lunedì 2 novembre 2020

Il Pinot Nero delle Dolomiti Dialogo con Alex Della Vecchia

 

 




 

Alex Della Vecchia è un volto nuovo nel mondo del “vino naturale”; dopo una positiva esperienza professionale nel settore commerciale, la sua scelta è stata il ritorno al mestiere artigianale del contadino.

Come ci racconta, appartenere ad una famiglia che da generazioni lavora la terra ed essere nato in un ambiente rurale, a stretto contatto con la natura, sono i fattori che lo hanno guidato nel desiderio di riappropriarsi di un lavoro che definisce non facile ma appagante e stimolante. Alex considera che fare il vino sia uno dei mestieri più belli perché nel vino si ritrovano la vite, il lavoro in campagna, il vento, il sole, la pioggia ed il processo di trasformazione in cantina.

Il “Pedecastello” da uve Pinot Nero[1], una limitata produzione di circa 5.000 bottiglie, proviene dalla coltivazione di un piccolo appezzamento di terreno di quasi 1,5 ettari posto ad una altitudine di 450 m. s.l.m. nell’abitato di Castion (BL), in località Le Vare, nella via Pedecastello – che dà il nome al vino - nell’azienda agricola di proprietà della sua famiglia.

Il vigneto, messo a dimora nell’anno 2010, si trova nelle Dolomiti Bellunesi, in una di zona di particolare rilevanza paesaggistica. La natura del suolo, con materiale sedimentario ghiaioso-calcareo e le particolari condizioni pedoclimatiche, sono state ritenute da Alex e dallo zio Giannino Tormen idonee per la coltivazione della vite, attività questa che deriva dall’esperienza tramandata dal nonno. La produzione dei vigneti era un tempo destinata prevalentemente all’autoconsumo ed era inserita in una agricoltura promiscua, che garantiva la sussistenza del nucleo familiare; un lavoro svolto in mezzadria fino alla metà degli anni settanta del novecento.

In azienda, accanto alle cultivar autoctone come Pavana - una varietà a bacca rossa coltivata un tempo in Valsugana, nella valle dell’Adige e più estesamente nelle varie province venete[2] - Gata o Trevisana Nera - una delle tante uve minori di cui si sa poco … la sua presenza storica si colloca in provincia di Belluno …[3] e Bianchetta Trevigiana - a bacca bianca - che fanno parte del vasto patrimonio ampelografico Italiano, recentemente è stata impiantata una piccola porzione di vigneto - per auto-sperimentazione - con varietà resistenti alle malattie crittogamiche per valutarne le potenzialità individuali sia in vigna che in cantina.

La viticoltura nella provincia di Belluno sta vivendo in questo ultimo periodo un ritrovato interesse con nuove opportunità per il settore. Oltre al recupero di alcune varietà locali e a cultivar italiane ed internazionali si sta sperimentando una nuova sfida con varietà “PiWi”[4] che sono tolleranti ai due principali patogeni fungini (peronospora e oidio), dimostrando anche di adattarsi bene al clima di montagna. Queste nuove varietà, che necessitano di minori trattamenti antifungini, perseguono l’obiettivo di una sostenibilità ambientale, una sfida ed un dibattito aperto sull’evoluzione della viticoltura e dell’agricoltura.

L’importante è che l’uomo non distolga ”lo sguardo dall’ecosistema nel suo complesso, dalla visione complessiva di questa natura sempre più ibrida e spacciata”[5].

Di particolare interesse la storia della viticoltura in queste aree; racconti, documentazioni, fonti storiche che ci parlano della presenza della vite in tempi remoti accanto alla storia delle genti. Testimonianze che raccontano, ad esempio, della rigidità del clima, di una povera economia rurale, dei conflitti mondiali e della emigrazione dei suoi abitanti - anche al di fuori dei confini nazionali - con il conseguente abbandono della coltivazione della terra.

Durante l’incontro, Alex mi spiega che Il suo obiettivo è la conduzione di un’azienda agricola ecologicamente ben strutturata e produttiva; un podere agricolo a ciclo chiuso dove, oltre alla coltivazione delle vigne, sia previsto uno spazio da dedicare all’allevamento degli animali - anche allo stato brado - come ad esempio una razza ovina autoctona, la Pecora Alpagota o Pagota riconosciuta Presidio Slow Food, nonché la coltivazione di frutta, ortaggi, cereali e legumi, ecc.

