Si è conclusa la terza edizione del Festival “Sguardi sui territori. Antropologia visuale ed ecomusei”, quest’anno online. Le difficoltà dovute alla pandemia hanno costretto l’Ecomuseo delle Acque, promotore della rassegna a cadenza biennale, a riformulare l’organizzazione dell’evento e ad adattarlo alle nuove esigenze. Questo non ha affatto nuociuto alla qualità del festival, che ha registrato un considerevole successo confermando gli obiettivi che sin dall’inizio si è prefisso: riflettere sulla disciplina dell’antropologia visuale, assai vicina ai “fondamentali” degli ecomusei; essere un’occasione di formazione e sensibilizzazione sul tema; proporsi come “luogo” di incontro tra ecomusei e musei, confermando l’esigenza del “fare rete”.
La scelta, azzeccatissima, fatta dal Comitato scientifico del festival (ne fanno parte Roberta Tucci demoantropologa, Fabrizio Magnani funzionario del Ministero della Cultura, Daniela Perco già direttrice del Museo Etnografico della Provincia di Belluno, Michele Trentini documentarista) è stata quella di selezionare quattro realtà eco/museali dell’arco alpino (Ecomuseo della Pastorizia, Museo Maison Gargantua, Museo Etnografico Canal di Brenta, Museo Ladino di Fassa) che nella loro attività hanno investito, con ottimi risultati, sulla documentazione filmica dei relativi territori. I registi protagonisti della rassegna hanno presentato e discusso i loro lavori alla presenza di una platea virtuale composta da antropologi, docenti, studenti, direttori di musei ed ecomusei, videomaker, semplici appassionati. Tra gli autori coinvolti, Albino Impérial e Renato Morelli si collocano nella storia del documentario etnografico italiano, come Giuseppe Taffarel di cui l’anno prossimo ricorre il centenario della nascita, a cui il festival ha dedicato una sessione.
L’antropologia visuale può svolgere un ruolo fondamentale nel rappresentare e restituire in modo coerente le forme e i comportamenti culturali che caratterizzano e distinguono territori, popolazioni e patrimoni nelle loro espressività e attività tramandate attraverso il gesto e il corpo. Il ricercatore ecomuseale, a buon diritto, è portato a rivolgere l’attenzione agli aspetti acustici e visivi della cultura locale e alle modalità attraverso cui questi diventano comunicabili entro i diversi contesti sociali, potendo anche avvalersi di attrezzature tecniche avanzate e affidabili che rendono accessibili tanto le riprese sul campo quanto le operazioni di post-produzione.
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