martedì 10 novembre 2020

Il comm. Lorenzo Accomasso Il racconto del Barolo -Un dialogo nel passato e nel presente

 




 

 

La Langa del Barolo, in provincia di Cuneo, rappresenta una zona vinicola storica e prestigiosa che eccelle per la produzione di vini regali, austeri, eleganti e longevi. La composizione dei suoli, un terreno di origine sedimentaria marina dove si evidenziano strati di sabbia alternati all’arenaria e alla marna, le particolari condizioni pedoclimatiche, la storia, la tradizione, sono il respiro e l’anima dei grandi vini che qui si producono.

Il comm. Lorenzo Accomasso, Renzo come lo chiamano gli amici, è uno dei personaggi più singolari e carismatici della Bassa Langa Piemontese. Lorenzo, nato a La Morra dove tutt’ora vive e lavora, ha un profondo legame con la sua terra e con il mondo rurale; luoghi, come racconta, che non ha mai voluto abbandonare e che sono le sue radici.

“Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo [ … ]”[1]

I vini che produce nella sua cantina - ubicata nella Borgata Pozzo della frazione Annunziata - Barolo, Nebbiolo, Barbera e Dolcetto, conquistano gli appassionati per il loro carattere, per la loro finezza e schiettezza; vini che sanno sfidare il tempo, dai quali traspare la dedizione per un lavoro che Lorenzo ha sempre seguito, passo dopo passo, sia in vigna che in cantina.

“Una vigna ben lavorata è come un fisico sano, un corpo che vive, che ha il suo respiro e il suo sudore.”[2]

Le vinificazioni sono il frutto di lunghe macerazioni a cui segue un affinamento in botte grande di svariati anni; Lorenzo afferma infatti che “il vino ha bisogno del legno e del suo tempo”.

In campagna il lavoro è svolto con il massimo rispetto per il territorio. Rese basse e potatura corta sono fattori che considera importanti per una produzione di elevata qualità. Vini che derivano dalla tradizione, dalla sapienza e dalla visione di un viticoltore che sa rappresentare in modo egregio questo grande “terroir”. Dice spesso che

“Il Barolo non lo si può inventare, deve nascere nel posto giusto e la terra de La Morra conferisce ai miei vini finezza ed eleganza”

La prima vendemmia è datata 1958 ed è stata, come mi racconta, una grande emozione vedere il suo vino in bottiglia; nell’etichetta “Barolo 1958” era indicato anche il nome del padre Giovanni, figura a cui era molto legato, in quanto “ha permesso a questo  giovane e caparbio ragazzo piemontese di esprimersi”. Ha condiviso molti anni di lavoro anche con la sorella Elena, che si occupava delle vendite e dei rapporti con i clienti, alla quale riconosce il merito di aver contribuito all’affermazione dell’azienda.

Lorenzo Accomasso ha percorso la vita con fierezza e determinazione; ricorda con orgoglio gli oltre vent’anni di presidenza della Cantina Comunale di La Morra[3], gli incontri con colleghi ed amici come, ad esempio, Bartolo Mascarello, e Beppe Rinaldi, con clienti, esperti del settore vinicolo ma anche con uomini di cultura, scrittori, giornalisti tra i quali il mitico Luigi Veronell. Nella sua lunga carriera ha ricevuto molti premi e riconoscimenti; nell’anno 2019 gli è stato conferito dalla associazione FIVI (Federazione Italiana Viticoltori Indipendenti) il premio come “miglior viticoltore dell’anno”.

Rammenta il duro lavoro nei campi ed in cantina; “durante la settimana le ore di lavoro non si contavano ma la domenica, quando potevo, mi piaceva distrarmi”. Gli svaghi erano la palla elastica, il ballo, la musica e la buona compagnia femminile. Non è irriverente ricordare le sue passioni; penso che lavorare con la terra, rimanere a contatto con la natura, ti faccia apprezzare pienamente la vita.

Renzo è un caro amico. Ricordo con piacere le visite in cantina e nei terreni delle Rocche dell’Annunziata, nella vigna delle Rocchette, nella vigna Le Bertole, nel vigneto, in località La Pria - un piccolo appezzamento con un’estensione pari ad una giornata piemontese[4] posto prima della salita che conduce al centro dell’abitato di La Morra - dove coltiva vecchie vigne di Dolcetto, vigne messe a dimora nel 1970. Lorenzo ha ripreso la vinificazione dei Dolcetti con la produzione dell’uva dell’annata 2017, dopo alcuni anni di sospensione. Il Dolcetto, come afferma, “non è un vino facile da fare”.

