22 settembre 2019 – 12 gennaio 2020
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
In collaborazione con Fondazione Merz
In collaborazione con Fondazione Merz
Conferenza stampa: giovedì 19 settembre 2019
Inaugurazione: sabato 21 settembre 2019, ore 18:00
Inaugurazione: sabato 21 settembre 2019, ore 18:00
Senza titolo, s.d.
Fondazione Merz, Torino
Fondazione Merz, Torino
Dal 22 settembre 2019 al 12 gennaio 2020 la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta l’esposizione Marisa Merz. Geometrie sconnesse palpiti geometrici,
dedicata a Marisa Merz (Torino, 1926 – 2019), unica esponente femminile
del gruppo dell’Arte Povera e tra le più significative protagoniste
della scena artistica italiana dagli anni Sessanta. Una selezione delle
sue opere più iconiche mette in rilievo una tematica ricorrente nel
lavoro dell’artista, ovvero la sua ricerca sul volto o meglio sulla
figura.
Fotografia allestimento mostra
Senza titolo (filo di rame), 1979
Fondazione Merz, Torino
Senza titolo (filo di rame), 1979
Fondazione Merz, Torino
Il
progetto espositivo, curato da Beatrice Merz e sviluppato con la
collaborazione della Fondazione Merz, si colloca nell’ambito di una
serie d’iniziative dedicate ad artisti presenti nella Collezione
Giancarlo e Danna Olgiati e si avvale di prestiti provenienti da
importanti collezioni pubbliche e private – in gran parte svizzere –
oltre che dalla collezione personale dell’artista.
La
mostra riunisce un corpus di quarantacinque opere che ripercorrono
l’intero orizzonte creativo di Marisa Merz: dal disegno su diversi
supporti alla scultura in argilla cruda, dalle tessiture di filo di rame
e di nylon agli oggetti trasformati in cera, nel tentativo di
restituire tutte le modalità espressive proprie dell’artista.
L’esposizione,
che copre più di cinquant’anni di ricerca, si apre con alcuni capisaldi
della produzione di Marisa Merz. Opere iconiche come Senza titolo
del 1975 documentano gli esiti più alti dell’indagine sul filo di rame,
mezzo espressivo che le permette di esplorare i confini tra disegno e
scultura. A partire dagli anni Settanta i suoi interventi acquistano un
carattere compiutamente ambientale, come testimonia la grande
installazione in fili di rame lavorati a maglia, realizzata nel 1979 e
da allora mai più esposta.
La
mostra prosegue con un’ampia selezione di lavori, alcuni inediti, che
comprendono disegni e tecniche miste su differenti supporti unitamente
ad un raffinato gruppo delle sue celebri ‘testine’ in creta. Tutte opere
che dagli anni Ottanta tracciano il percorso più recente di Marisa
Merz, mettendo in luce una tematica ricorrente nella sua produzione,
l’indagine sul volto o sulla figura, individuata come punto di
riferimento nel percorso espositivo. Afferma nell’introduzione in
catalogo Beatrice Merz: “Il percorso della mostra è disegnato per
permettere alle singole opere di intrattenere un dialogo serrato tra
loro creando, così, un campo di forza scandito da una successione di
volti sconosciuti e trasfigurati, ma profondamente reali”; volti o
figure che “sono eseguiti attraverso la sovrapposizione di segni e
materie, in un ritmo quasi ossessivo”.
Il titolo stesso della mostra Geometrie sconnesse palpiti geometrici
– frase autografa dell’artista, appuntata su una parete della sua
casa-studio – si pone come sibillina guida al personalissimo universo
segreto di Marisa Merz, di cui la mostra di Lugano desidera restituire
la complessità lirica e rigorosa al tempo stesso.
Senza titolo, 1993
Kunst Museum Winterthur
Kunst Museum Winterthur
Catalogo
La
mostra è accompagnata da un catalogo bilingue, italiano e inglese, che
include un testo introduttivo di Beatrice Merz, Presidente della
Fondazione Merz, unitamente a saggi critici degli storici dell’arte
Ester Coen e Douglas Fogle. La pubblicazione è corredata da immagini a
colori di tutte le opere esposte e fotografie dell’allestimento. Mousse
Publishing, Milano.
Marisa Merz (Torino, 1926 – 2019)
Nata
a Torino nel 1926, Marisa Merz esordisce negli anni Sessanta esponendo
sculture di lamina in alluminio, composte da più elementi spiraliformi,
mobili e irregolari. Legati alla ricerca sui materiali e ad una
progettualità essenziale, questi primi lavori – presentati da Sperone a
Torino già nel giugno del 1967 – anticipano e preparano la
partecipazione dell’artista al movimento dell’Arte Povera.
Con
alcune azioni – celebre quella con le coperte arrotolate disposte sul
bagnasciuga di Fregene nel 1970, in contemporanea con la prima personale
alla galleria L'Attico a Roma – l’artista introduce nel linguaggio
della scultura contemporanea tecniche e manufatti artigianali
tradizionali o appannaggio del lavoro femminile, attribuendo piena
dignità artistica a procedure e materiali del quotidiano e
allontanandosi così sia dalla poetica delle strutture primarie,
razionali e autoreferenziali del minimalismo, sia dal gruppo dell’Arte
Povera, rispetto al quale mostra fin d'ora una sensibilità eccentrica.
