenta un simbolo per la biodiversità di queste zone d’Italia. Il Presidio mira a preservare la razza, minacciata da crisi dell’industria laniera, scarsa quantità di latte prodotta e cambiamenti del passaggio.
L’abbandono della pastorizia e l'introduzione delle razze cosmopolite portò alla scomparsa quasi definitiva anche del Suino Nero Pugliese. Un gruppo di piccoli allevamenti semibradi dell’area storica sta investendo nel recupero di questa razza grazie all’aiuto di piccoli trasformatori che ritirano le carni ad un prezzo giustamente remunerativo. Il Presidio coinvolge dunque allevatori, macellai e trasformatori in una comunità di filiera che si pone come fine il rilancio di questa razza storica pugliese e dei trasformati ottenuti con le sue carni.
Liguria: croxetti di Varese Ligure
Crosetti, corzetti, curzetti, cruxetti: sono infiniti i modi per indicare questa pasta, che nelle varianti più commerciali e meno fedeli alla tradizione si può incontrare in tutta la Liguria. La sua particolarità è legata all’origine degli stampi, risalenti alla Repubblica Marinara di Genova, quando erano utilizzati per coniare monete. Diffusi nella tradizione popolare per omaggiare la futura nuora con un vassoio e annesso stampo in legno, si preparano impastando farina con tuorli d’uovo e acqua tiepida e vengono serviti con diversi condimenti: “au tuccu”, “in giancu” e “au pestu”.
Basilicata: mischiglio e prosciutto di Marsicovetere
In passato, nell’area lucana del Parco del Pollino, i contadini producevano frumento solo per pagare le tasse e quel poco che rimaneva non permetteva di far fronte alle esigenze familiari. Per questo si mescolava con farine di altri cereali - avena e orzo - e di legumi - ceci e fave o favino - per creare il mischiglio, con cui si produceva una particolare versione dei rascatielli o raschiatelli, la pasta dei poveri, un formato diffuso in tutta la Basilicata e in Calabria. Oggi la comunità del Presidio comprende agricoltori, mulini e pastifici che si adoperano per conservare la sua produzione, ancora attiva in quattro comuni - Chiaromonte, Teana, Fardella e Calvera -, dove viene miscelata farina di grano tenero dell’antica varietà Carosella o della varietà Senatore Cappelli, con proporzioni variabili di avena, orzo, ceci e fave.
Spostandoci in val d’Agri, incontriamo il prosciutto di Marsicovetere, un salume reso speciale dal microclima del borgo, arroccato a mille metri di altitudine, dove avviene la stagionatura. Nella maggior parte delle famiglie locali è tutt’oggi viva l’abitudine di allevare uno o due capi di maiale come scorta di cibo per l’inverno. Il prosciutto è quindi storicamente e tradizionalmente legato al territorio, ma oggi è prodotto da un numero esiguo di produttori che praticano ancora l’antica tecnica di lavorazione.
Sicilia: pesca tradizionale dello stretto di Messina e torrone di Caltanissetta
Lo stretto di Messina è uno degli hotspot di biodiversità più importanti del Mediterraneo, area di transito e migrazione di moltissime specie, grazie alla sua particolare posizione di confine fra i bacini occidentale e orientale. Qui i pescatori del Presidio mantengono in vita pratiche tradizionali di pesca che hanno un grande valore culturale e ambientale, impiegando attrezzi selettivi a basso impatto. Tra le specie pescate ci sono seppie, “gamberi di nassa”, cicirelli, pesci sciabola e il pesce spada, catturato con un metodo antichissimo, che prevede l’uso dell’arpione e delle feluche, piccole imbarcazioni.
Il torrone tradizionale di Caltanissetta, detto "Turruni" nel dialetto locale, nasce più di un secolo e mezzo fa nel capoluogo nisseno, dove alcuni pasticceri hanno scelto di continuare a seguire e tramandare la ricetta originale: pistacchi e mandorle di varietà siciliane, coltivati nel rispetto dell’ambiente, miele raccolto dagli apicoltori locali e una lavorazione lunga e impegnativa. La caratteristica distintiva della ricetta è la cottura del miele, che procede a fuoco lento per quasi nove ore nella "quadara", la caldaia. A quel punto, l’impasto viene steso sui tipici telai di faggio, i "tulari", con l’aggiunta di ulteriore granella di pistacchio e livellato con il mattarello di legno.
Tra i debuttanti a Terra Madre ci sono anche i nuovi Presìdi Slow Food finanziati da CAF America grazie alla generosità di FedEx.
Piemonte: la pesca Bella di Borgo d’Ale
Dalla polpa bianca molto aromatica e dalla forma tondeggiante medio-grande, la Bella è una varietà simbolo della peschicoltura della storia di Borgo d’Ale, che, dopo anni di declino a causa dell’introduzione di pesche più grandi e più adatte per il mercato, oggi si sta recuperando grazie all’attività di piccoli produttori locali.
