I
fondamentali di un settore che vale il 25% del PIL sono robusti
nonostante le criticità del costo del lavoro, della burocrazia per
l’impiego e della carenza di manodopera. Cosa è emerso dal primo
appuntamento con gli Stati Generali Mondo del Lavoro Agrifood.
Alba, 27 ottobre 2021_Prima mattinata degli Stati Generali Mondo Lavoro Agrifood. evento in programma fino a venerdì 29 ottobre ad Alba e in diretta on line. Ospiti dell’incontro inaugurale: Lucio Fumagalli, presidente INSOR Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, Luca Brondelli, membro della giunta esecutiva di Confagricoltura, Giuliana Cirio, direttore Confindustria Cuneo e Fabiano Porcu, direttore Coldiretti Cuneo.
Buoni i risultati evidenziati e le prospettive, anche grazie a una “straordinaria spinta da parte di oltre 55.000 nuove aziende guidate da under 35” dice Fabiano Porcu, direttore Coldiretti Cuneo, “nelle quali è insita l’innovazione”.
A emergere anche la capacità del settore di fare sistema, nel rispetto
delle differenze e delle tipicità che sono l’eccellenza del nostro
Paese.
Altrettanto chiare e condivise le criticità: costo del lavoro, burocrazia per l’impiego e assenza di manodopera. Non ultima area di rischio, la tendenza comunitaria all’omologazione,
direzione opposta rispetto alle tipicità che fanno del nostro
agroalimentare un’eccellenza mondiale. L’auspicio comune è quello di
ottenere, nell’ambito della distribuzione dei fondi previsti dall’Europa
e dal PNRR, la giusta attenzione al settore, soprattutto nella direzione della sostenibilità (agricoltura 4.0) e della digitalizzazione.
Le parole di Lucio Fumagalli, presidente INSOR Istituto Nazionale di Sociologia Rurale: «Forse per qualcuno è inatteso, ma lo scenario dell’agroalimentare italiano è molto positivo:
i fondamentali sono robusti, pur nella vasta articolazione di modelli,
competenze e specializzazioni che costituiscono la nostra ricchezza. Qui l’Italia sa fare sistema: dalla cultura del seme fino agli aspetti distributivi o di packaging, il settore dimostra la capacità di interconnettere le filiere in modo straordinario». Fumagalli mette l’accento anche sul contributo dei giovani imprenditori alla “demarginalizzazione” culturale dell’agroalimentare: attraverso le competenze apprese negli studi e applicate nell’attività aziendale hanno dato nuova dignità a un settore che da contadino è diventato a pieno diritto imprenditoriale.
«L’agroalimentare è un ambito molto complesso perché estremamente
multifunzionale – prosegue il presidente –. Ma offre una ricchezza di
contenuti, sia a livello individuale sia di sistema, che sa attirare i
giovani. Attenzione a non sgretolarne l’ambizione e a non rendere più
difficile del necessario un mondo che è già faticoso di suo, con
tentativi di linearizzazione delle capacità e delle personalità. Il mercato mondiale non vuole standardizzazione e la crescita dell’export vitivinicolo lo dimostra: +7% a volume, +15% a valore di fatturato».
Il settore agroalimentare ha continuato a lavorare durante i vari
lockdown consentendo l’approvvigionamento, mantenendo i livelli
occupazionali e utilizzando molto poco gli ammortizzatori sociali.
Ma è comunque nel lavoro il nodo da superare, afferma Luca Brondelli, membro della giunta esecutiva di Confagricoltura. «Il costo del lavoro è troppo alto in termini economici e di fatica burocratica.
I centri per l’impiego non funzionano, le regole sono sempre più
complesse e macchinose, la stessa legge sul caporalato prevede sanzioni
pesanti alla minima svista. Inoltre, la pandemia ha ridotto l’accesso di lavoratori stranieri e il reddito di cittadinanza ha tagliato le gambe all’offerta di manodopera italiana».
Fabiano Porcu, direttore Coldiretti Cuneo, aggiunge il ruolo importante delle normative comunitarie.
«L’omologazione è il vero nemico delle nostre eccellenze che trovano
origine proprio nelle tipicità. In rapporto alla Francia siamo a 1.500
tipologie di nostri vini contro 150 delle loro. Dobbiamo lavorare per la
sostenibilità delle nostre eccellenze. Ma occorre anche un po’ di
reciprocità. Se la produzione agroalimentare in Italia è sottoposta a
regole stringenti, come è giusto che sia, così deve essere anche negli
altri Paesi dell’Unione Europea. Altrimenti avremo tanti altri casi
Prosek. –L'italian sounding, sostiene infatti Porcu, è uno dei problemi –. Il nostro export vale 52 miliardi di euro a fronte di 100 miliardi in prodotti che sembrano/suonano italiani ma non lo sono».
A chiudere la mattinata Giuliana Cirio, direttrice di Confindustria Cuneo, che ha motivato l’ospitalità di Alba con la sua nomina a Capitale della cultura di impresa per l’anno 2021.
«Abbiamo voluto creare un contesto culturale nel quale le aziende
possano crescere, in una piccola cittadina circondata da una miriade di
paesini legati tra loro nelle tante dimensioni dell’agroalimentare lungo
tutta la sua filiera. L’attenzione alle materie prime si lega qui
all’attenzione al capitale umano, come è nella scuola Ferrero. La produzione industriale a Cuneo cresce a due cifre e la disoccupazione è al 4%. Questa è la nostra capacità di reagire alla pandemia e protagonista ne è l’Agrifood. Il Piemonte deve tenere conto nelle sue scelte future, specie in un momento in cui l’automotive vive qualche incertezza».
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