Il nome “Dolcetto non deriva da una caratteristica del vino (che è decisamente secco, non dolce!), bensì dell’uva, le cui bacche sono basse di acidità, succose e quindi “dolci”, almeno, per il palato piemontese.”[5]

Ho nostalgia della magia dell’autunno in Langa, ed anche della narrazione di testimonianze, racconti fatti di lunghe pause, silenzi, sorrisi velati, sguardi che vanno al di là dell’uscio, occhi azzurri che ti scrutano, pensieri con i quali devi entrare in sintonia sapendo inseguire il filo del suo ragionamento.

Lorenzo Accomasso, durante la mia ultima visita a La Morra, mi ha confidato di sentirsi un uomo fortunato in quanto è riuscito a compiere la sua missione,

“Se dovessi rinascere farei il medesimo lavoro.” La vita non è mai facile, ma “bisogna sapersi ascoltare e saper seguire i propri desideri, credere in quello che si fa e non arrendersi”.

Il suo motto è “Vivo alla giornata guardando al futuro”. Per questo motivo, nella primavera del 2017, ha reimpiantato nella vigna storica Le Rocchette - un terreno di 5.810 m2 - nuove piante di Nebbiolo nei diversi ecotipi Lampia e Michet. In quel luogo la terra ha riposato un anno dopo l’espianto del vecchio vigneto.

“Amo in modo particolare il mio vigneto de Le Rocchette ed ho cercato di diversificare le piante in base alla loro particolarità ed adattabilità, tenendo conto sia della composizione del terreno che dell’esposizione. Sono soddisfatto di questo lavoro anche se il giudizio definitivo è rimandato al 2025. Il Barolo Le Rocchette sarà il testimone del mio progetto.”

Nello stesso anno ha effettuato un nuovo impianto con barbatelle di Nebbiolo, della varietà Lampia, nel vigneto situato in località Le Bertole, un terreno di  circa 5.500 m2, posto ad una altitudine di 280 m slm.

Il Nebbiolo è un grande vitigno dalla forte identità territoriale;

“colloca con ogni probabilità la sua culla proprio nell’areale dove è più coltivato, vale a dire l’Albese e le Langhe in provincia di Cuneo. [ ... ] dà origine ad alcuni dei vini più apprezzati e conosciuti al mondo.”[6]

Un saluto ed un arrivederci all’amico Renzo per il piacere di un nuovo incontro e per la degustazione del Barolo - annate 2013 e 2014 - e della Barbera - vendemmia 2016 - ora disponibili.

 

Antonella Pianca

 


 

Sensazioni e note di degustazione di un grande vino del comm. Accomasso

Barolo DOCG - Rocche dell’Annunziata - Vigna Rocchette - Riserva 2011  – alc. 15 % vol.

Lorenzo Accomasso ha voluto dedicare questo Barolo di grande fascino, in occasione delle sue 60 vendemmie (1958 – 2018), al Papà e alla Mamma “per avermi trasmesso l’amore e la passione per la vigna”.

Rosso granato luminoso e trasparente. L’ampio corredo olfattivo di forte personalità rimanda ai frutti di bosco, alla mora, alla susina, alla ciliegia sotto spirito, ai fiori appassiti. Un profumo ammaliante nel quale ritroviamo ricordi balsamici e speziati, cannella, liquirizia e tamarindo. Il sorso è ricco, equilibrato, con tannini mirabilmente fusi, fresco e sapido. Di lunga persistenza. Matura in cantina per 70 mesi, fra legno ed acciaio.

 

 

Fotografie di Antonella Pianca ©2017-2018

Un selezione delle foto presentate è stata esposta a Venezia, nel 2018, nella mostra fotografica personale dal titolo
“IL VINO, viaggio a ritroso dal bicchiere alla terra”

 

Per approfondire:

·           Fabio Giavedoni, Maurizio Gily (cur.), Guida ai vitigni d’Italia, Slow Food Editore srl, Bra (CN), 2011

·           Cesare Pavese, La luna e i falò, Giulio Einaudi spa, Torino (TO), 1950

 



[1] Cesare Pavese, La luna e i falò

[2] ibidem

[3] Sorta nel 1973 nelle scuderie del palazzo settecentesco dei Marchesi Faletti a La Morra, la Cantina Comunale rappresenta un’ampia panoramica della produzione vinicola lamorrese, soprattutto del Barolo, ma anche del Nebbiolo, Dolcetto e Barbera di oltre 70 soci-produttori del comune di La Morra.

[4] La giornata piemontese è un’antica unità di misura equivalente a 3.810 m2. L’origine del nome deriva dalla corrispondenza con la quantità di terreno arabile mediamente con una coppia di buoi in una giornata.

[5] Fabio Giavedoni, Maurizio Gily (cur.), Guida ai vitigni d’Italia

[6] ibidem

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