Molteplici sono i suoi progetti, volti a valorizzare e promuovere un territorio che vanta una considerevole tradizione enogastronomica, nei quali il vino occupa un posto di rilievo, un prodotto unico, non omologato, con personalità, in grado di trasmettere anche un valore culturale oltre al piacere della socialità e della convivialità.

Una storia di passione, dinamicità, sperimentazione e ricerca con un approccio eco-sostenibile dell’agricoltura, in risposta all’attuale questione ecologica.

Oltre a seguire l’azienda di famiglia, collabora anche nella gestione della azienda vinicola Costadilà. Un lavoro nelle vigne ed in cantina che svolge, nel segno della continuità, seguendo i principi di Ernesto Cattel, storico produttore di vini “rifermentati in bottiglia da uve autoctone delle colline Trevigiane. Come ricorda Alex, l’incontro con Ernesto Cattel, purtroppo recentemente scomparso, è stato significativo e determinante anche sotto il profilo umano; un vero percorso di conoscenza su ambiente, biodiversità, storia, identità, cultura.

Ringrazio la Famiglia Tormen per la cordiale accoglienza, seguita dalla pausa conviviale, dopo la vendemmia, sotto il portico della vecchia storica casa colonica, un tempo adibita ad abitazione principale e, prima ancora, convento benedettino. Un affresco di vita vera dove si assapora il piacere dello stare insieme.

Durante l’incontro sono stati degustati:

Vino Rosato Frizzante “Pedecastello” – 2019 – alc. 11,5 % vol. – Rifermentato in bottiglia da uve di Pinot Nero

Dopo una pressatura soffice, le uve fermentano spontaneamente con una breve macerazione sulle bucce. Il vino affina in acciaio, dove rimane a contatto con i propri lieviti, per un periodo che varia dai 4 ai 5 mesi. La presa di spuma avviene con l’aggiunta di mosto d’uva messa in appassimento.

Un rosé spontaneo, schietto, di buona beva, che si fa apprezzare per la sua freschezza e sapidità. Un prodotto naturale concepito con una precisa filosofia quella di rappresentare un vino rifermentato genuino ed autentico, da condividere.

 

Metodo Classico “Elevare” – Anno 2015, sboccatura Maggio 2019 – alc. 12,5 % vol. - 100% Pinot Nero

Il metodo classico “Elevare” viene prodotto solo nelle migliori annate. Macera 12 ore sulle bucce. Rimane 48 mesi sui lieviti. Nessuna aggiunta di zuccheri alla sboccatura.

Rosa cerasuolo vivace e luminoso; l’olfatto rivela note fragranti di crosta di pane, profumi di piccoli frutti rossi, seguono sentori di mandorla, mela golden e fiori di campo. All’assaggio la spiccata freschezza e la sapidità sono accompagnate da una carbonica sottile. Buona la persistenza.

 

Antonella Pianca

Per approfondire:

·           Corrado Dottori, Come vignaioli alla fine dell’estate – L’ecologia vista dalla vigna, DeriveApprodi, Roma, 2019

·           Fabio Giavedoni, Maurizio Gily (cur.), Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore srl, Bra (CN), 2011



[1] Il celebre Pinot Nero, noto in Borgogna fin dal XIV secolo e considerato uno dei più nobili vitigni a bacca rossa al mondo, è una varietà esigente in termini di terroir, in quanto predilige i climi temperati freschi. In zone troppo calde matura in fretta e non sviluppa appieno i suoi aromi. Nelle migliori condizioni è dotato di raffinatezza aromatica e di una elegante tessitura tannica.

[2] Fabio Giavedoni, Maurizio Gily (cur.), Guida ai vitigni d’Italia

[3] ibidem

[4] PiWi è un acronimo che deriva dalla parola il lingua tedesca Pilzwiderstandfähig, che significa resistente ai funghi e quindi alle malattie di origine crittogamica

[5] Corrado Dottori, Come vignaioli alla fine dell’estate – L’ecologia vista dalla vigna

Nessun commento:

Posta un commento