Unita alla componente temporale presente già nei lavori a maglia, questa
la porta precocemente a raccogliere, combinare e ridefinire proprie
opere precedenti come nell'assertivo Ad occhi chiusi gli occhi sono straordinariamente aperti (1975), che intitola la seconda personale all'Attico accostando le sculture in filo di rame, la Scodella di sale (1967), Bea e Scarpette (1968).
Dalla
metà degli anni Settanta gli interventi di Merz acquistano un carattere
compiutamente ambientale, dapprima con la serie di stanze che l’artista
allestisce in spazi complementari: quello aperto e pubblico della
galleria o quello sotterraneo e segreto di una cantina o del proprio
studio, con un movimento continuo dalla dimensione privata a quella
pubblica, una metamorfosi ininterrotta delle tracce graffite in forme
scultoree e della fisicità materica in cromie dipinte. Sarà negli anni
Ottanta che le diverse voci in cui da sempre si traduce la sua
creatività troveranno nelle raffinatissime carte, nelle testine grevi e
impalpabili e nelle pale d'altare polimateriche la loro sintesi perfetta
e la loro compiuta maturità: ne danno testimonianza le personali
allestite dalle gallerie Bernier (Atene), Fischer (Düsseldorf), Tucci
Russo (Torino), gli inviti della Biennale e di Documenta, nonché la
partecipazione a importanti selezionate collettive: dopo la Biennale di
Venezia del 1980, è a Parigi per Identité italienne. L’art en Italie depuis 1959, curata per il Centre Pompidou da Germano Celant nel 1981, poi a Palazzo delle Esposizioni, a Roma, per Avanguardia. Transavanguardia, a cura di Achille Bonito Oliva, nel 1982, anno in cui è anche a Documenta.
In
seguito l'artista centellina ulteriormente la sua già rarefatta
presenza pubblica: tra le personali museali sono da ricordare: Centre
Georges Pompidou, Parigi, 1994; Kunstmuseum Winterthur, 1995 e 2003;
Stedelijk Museum, Amsterdam, 1996; Galleria d’Arte Moderna Villa delle
Rose, Bologna, 1998; Museo MADRE, Napoli, 2007; Centre international
d’art et du paysage, Ile de Vassivière, 2010; Fondazione Querini
Stampalia, Venezia, 2011; Fondazione Merz, Torino, 2012; Serpentine
Gallery, Londra, 2013, Macro Museo d'Arte Contemporanea, Roma, 2016; The
Metropolitan Museum of Art, New York, e Hammer Museum, Los Angeles,
2017; Serralves Museum of Contemporary Art, Porto e Museum der Moderne,
Salzburg, 2018. Nel 2013 la Biennale di Venezia le ha conferito il Leone
d'Oro alla carriera.
La Collezione
Contestualmente
all’esposizione temporanea, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati
propone come ogni anno una selezione inedita di opere provenienti dalla
raccolta, che comprende artisti internazionali fra i più rilevanti delle
avanguardie del XX e XXI secolo.
Fulcro
dell’allestimento è un’intera sala dedicata ai principali esponenti
dell’Arte Povera, nell’intento di sottolineare l’importanza del contesto
culturale in cui Marisa Merz si trovò ad operare agli esordi della sua
carriera artistica.
Nella sala adiacente dialogano tra loro opere dell’arte italiana del Secondo dopoguerra, prima fra tutte Suicidio del 1964 di Mario Schifano, dipinto di recente acquisizione al quale sono accostati lavori di Tano Festa e Franco Angeli.
L’allestimento
continua con la grande tela di Emilio Vedova che, situata tra le più
recenti opere pittoriche di Günther Förg e Harold Ancart, mette in
relazione fra loro le avanguardie italiane e le ricerche internazionali
contemporanee; in questa sezione due coloratissime sculture dello
svizzero Ugo Rondinone sono poste a confronto con una grande fotografia
astratta di Wolfgang Tillmans unitamente ad opere di R.H. Quaytman,
Piero Dorazio e Roberto Cuoghi.
Il
percorso prosegue con le ricerche pittoriche dell’americano Christopher
Wool che si relazionano con le indagini sul monocromo e i pigmenti di
Yves Klein e Anish Kapoor. L’ultima sezione si concentra sul dialogo tra
due figure cardine del Novecento italiano: Jannis Kounellis, con due
opere fortemente legate alle avanguardie storiche, e Alberto Burri, del
quale viene presentato per la prima volta un Cretto del 1972.
Completa
l’allestimento una sala dedicata al Futurismo, dove accanto ai dipinti
dei maestri Balla, Depero, Prampolini e Magnelli, è collocata una tra le
più ricche collezioni di libri e documenti legati a questo movimento.
Senza Titolo (scarpette), s.d.
Fondazione Merz, Torino
Fondazione Merz, Torino
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UFFICIO STAMPA MASI ITALIA
ddl+battage
Alessandra de Antonellis | alessandra.deantonellis@ddlstudio.net | +39 339 3637388
Margherita Baleni | margherita.baleni@battage.net | +39 347 4452374
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