giovedì 18 giugno 2020

Perché preferisco il Vino Naturale …






In questo periodo di emergenza causata dalla pandemia di Covid-19 il mondo della ricerca scientifica ha messo in relazione il propagarsi del contagio fra la popolazione con  il degrado ambientale. La parola inquinamento porta con sé tutta una serie di problematiche che interessano molto da vicino anche l’agricoltura industriale ed il sistema degli allevamenti intensivi di animali. Un quadro inquietante per l’impatto che questo modello di produzione ha oggi sull’intero pianeta.
La diffusione globale del corona virus, dovrebbe farci riflettere e fare in modo che, senza indugio, vengano attuati i necessari provvedimenti per evitare nel prossimo futuro il ripetersi di nuove pandemie. I danni ambientali che sono stati perpetrarti al pianeta, come l’impoverimento della biodiversità per favorire la monocoltura, le deforestazioni, il saccheggio continuo alla nostra “Casa Comune”, sono azioni negative che non saranno purtroppo prive di effetti.
Le previsioni catastrofiche ormai non si possono più guardare con disprezzo e ironia.
Potremmo lasciare alle prossime generazioni troppe macerie, deserti e sporcizia”
Laudato SI - 161
La produzione “industriale” degli alimenti può nascondere molte insidie; è dimostrato che una alimentazione equilibrata con l’utilizzo di cibo qualitativamente elevato, che deriva da una agricoltura sostenibile senza l’utilizzo di pesticidi, è fonte di salute per il nostro organismo. Citando lo slogan di Carlo Petrini, il fondatore di Slow Food, il cibo per tutte le comunità dei cittadini del mondo dovrebbe essere “buono, pulito e giusto”.
Come consumatori siamo sempre più in balia di una marea di informazioni e, come sostiene lo stesso Carlo Petrini,. la scelta di che cosa acquistare e consumare in questo mondo dove conta soprattutto il profitto, è il primo atto politico forte che possiamo compiere nella vita.
Dobbiamo inoltre essere consapevoli che un altro modo di produrre il vino è possibile. In questi ultimi tempi molti produttori, tra i quali un nutrito gruppo di giovani vignaioli, hanno scelto di condurre la vigna con metodi di lavorazione biologica o secondo i principi della pratica biodinamica che si ispira al metodo agricolo fondato da Rudolf Steiner negli anni venti del novecento; mediante l’utilizzo di appositi preparati naturali, come ad esempio il corno-letame 500 e il corno-silice 501 si aiutano le piante a ritrovare e conservare il loro equilibrio.
Il “vino naturale”[1] sta giustamente godendo di un periodo di popolarità, anche perché è in grado di veicolare un importante messaggio: sa raccontare una storia che lega gli Uomini alla Terra, alle tradizioni ed alla vita dei luoghi.
Questi vini richiedono curiosità, disponibilità ed apertura essendo prodotti non banali né standardizzati. Saranno il nostro istinto, il nostro gusto a guidarci nella loro scelta. Come afferma Nicolas Joly, titolare dell’azienda vinicola Coulèe de Serrant nella Loira,
“… un vino non deve essere soltanto biodinamico;
deve essere buono e connotato dall’originalità del luogo da cui proviene,
grazie al lavoro di un vitigno bene adattato”.
Quando l’avvio di un nuovo progetto di agricoltura, che comprenda anche la viticoltura, diverrà il nuovo paradigma, non saremo più costretti a dover scegliere come alimentarci perché tutti gli alimenti e le bevande, quindi anche il vino, sarebbero il risultato di una produzione etica e sostenibile. Può essere un utopia in quanto il mondo economico è ancora legato ai concetti di una economia globale che incarna il risultato finale del profitto, della competitività e di una produzione agricola a basso costo, ma dobbiamo impegnarci perché questo avvenga; dobbiamo ricostruire l’antico legame uomo-natura, il rapporto di interconnessione che è alla base della nostra vita sulla Terra.
Nel “Manifesto per un’agricoltura sostenibile” gli scienziati Lydia e Claude Bourguignon indicano ai politici le misure urgenti per salvare la nostra agricoltura: insegnare in tutti gli istituti agrari il funzionamento biologico dei suoli e degli ecosistemi selvatici; insegnare l’uso degli ammendamenti (marnaggio e compostaggio); ripiantare le siepi, sviluppare l’uso del cippato di ramaglia e l’agroforestazione; diffondere la semina diretta sotto copertura e, di conseguenza, la rotazione delle colture; ricreare filiere e cooperative a dimensione umana, affinché gli agricoltori possano valorizzare e vendere i loro prodotti in funzione delle rotazioni, ricavando introiti legali alla qualità e non alla quantità; sviluppare la genetica classica di miglioramento di piante e animali, ponendo fine alla ricerca antidemocratica sugli OGM agricoli; sviluppare la lotta biologica, l’uso delle molecole semplici e le tisane vegetali, nonché l’omeopatia per gli animali; lavorare sul recupero differenziato dei rifiuti alimentari; sostituire le fosse settiche con servizi igienici a secco, e i depuratori con centri di compostaggio aerobico degli affluenti; fermare la metanizzazione su larga scala; lottare contro la speculazione e proteggere l’agricoltura europea dalla mondializzazione finché non avremo ristabilito un’autosufficienza alimentare; creare una direttiva quadro di protezione dei suoli.
Nel frattempo noi degustatori possiamo affidarci ai viticoltori che hanno scelto di produrre in un suolo fertile, perché lavorato in maniera etica, un frutto da cui possa nascere un vino sano, digeribile in grado di  rappresentare il territorio di origine; il risultato di una lavorazione che non prevede il ricorso a prodotti chimici né in vigna e nemmeno in cantina. La fermentazione si avvarrà dei soli lieviti indigeni presenti soprattutto nella buccia degli acini ed in cantina. “Ogni lievito, per microscopico che sia, interviene nella fermentazione in modo specifico, suonando la propria partitura, apportando il proprio talento individuale all’armonia dell’insieme, come ogni singolo musicista in un’orchestra”.
Ogni volta che sarà possibile ci recheremo nelle loro cantine per conoscere il loro metodo di produzione, la loro filosofia aziendale. Non dobbiamo comunque ignorare che questo bevanda che accompagna da sempre l’uomo richiede un suo uso consapevole per fare in modo che il piacere di un bicchiere di vino divenga l’atto di degustare con il cuore e con l’anima.
Come affermava Beppe Rinaldi, un grande viticoltore della Langa del Barolo, purtroppo recentemente scomparso,
IL GRAN DEGUSTATORE è illuminante e diretto, rapido, a volte fulmineo
 – più ci si attarda e più ci si confonde - libero, sobrio per autodisciplina,
carismatico ma dialettico, fastidiato dalla iattanza e dai toni alti,
dalle appropriazioni e dai campanilismi”.
Antonella Pianca
15/06/2020
Fotografie di Antonella Pianca e Giovanni Damian ©2018-2019


[1] Il termine “vino naturale” non ha a tutt’oggi una valenza giuridica. Non esiste infatti attualmente una normativa nazionale o comunitaria in quest’ambito.

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