Una delegazione di 23
aziende di punta dell’Oltrepò fa squadra per valorizzare e far conoscere il
territorio e i propri vini
A Milano giornalisti e
produttori si sono confrontati su questo straordinario vitigno che, nelle
colline a sud del Po, trova espressioni sempre più apprezzate
Milano, dicembre 2021_Cosa
rende unico il Pinot Nero dell’Oltrepò Pavese? E qual è la direzione intrapresa
dai produttori, negli ultimi anni, nei confronti di un vitigno così potente, elegante
e poliedrico? Questi i temi dell’evento
"Talk ’n’ Toast - Conversazioni sul Pinot Nero: terroir a confronto
dalla Borgogna all’Oltrepò”, organizzato giovedì 2 dicembre presso
DaDa in Taverna a Milano, dove si è parlato dei terroir e delle caratteristiche
di queste due grandi aree, da sempre vocate alla produzione di Pinot Nero.
In Oltrepò il Pinot Nero riesce,
storicamente, ad esprimere con successo le sue due anime, quella importante e
pregiata della vinificazione in rosso e quella della raffinata bollicina Metodo
Classico: merito delle caratteristiche del suolo e del suo clima particolare,
oltre che della capacità e dell'intraprendenza dei viticoltori e delle cantine
- soprattutto a conduzione familiare - che guardano al futuro, ispirandosi certamente
anche al mito della Borgogna, e continuando ad investire nella sperimentazione,
nella sostenibilità e nella ricerca per delineare sempre più l’identità dei
loro prodotti in modo che sappiano conquistare gli appassionati, esaltando
tutte le caratteristiche del territorio e con un’impronta sempre più
internazionale.
L'evento ha consentito di scoprire
nuove sfumature attraverso la narrazione dei due terroir, in un interessante
confronto tra Armando Castagno, critico e autore del libro “Le vigne della Côte
d'Or” sulla Borgogna, e Filippo Bartolotta, da oltre vent’anni comunicatore del
vino italiano nel mondo.
“Questi produttori stanno dimostrando
che è arrivato il momento di prendersi onore e onere nell’annunciare di essere
il più importante distretto del Pinot Nero in Italia. Tremila ettari di questa
uva straordinaria coltivata in un terroir definito storicamente e
geograficamente in modo inequivocabile: un triangolo equilatero con la base
costituita dal Po e dalla via Emilia che sale a sud fino a 1700 metri. Un cuneo,
nel lembo nord più estremo degli Appennini, confinante ad ovest con il Piemonte
e ad Est con l’Emilia Romagna, con la Liguria che a piedi si può raggiungere
attraverso la bellissima via del sale.
Viticoltura di montagna con pendenze che toccano anche i 45 gradi
lasciando che la vista rimanga ingannata come se fossero della stessa verticalità
di un muro di un edificio. Decine di colline che sembrano le quinte di un
teatro cinese. Qui il Pinot Nero ha trovato i suoi natali verso la metà dell’800
e, nel 1865, nasce il primo metodo classico italiano grazie al lavoro del Conte
Vistarino e dell’imprenditore Carlo Gancia. una storia costruita da una
collettività che adesso ha deciso di crederci un po’ di più e di rivelare con
più decisione il lavoro svolto in questi ultimi anni”, spiega Filippo
Bartolotta.
