Sebbene
            rappresentino meno del 10% delle imprese agricole italiane,
            quelle condotte da giovani fino a 35 anni mostrano
            performance economiche doppie della media, con valori della
            produzione vicini a 100 mila euro per azienda contro i 45
            mila della media del settore. Gestiscono imprese mediamente
            più strutturate (20 ettari contro gli 11 della media
            nazionale) e diversificate, grazie ad un approccio al
            mercato più innovativo e tecnologico che permette loro (in
            particolare a chi non proviene da una famiglia di
            agricoltori) di superare le alte barriere all’ingresso nel
            settore, prima fra tutte l’elevato costo del terreno.
Bologna, 12 novembre
            2018 – Il mondo dei giovani agricoltori in Italia si
          divide in due: chi ha raccolto il testimone di famiglia,
          andando a gestire un’azienda già avviata e chi ha individuato
          nuovi risvolti nell’attività in campagna non esclusivamente
          produttivi. Una cosa però accomuna entrambi: la passione,
          senza la quale nessuna delle due categorie porterebbe avanti
          un lavoro che non può certo essere annoverato tra quelli più
          semplici in circolazione. E’ quanto emerso dall’evento di
          presentazione dell’Osservatorio sui giovani agricoltori
          Nomisma-Edagricole tenutosi ad Eima, l’esposizione
          internazionale delle macchine per l’agricoltura, dove è stato
          realizzato un focus sulle caratteristiche evolutive dei
          giovani nell’agricoltura italiana anche attraverso la
          testimonianza diretta di alcune interessanti case history:
          dal produttore di luppolo in idroponica a quello di latte per
          il Parmigiano Reggiano di montagna, dal coltivatore di canapa
          alla conduzione di un laboratorio rurale per il co-working in
          ambito agricolo e sociale.
Sul fronte dei
          numeri che contraddistinguono la categoria, il focus
          realizzato da Nomisma ha messo in luce la presenza a giugno
          2018 di circa 55 mila imprese agricole condotte da giovani con
          meno di 35 anni, un aggregato ancora marginale sul totale
          delle aziende del settore (meno del 10%) ma in crescita del
          14% rispetto a tre anni fa. 
“Per quanto ridotte
            in termini di incidenza, le imprese giovanili italiane sono
            molto più numerose – in termini assoluti- di quelle francesi
            (38 mila circa), spagnole (34 mila) e tedesche (20.500) e,
            soprattutto, molto più rispettose delle “quote rosa”: in
            Italia, 3 “aziende giovani” ogni 10 sono condotte da donne
            contro un 15% di Francia e Germania e un 19% della Spagna” ha
          dichiarato Denis
            Pantini, Responsabile dell’Area Agroalimentare di Nomisma.
Anche sul fronte
          economico le performance delle aziende agricole del nostro
          paese condotte da giovani sono tra le top in Europa. In
          termini di valore medio della produzione (standard output),
          quelle italiane evidenziano un risultato economico di 98,7
          mila euro contro i 65 mila della Spagna e i 55,6 mila della
          media Ue, mentre risulta alto il divario con Francia (169,7
          mila euro) e Germania (198 mila euro). “Questa differenza
            rispetto ai competitor francesi e tedeschi è anche
            conseguenza dell’annosa questione dimensionale che ci vede
            ancora una volta più piccoli in termini di estensione
            poderale media: 20 ettari contro i 62 dei tedeschi e i 78
            ettari dei giovani agricoltori francesi”, ha aggiunto Pantini.
Restando invece
          all’interno dei nostri confini, le top 5 regioni che si
          contraddistinguono per la presenza del maggior numero di
          aziende condotte da giovani agricoltori sono Sicilia, Puglia,
          Campania, Calabria e Lazio che congiuntamente concentrano
          quasi la metà di tutte le imprese giovanili del settore
          primario italiano. Quelle che invece presentano la maggior
          estensione poderale sono Sardegna (46,5 ettari di media per
          azienda), Valle d’Aosta (42,8 ettari), - entrambe
          contraddistinte da un’elevata presenza di prati e pascoli, da
          qui anche la rilevante superficie media – e a seguire
          Piemonte, Lombardia e Marche. Sul fronte delle performance,
          invece, i giovani agricoltori del Nord non sembrano avere
          rivali: primeggiano le aziende giovanili della Lombardia (409
          mila euro di valore della produzione media per azienda),
          seguite da Veneto (305 mila), Emilia-Romagna (180 mila),
          Piemonte (135 mila) e Friuli Venezia Giulia (97 mila euro).
I settori
          produttivi che vedono invece la maggior presenza di giovani in
          termini di incidenza sul totale delle aziende specializzate
          nell’orientamento tecnico-economico considerato sono quello
          avicolo e del latte (10% in entrambi i casi il peso delle
          imprese giovanili sul totale delle aziende specializzate in
          questa produzione), ai quali segue l’orticolo (8%), il
          suinicolo (6%), il frutticolo e il vitivinicolo (5%), mentre
          risulta marginale l’incidenza dei capi azienda giovani sul
          totale delle imprese cerealicole ed olivicole, anche in
          ragione di una minor redditività che spesso ne pregiudica la
          sostenibilità economica e di conseguenza l’attrattività nei
          confronti delle nuove generazioni.
Attrattività che
          invece non sembra mancare nei confronti dei risvolti
          multifunzionali dell’agricoltura, dall’agriturismo alle
          attività sociali, dalla trasformazione di prodotti agricoli al
          contoterzismo. Se questo aggregato di attività che pesa ormai
          per il 20% sull’intero valore della produzione agricola
          italiana interessa il 10% delle imprese, nel caso del
          sub-campione di quelle giovani l’incidenza arriva al 18%. 
Di necessità
          virtù: se per essere competitivi nelle attività produttive
          “tradizionali” occorrono alti investimenti in capitale (terra
          e macchine) che per un giovane rappresentano spesso barriere
          insormontabili (tant’è vero che molti di questi lavorano
          prevalentemente terra in affitto e non di proprietà), meglio
          cogliere altre opportunità che possono nascere – sempre in
          campagna – utilizzando innovazione, inventiva e capacità di
          fare rete per la condivisione di esperienze di successo, tutte
          caratteristiche che non sembrano mancare ai giovani
          agricoltori italiani e che l’Osservatorio Nomisma-Edagricole
          si prefigge di contribuire a rafforzare con la propria
          attività.
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