Liguria: il moco delle Valli della Bormida
Nelle verdi vallate della Val Bormida si coltiva un Presidio appartenente alla famiglia della cicerchia: il moco, un legume particolare dalle piccole dimensioni e dalla forma irregolare che ricorda un sassolino, anche per il suo colore tra il bianco e il bruno marezzato. In cucina può essere utilizzato per varie preparazioni, dalle zuppe alle insalate e macinandolo si può ottenere una farina per fare dolci, impanature, ma anche due piatti della tradizione: la farinata cotta in forno a legna e la panissa fritta o tagliata a cubetti con pomodorini e cipollotti.
Lombardia: il peperone di Voghera
Apprezzato per la sua dolcezza e digeribilità, il Presidio del peperone di Voghera si caratterizza per la sua buccia sottile dai toni verdi o gialli e la polpa carnosa, consistente, poco acquosa e delicata, anche se può presentare note piccanti. All’inizio degli anni ‘50 alcuni fattori hanno messo a rischio la sua esistenza, ma dal 2006 alcuni agricoltori hanno ripreso a coltivare questo ortaggio.
Emilia-Romagna: il Pollo Romagnolo
Nelle campagne della Romagna torna a scorrazzare una razza di pollo rustico grazie all’impegno di un pensionato ravennate che mise a disposizione alcuni esemplari per poter recuperare questa specie e farla ripopolare, il Presidio del pollo romagnolo. Dalla livrea variopinta, una cresta medio grande e dai tarsi variabili, questo pollo razzola in ampi spazi ed è allevato all’aperto, incarnando perfettamente la filosofia promossa da Slow Food e che difende il benessere animale.
Umbria: la pesca tradizionale del lago Trasimeno
Tra le colline umbre si scorge il lago più esteso del centro Italia: il Trasimeno. Fino al 1970 la pesca è stata un’attività redditizia per molte famiglie, ma oggi questa tradizione rischia di scomparire e con essa le tecniche di pesca tramandate di generazione in generazione che permettono di mantenere in equilibrio la fauna ittica.
Campania: il grano marzellina
Il Presidio del grano marzellina, detto anche verminia, è una varietà di grano duro coltivato nelle campagne campane, dalla paglia bianca e corta, una spiga compatta e fortemente aristata e dal seme lungo e acuminato. Data la sua resa maggiore rispetto ad altri grani a semina autunnale, era considerata una soluzione di soccorso primaverile. Una delle caratteristiche della sua farina è quella di conferire alla pasta e ai pani una colorazione scura, una profumazione articolata e un gusto intenso.
Sardegna: il Suino Sardo
Is proccargiusu, è così che venivano chiamati i pastori sardi che si occupavano di allevare esclusivamente il Presidio del suino sardo, un maiale dal manto scuro e di piccola taglia, con una criniera di lunghe setole sulla schiena. A causa della peste suina africana arrivata negli anni ’70 l’allevamento allo stato brado di questa razza andò in crisi, ma oggi è stata recuperata grazie all’impegno di alcuni allevatori. Dalle sue carni vengono lavorati molti salumi, tra cui la salsiccia Sarda secca nella caratteristica forma a U, e il su presuttu, il prosciutto ogliastrino o barbaricino.
A concludere la presentazione dei prodotti presidiati da Slow Food grazie al sostegno di FedEx inediti a Parco Dora, ci sono due chicche presentate durante la manifestazione di Cheese 2023: il Presidio del cacio di Genazzano (Lazio) e il Presidio del Fodóm di malga (Veneto).
Un assaggio dei Presìdi internazionali
Varietà tradizionale della Costa Azzurra, nel sud della Francia, la cipolla rosa di Mentone era quasi scomparsa. Una famiglia ha però conservato i semi e ora altri produttori si sono uniti per salvaguardare questa varietà dolce, ricca di acqua e leggermente piccante. Perfetta cruda nelle insalate, è presente in diversi piatti tipici come la pissaladière, una torta salata con cipolle caramellate, acciughe e olive nere. Sempre dalla Francia provengono due formaggi a latte crudo di montagna: l’erborinato noto come Bleu du Queyras, prodotto con il latte delle mucche di Tarine, Abondance e Montbéliarde che pascolano sui pascoli montani delle Hautes-Alpes orientali e il tomme de la Brigue, tradizionalmente associato alla pecora Brigasque o Brigasca, razza che prende il nome dal villaggio di La Brigue nella Valle della Roya, nel dipartimento delle Alpi Marittime. È invece originaria dell’alta valle dell’Isonzo e deriva il suo nome dalla cittadina di Plezzo, la Pecora Plezzana, chiamata anche bovec in sloveno. Chiude il cerchio il grano saraceno Jauntaler Hadn, che, nonostante il nome, non è un vero cereale, ma un parente dell'acetosa e del rabarbaro. Oggi continua a essere una parte preziosa del patrimonio agricolo della valle Jauntal in Austria e la comunità del presidio mira a valorizzarlo nella cucina quotidiana, a renderlo accessibile sia ai consumatori più giovani che a quelli più anziani e a migliorarne l'immagine, a lungo associata all’alimentazione povera.
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