"La rivelazione
dell'eccezionalità di un terroir non è un evento così anomalo: è la norma,
nella storia delle zone classiche del vino mondiale, e anche l'Italia stessa ha
fornito nel recente passato esempi clamorosi. Il senso del terroir, in
definitiva, è del resto proprio questo: la sua definizione territoriale è il
conseguimento che arriva al culmine - non al termine - di un percorso di
conoscenza che la comunità umana intraprende sulle interazioni reciproche tra
vari elementi del proprio ambiente”, racconta Armando Castagno. “L'azione
dell'uomo sul paesaggio, della geologia sul vitigno, dell'uomo sul vitigno, la
condivisione del sapere tecnico in viticoltura ed enologia, sono elementi
fondanti del terroir. Io credo che i vignaioli dell'Oltrepò, che da quasi due
secoli lavorano con il Pinot Nero inseguendone i talenti straordinari - resi in
declinazioni diverse - stiano marciando tutti insieme, con una coesione che è
condizione fondamentale, lungo questo percorso di conoscenza. Che non sarà
breve, beninteso, ma che nel suo snodo, in ogni caso, avrà rivelato qualcosa
che non si conosce ancora del tutto, e sarà stato quindi
preziosissimo. Ritengo che la parola che dovrà scandire questo itinerario
sia “rigore": a livello associativo, di viticoltura, di produzione, di
disciplinare, di comunicazione, di sostenibilità economica; in sostanza a tutti
i livelli. Un rigore che fa rima, se mi passate il termine, con coerenza e con
sobrietà, porta già di per sé reputazione e consenso, da critica e pubblico.
Anche perché in questo caso, circostanza della quale siamo pressoché tutti
convinti, è speso per conoscere e far conoscere i frutti di un territorio dalle
potenzialità straordinarie".
"Questa iniziativa fa seguito
alla prima edizione di Oltrepò - Terra di Pinot Nero: un territorio, un
vitigno, due eccellenze, che si è svolta con successo a settembre a
Casteggio in Provincia di Pavia.
L'interesse e il riscontro positivo ci confermano che la scelta fatta - di
impegnarci in prima persona e di fare squadra, è quella giusta", sostengono i
23 produttori che hanno dato vita all’evento. "La promozione è
importante se dà modo di raccontare tutto ciò che contribuisce a rendere unico
un vino: il vitigno, il territorio, il clima, i viticoltori che lo producono
con procedimenti innovativi ma in continuità con una storia che riporta alle
tradizioni del luogo. Momenti come questi servono sia a noi produttori - per
spronarci nell’alzare ulteriormente l’asticella qualitativa del prodotto - sia a
chi deve raccontare il nostro vino, che di fatto diventa la nostra voce verso i
consumatori".
Al "talk" è seguito il "toast", con la degustazione dei
Pinot Nero dell'Oltrepò Pavese e degli Oltrepò Pavese Metodo Classico delle 23
cantine partecipanti: Alessio Brandolini, Ballabio, Bruno
Verdi, Cantina La Versa, Cantina Scuropasso, Castello di Cigognola, Conte
Vistarino, Cordero San Giorgio, Finigeto, Frecciarossa, Giorgi, Giulio
Fiamberti, La Genisia, La Piotta, La Travaglina, Manuelina, Marchesi Adorno,
Monsupello, Montelio, Pietro Torti, Quaquarini, Tenuta Mazzolino, Travaglino.
“Nei calici del metodo classico si
può riscontrare già una bella continuità espressiva. Nei Pinot in Rosso,
nonostante qualche etichetta che da anni ormai riesce a raccontare l’Oltrepò
con grande trasparenza, si percepisce che ci sono state collettivamente meno
vendemmie sulle spalle. L’importante è che il viaggio ora è iniziato e tutti i
produttori presenti sembrano avere la piena consapevolezza dei propri limiti e
delle proprie risorse, sono sicuro che quest’anno si berrà più Pinot Nero
dell’Oltrepò sulle nostre tavole di Natale”, conclude Bartolotta.
"Siamo molto soddisfatti dei
numerosi commenti positivi e di essere riusciti a confrontarci su un territorio
che ha ancora molto da raccontare", affermano i produttori.
"Si tratta di un ulteriore passo
verso il nostro obiettivo comune che è quello di impegnarci a fare sempre del
nostro meglio per la crescita della reputazione di tutto l'Oltrepò in Italia e
all'estero, con il Pinot Nero che diventa, per noi, un vino sempre più identitario".
Per
scoprire la prossima edizione di “Oltrepò – terra di Pinot Nero” e per rivivere
l’evento di settembre alla Tenuta Pegazzera: www.terradipinotnero.it.
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